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PSYCHOMEDIA
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TERAPIA NEL SETTING ISTITUZIONALE
Centri per la Riabilitazione
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Livelli di intervento riabilitativo e loro collocazione nel processo terapeutico
Massimo Mari
(Relazione al Congresso del 31-10-98 della Società Italiana di Riabilitazione Psicosociale Sezione Marche)
Introduzione.
Vorremmo inquadrare il tema secondo due prospettive conseguenti l'una
all'altra: la prima legata alle radici culturali della psichiatria "con la P
maiuscola" nelle Marche, la seconda che a partire da queste radici sviluppa
metodologicamente, non senza difficoltà pratiche, i concetti della prima.
L'esperienza pratica l'abbiamo realizzata dal '91 al '97 nelle attività
riabilitative a Sassuolo (MO) nel SIMAP come in Emilia Romagna si chiamavano
i servizi di salute mentale. Stiamo cercando di costruirla presso la ASL10
di Camerino (MC).
Prospettiva storica.
Emilio Mancini ed Umberto Nucci scrivono nel 1969 "Le dimore dei mentali"
(Libreria editrice Fogola) un testo che testimonia la poliedricità culturale
degli autori e la loro compartecipazione attiva ai movimenti di pensiero che
si andavano formando in quegli anni.
Raccontano nel libro di una esperienza pratica del 1943 avvenuta nel
contesto di una catastrofe sociale in cui avevano assistito ad un notevole
cambio di registro nella comunità dei pazienti psichiatrici di Ancona. Tale
esperienza è di fatto coeva ed in analoghe contingenze rispetto ad altre due
realtà che si verificarono a Londra e Buenos Aires rispettivamente studiate
da Wilfred Bion (Esperienze nei gruppi. Armando editore) ed Enrique Pichon
Riviere (Il Processo gruppale. Editrice Lauretana).
Riteniamo che laddove Bion approfondisce in "Esperienze nei gruppi" le
dinamiche collettive latenti in una comunità terapeutica (assunti di base,
leadership, mentalità di gruppo ecc..); Pichon Riviere teorizza uno
strumento base per pensare ed intervenire psicanaliticamente nei gruppi e
nelle istituzioni (fino allo sviluppo della concezione operativa di A. J.
Bauleo) che è il gruppo operativo; Mancini pone le basi per riflettere sulla
relazione tra contesto sociale che si articola con un suo senso comune
(Gramsci), ed esperienza riabilitativa alternativa alle dinamiche
manicomiali e segreganti.
Scrive Mancini l'8 luglio del 1969 : "Quanti dati, quanti interrogativi
attendono ancora risposta da una impostazione attenta alle condizioni
sociali dei malati di mente?"
In altri termini, avvicinare la psichiatria alla storia civile non è solo
richiamarla dalla limitazione tecnica in cui il positivismo l'aveva
confinata, ma renderla più concreta, reale, comprensibile, più degna
dell'interesse di tutti ...
Storia della follia e storia della psichiatria sono due concetti distinti e
separati. Mentre la prima riguarda la storia del modo in cui veniva e viene
concepita e vissuta la follia, dai tempi antichi a oggi, la seconda riguarda
il modo con cui si afferma e si sviluppa il pensiero medico sulla follia
costituitasi in forma di malattia ...
E' evidente che ogni cittadino accoglie nella sua realtà interiore il
concetto della follia come esso gli viene tramandato dalla realtà sociale e
da quella situazione di universale consenso che regola la pratica dei
rapporti umani e ne costituisce il vero, effettivo ordine morale. A questo
concetto dispone le sue azioni, a questa realtà interiore ubbidisce o
soggiace o reagisce.
Si adopera qui concetto in senso puramente generale, senza fare distinzione
sul grado di coscienza che vi si accompagni, potendo esso riconoscersi e
validarsi solo nelle azioni, ed essendo in dipendenza dal livello sociale e
culturale e dalla singola disposizione interna derivante dalla storia intima
e privata dell'individuo ...
Anche in Italia vi erano state esperienze belliche simili a quelle vissute
da Bion e Rickman, e più propriamente nel campo dell'ospedale psichiatrico,
quelle vissute cioè dall'ospedale psichiatrico di Ancona dal 1943 al 1948,
in condizioni di sfollamento, che hanno, in qualche modo, consigliato più
che costretto a mantenere una conduzione di ospedale aperto, e ciò con tutti
i limiti, le manchevolezze e la ingenuità di una esperienza in parte
spontanea in parte necessitata.
La caduta totale della situazione gerarchica, soprattutto nella sfera
centrale del controllo burocratico amministrativo, la lontananza dal centro
topografico, l'abbandono quindi delle strutture asilari ed il doversi
adattare a quelle civili di una scuola, la riduzione numerica causata da una
gravissima epidemia di tifo, la inserzione del nuovo ospizio-scuola in seno
all'agglomerato urbano, in mezzo ad una popolazione per vero sensibile ed
attiva, erano stati elementi di forte favore per una conduzione libera nel
clima di solidarietà di quei tempi ...
I vantaggi di comunicazione interna e di relazione esterna della
collettività si sono fatti sentire notevolmente su tutte le sindromi
mentali. In alcuni malati è scomparsa una vistosa sintomatologia regressiva,
sostituita da un comportamento sempre più avviato verso la normalità;
l'adattamento alla vita istituzionale con partecipazione attiva nei vari
lavori può considerarsi, almeno in quelle condizioni, tendenzialmente positivo.
E' stata persino assolta una funzione diurno-notturna di ricovero per alcuni
pazienti.
L'atteggiamento dei sanitari si è disposto fin dal primo momento nel senso
di concedere fiducia al personale, per un maggior contatto e una più stretta
relazione con i malati. Si è così raggiunto così effettivamente un tono di
vita comunitario ...
I limiti possono indicarsi in un certo confinamento simoniano
dell'esperienza e in una certa cristallizzazione determinata dall'isolamento
topografico e dall'assenza di strutture periferiche di appoggio.
Ma il maggiore difetto dell'esperienza quasi quinquennale è stato certamente
il suo abbandono, avvenuto per il ritrasferimento nelle strutture originarie
di Ancona, oltre (è il caso di dirlo) la resistenza che tali esperienze
hanno sollevato successivamente, portando alla lenta ma inesorabile
soppressione o limitazione di quelle libertà e di quelle abitudini che
malati e personale avevano acquisito.
Oggi questa esperienza naturalistica mantiene il profilo di una "lezione per
il futuro", per il fatto che, globalmente considerata, si presenta inserita
nel mezzo di un contesto istituzionale tradizionale, da cui proveniva e in
cui doveva riassorbirsi. Di qui la sua personale forza persuasiva, essendosi
potuti constatare de visu i processi di disalienazione e di rialienazione
asilare, il lento indebolirsi e disciogliersi delle tendenze catatoniche,
l'attenuarsi delle tendenze deliranti, il migliorare della qualità e
comunicabilità verbale, il semplificarsi delle tendenze metaforiche della
schizofrenia, il ridursi della reattività e dell' "acting out".
Prospettiva empirica
Nella ASL 10 di Camerino stiamo cercando di costruire uno schema di
riferimento operativo comune che delimiti nella mente degli operatori e dei
clienti una metodologia di lavoro condivisa e chiara.
Il nostro obbiettivo risiede nel porre elementi di chiarezza nel processo
terapeutico dividendolo in 4 momenti:
1 la fase del contenimento,
2 la fase della terapia,
3 la fase della riabilitazione,
4 la fase della separazione.
Ciascuna di queste fasi a mio parere ha delle caratteristiche e degli
strumenti specifici, non entriamo per ragioni di tempo nel definire le altre
fasi (vd. M. Mari il capitolo "struttura intermedia" nel volume "Intermedia
Centri diurni" Pitagora editrice Bologna 1996). Le caratteristiche della
riabilitazione sono le seguenti:
A) la discontinuità nel tempo dell'intervento,
B) la delimitazione degli obbiettivi da raggiungere secondo livelli
crescenti di complessità,
C) l'utilizzo di metodologie espressive diverse dalla semplice parola,
D) il coinvolgimento delle famiglie nel processo di cambiamento.
Coerentemente col punto A distinguiamo gli aspetti residenziali del nostro
intervento da quelli riabilitativi in senso stretto.
Rispetto al punto B al momento distinguiamo tre livelli riabilitativi di cui
il primo è la visita domiciliare di un infermiere o di un educatore che
aiuta pazienti in fase di profonda regressione e ritiro ad uscire ed
utilizzare livelli minimi di autonomia;
il secondo sono i centri diurni posti nei tre principali comuni della ASL10
che propongono a gruppi di pazienti attività riabilitative quali espressione
artistica, cineforum, laboratorio di ceramica, partecipazione a
manifestazioni culturali ecc.;
il terzo, che stiamo costruendo, è oltre ai correnti inserimenti lavorativi
la costituzione di una cooperativa sociale di tipo B con almeno il 50% del
personale inviato dal nostro servizio.
La impostazione teorica e la supervisione tecnica si cerca di impostarla
secondo la concezione operativa di gruppo.
Conclusioni.
E' nostro parere che il dispositivo terapeutico una volta funzionante come
in altre realtà sociali dove l'abbiamo compiutamente sperimentato per anni
necessiti di due requisiti fondamentali:
1) Il lavoro continuo e spregiudicato di formazione permanente per cogliere
nelle équipe terapeutiche e nei rapporti fra diverse équipe l'annidarsi di
elementi di stereotipia manifesta o latente che fatalmente
re-istituzionalizzano il lavoro di qualsiasi struttura alternativa
colludendo con le note dinamiche psicotiche.
2) Il difficile lavoro sperimentale di prevenzione della malattia mentale
che si vada a collocare nelle "crepe" di quel senso comune (in senso
gramsciano) che a tutt'oggi non ha assolutamente superato il manicomio come
contenitore ideale della follia.
Sappiamo che tali crepe si verificano in condizioni eccezionali quali ad
esempio catastrofi sociali o naturali, abbiamo osservato e studiato ciò che
si è verificato nell'anno del terremoto a Camerino, ma ancora non sappiamo
come inserirci in modo meno traumatico e stabile.
Sappiamo, come i tre autori in Inghilterra, Argentina ed Ancona (Bion,
Pichon, Mancini) hanno amaramente constato che dopo il primo periodo di
trauma si possono prendere iniziative anche rivoluzionarie ma fatalmente poi
la crepa nel senso comune si chiude e l' "Establishment" annulla in buona
parte i passi compiuti.
Riteniamo che ogni lavoro di riabilitazione debba essere accompagnato da
iniziative di informazione e formazione preventiva della comunità pena la
inefficacia di tante lunghe fatiche.
Massimo Mari
psichiatra ASL10 Camerino (MC)
Membro dell'Istituto Internazionale di Psicologia Sociale Analitica, Membro
della Federazione Europea di Psicoterapia Psicanalitica,
dipartimento gruppale.
Via San Vitale 18 - 40125 Bologna - ITALIA
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