PM --> HOME PAGE ITALIANA --> ARGOMENTI ED AREE --> NOVITÁ --> DISAGIO FAMILIARE


PSYCHOMEDIA
Telematic Review
Sezione: RELAZIONE GRUPPO<=>INDIVIDUO
Area: Disagio familiare,
Separazioni e Affido dei Minori


Madri pericolose e figli in ostaggio: la sindrome di Munchausen per procura

Debora Michieletto*



Presentato al III Convegno di Criminologia Forense
"I crimini in famiglia. Delitti Sessuali e Delitti di Sangue"
Fondazione Ettore Majorana e Centro di Cultura Scientifica, Erice (TP)



L´abuso sui minori è un fenomeno fortemente presente nella storia, anche se si è giunti a definirlo e perseguirlo come tale solo con il passare del tempo quando, con il cambiamento dei valori, la società ha deciso di non poter più accettare questa particolare forma di comportamento nei confronti dei bambini. All´interno delle varie tipologie di comportamenti delittuosi, un posto particolare è occupato dalla sindrome di Munchausen per procura.

Il nome di questa sindrome deriva da un personaggio effettivamente esistito, per l´appunto il barone di Munchausen, che visse in Germania nel XIX sec. Questo nobiluomo, che a un certo punto della sua vita si ritirò nella tenuta di famiglia dalle parti di Hannover, era noto per i suoi racconti estremamente fantasiosi e avvincenti, ma soprattutto umoristici.
Le sue storie ispirarono quelle dichiaratamente fantastiche e fortemente irrealistiche che vennero scritte da R. E. Raspe, e che vennero pubblicate nel 1785 con il titolo di "I racconti del barone di Munchausen sui suoi viaggi meravigliosi e le sue campagne di Russia", e nelle sue varie pubblicazioni questo libro divenne un testo per ragazzi di grande successo per un lunghissimo periodo un po´ in tutta Europa, Italia compresa. La Sindrome di Munchausen, che da queste vicende ha tratto il proprio nome, indica il comportamento di quegli adulti che hanno un disturbo creato artificialmente, una finta malattia che li porta a richiedere costantemente e pervicacemente l´intervento medico per proprie sindromi che sono inesistenti.

La variante che qui interessa, che è per l´appunto la Sindrome di Munchausen per procura, riguarda chiunque induca in modo costante dei sintomi su un´altra persona, in modo che questa venga considerata malata. La definizione nella sua accezione più generale è diretta a generiche vittime, che possono anche essere adulti o anziani. Ma si tende a usarla essenzialmente quando le vittime siano bambini.
I criteri in base ai quali si considera presente la sindrome di Munchausen sono fondamentalmente 4:
1. malattia di un bambino causata da un genitore o da qualcuno che è in loco parentis (cioè chi si trova nelle condizioni di svolgere alcune delle funzioni tipiche dei genitori);
2. il bimbo viene sottoposto a visite mediche prolungate e a trattamenti complessi;
3. colui che danneggia il bambino nega di conoscere la causa della malattia;
4. i sintomi acuti e i segni della malattia cessano quando il bambino viene allontanato da chi la causa.

Si tratta di una forma di abuso che si verifica in tutti i continenti, e non sembra esistano particolari differenze tra una realtà geografica e l´altra, essendo semmai diversa l´evoluzione degli studi sull´argomento tra paese e paese, il che fa in modo che i vari dati non siano sempre comparabili, in quanto disomogenei. E proprio a proposito delle realtà geografiche nelle quali lo studio è stato più approfondito, la Gran Bretagna è di gran lunga uno dei paesi dove questa sindrome è stata studiata in modo più attento.Ciò è dovuto innanzi tutto alla presenza di grossi studiosi della materia: il nome stesso della sindrome è nato là, grazie al pediatra di Leeds Roy Meadow, che ha personalmente coniato il nome di questa patologia nel 1977, e anche grazie agli studi di altri medici, quali per esempio il medico londinese Richard Asher, che circa un quarto di secolo prima, era il 1951, aveva definito la "sindrome di Munchausen".

Ma anche per il fatto che in quel paese è stato tentato un approfondito monitoraggio di questa sindrome, tramite invio di questionari mensili a ogni singolo pediatra di Regno Unito e Irlanda, con cui veniva richiesta una approfondita relazione su casi sospetti che avessero dovuto affrontare nel mese precedente. In questo modo è stato possibile giungere a una rilevazione statistica dei casi di Sindrome di Munchausen per procura, e a una catalogazione di essi, che ci ha permesso di stabilire per esempio che su 300 casi studiati, il 5% di essi aveva come protagonista il padre e un altro 5% un soggetto che si trovava in condizione di loco parentis, quindi la baby sitter o una infermiera. Il 90% di essi aveva come protagonista la madre della vittima.
é quindi interessante inserire questa specifica sindrome nell´elencazione generale delle cause di morte inflitta dai genitori, in particolare dalla madre al figlio. In base a un´elencazione fornita dal professor Giancarlo Nivoli (presidente della società italiana di psichiatria forense) si possono verificare morti dovute a:
- atto impulsivo di madri che sono solite maltrattare i figli, parlandosi in questo caso di quelle madri che abitualmente usano una violenza sadica nei confronti dei figli (le cosiddette battering mothers) e che arrivano a ucciderli di impulso in uno dei loro eccessi di aggressività;
- l´agire omissivo di madri passive e negligenti nel ruolo materno, che trascurano deliberatamente il figlio visto come una minaccia e una complicazione alla linearità della loro vita;
- la vendetta della madre nei confronti del proprio compagno, in base alla nota "sindrome di Medea", per torti presunti o reali che avrebbe subito da parte di lui;
- la negazione della maternità, per cui anche in questo caso vengono soppressi neonati, ma che qui è tipica delle madri estremamente immature, spesso in realtà sociali di forte arretratezza, per cui la madre arriva letteralmente a negare l´esistenza del figlio, gettandolo come se si trattasse di un prodotto fecale;
- il figlio visto come capro espiatorio di tutte le frustrazioni, per avere rovinato la vita della madre, spesso addirittura accusato di averle rovinato la linea e la forma fisica, quasi come fosse un persecutore da sopprimere;
- il figlio su cui vengono ripetute le violenze subite durante l´infanzia dalla propria madre, in un processo di identificazione con l´aggressore, o su cui viene spostato il desiderio di vendetta verso la propria madre cattiva;
- il caso che interessa qui, quando la madre apparentemente si sta prendendo cura del bambino mostrandosi estremamente premurosa, ma in realtà lo sta uccidendo.

Cerchiamo ora di identificare alcune delle caratteristiche della sindrome di Munchausen per procura, sulla base soprattutto di indagini svolte nella realtà inglese, a cura in particolare del dott. Meadow, sindrome che in base a alcune stime conduce alla morte circa il 10% delle vittime. Innanzi tutto si sarà certamente notata una peculiarità, nell´elenco che è stato appena fatto, che caratterizza la morte dei minori a seguito di sindrome di Munchausen rispetto a molte delle altre cause, (tranne forse alla seconda voce dell´elenco, quella omissiva, relativa alla deliberata e prolungata trascuratezza nei confronti delle esigenze anche primarie del figlio). La differenza caratterizzante di questa specifica tipologia di morte è la non istantaneità. Mentre in molti casi viene posta in essere una condotta omicida in un unico momento, tutt´al più con un pregresso di soprusi nei confronti del bambino operato dalle battering mothers (che però ovviamente non lascia il più delle volte presagire un esito così grave), nel caso della sindrome di Munchausen per procura si parla al contrario di un comportamento prolungato nei mesi, talvolta negli anni di queste madri nei confronti dei figli. La domanda che dovrebbe sorgere spontanea a quel punto è quale possa essere in questo contesto il ruolo dell´altro
genitore, quando ci sia, e come mai possono verificarsi questi tipi di comportamento nonostante l´altrui presenza. La tipologia di cui stiamo parlando si manifesta infatti indipendentemente dalla presenza o meno di un partner convivente, e non è agevolata o ostacolata da questo fattore. Ed è quindi nella dinamica interna della coppia che va osservato il fenomeno. Proprio grazie a questa osservazione possiamo appurare che - è vero - non è necessaria l´assenza fisica del padre, ma sicuramente qualche elemento peculiare e va osservato. Grazie agli studi di Meadow si è appurato per esempio che normalmente in queste
coppie il padre è l´elemento passivo, e normalmente la madre appare come la persona che decide all´interno della coppia e della famiglia.
In molti casi la differenza tra i due coniugi è anche evidente sia a livello intellettivo, sia anche a livello cultura che sociale, e ovviamente questo squilibrio è a favore della donna.
Generalmente la madre è abbastanza colta e in grado di esprimersi con proprietà di linguaggio. Spesso ha avuto una formazione medica o infermieristica senza necessariamente essere diplomata o laureata. E´ affascinata dalla medicina e segue con interesse i programmi medici in tv leggendo riviste e dizionari di medicina. Si trova a suo agio nell´ambiente ospedaliero collaborando anche con il personale sanitario e nessuno dubita di lei quando espone la sintomatologia. La diagnosi spesso arriva di sorpresa perché la madre viene ritenuta un esempio di genitore amorevole. Nella madre gli aspetti patologici sono le reazioni paranoidi, la convinzione maniacale che il figlio sia davvero malato e la personalità sociopatica (un disturbo del carattere in cui un modo di fare affascinante e subdolo permette di sfruttare gli altri violando le norme sociali e legali, senza provare alcun senso di colpa o rimorso).
Un comportamento sociopatico è quello della madre che falsifica la lettera di un medico per dimostrare a un altro sanitario che il figlio è malato; altri esempi sono che la madre interrompe la cura di antibiotici per endovena del figlio o che gli preleva il sangue per farglielo bere (in modo che i test di laboratorio suggeriscano un´emorragia interna).

Molte madri affette da MSP hanno a loro volta precedenti di sindrome di Munchausen e se non vengono scoperte e curate tendono a portare avanti i loro inganni o aumentare la sintomatologia nei casi successivi.

Ma cosa spinge una madre a mettere in pericolo il proprio figlio?
Le cause scatenanti per questa sindrome sono le più varie. Talvolta il comportamento della madre evidenzia un attacco al marito che forse è un padre emotivamente distante o fisicamente assente; la crisi matrimoniale dà alla madre la giustificazione di vendicarsi dell´uomo che ha accanto e con il quale ha avuto un figlio proprio attaccando il bambino. E´ capitato che alcune madri hanno salvato il proprio figlio con la rianimazione cardiorespiratoria per cui sono diventate delle eroine. Sono affettuose e molto sensibili ai bisogni del bambino, i medici le apprezzano perché riferiscono correttamente la sintomatologia, quando in realtà è vero l´esatto opposto. Una signora inglese affetta da MSP che il dott. A. R. Nicol ha curato con la psicoterapia affermava: "mi piaceva sentire la compassione degli altri, mia figlia doveva stare male perché io potessi sentirmi importante. In ospedale ero qualcuno." E ancora: "erano persone intelligenti (riferendosi ai medici), mi piaceva essere presa in considerazione da loro."

Lo psichiatra M. Lesnik-Oberstein della Free University di Amsterdam ha studiato un caso di MSP in cui una madre, infermiera, ha inflitto lesioni vaginali e rettali alla figlia di 3 anni. Traendo spunto da questo episodio, concluse: "l´infanzia di una madre affetta da MSP è caratterizzata da gravi privazioni affettive... il bambino viene ricoverato affinché la madre possa soddisfare indirettamente i suoi bisogni affettivi, peraltro appagati maggiormente con il coinvolgimento nel trattamento pediatrico. Le conseguenze dolorose e pericolose per il bambino del comportamento materno sono affrontate con il diniego."

Gli elementi caratteristici normalmente ricorrenti della sindrome di Munchausen per procura sono i seguenti:
1.innanzi tutto la contraffazione di una patologia medica, che può essere indifferentemente simulata o prodotta; questo significa che in alcuni casi la madre simula una patologia nel figlio, ma non gli fa nulla di male. In altri casi addirittura produce la patologia nel figlio danneggiandolo gravemente, e questi sono ovviamente i casi più gravi. Ad esempio una madre può soffocare ripetutamente il figlio e affermare che soffre di episodi di apnea notturna.
2.in secondo luogo le modalità con cui si manifesta la sindrome di Munchausen per procura sono le più varie. Può essere attivata un´opera di suggestione per convincere il bambino di essere malato, o possono essere prodotti sintomi somministrando sostanze nocive. Si può attuare la simulazione di una malattia inesistente, o la sua induzione volontaria. A questo proposito va osservata l´estrema varietà dei comportamenti, che vanno dalla somministrazione di sale, droghe o altre sostanze nocive, al soffocamento, arrivando addirittura all´iniezione di feci, urina, saliva, e in particolare veleno di vari tipi: arsenico, veleno per topi, qualsiasi tipo di veleno va bene. In uno studio svolto su 48 bambini che avevano subito gli effetti di questi comportamenti, - che avevano condotto alla morte 8 di essi - venne evidenziato che erano
stati somministrati in totale ben 27 tipi diversi di veleno.
3.la possibilità di comportamenti attivi o omissivi. Quest´ultima eventualità può verificarsi soprattutto quando un bambino soffre di determinate patologie croniche, asma o allergie, e la madre omette di somministrargli le necessarie cure per peggiorarne le condizioni. Per potersi parlare di sindrome di Munchausen per procura occorre una premeditazione nell´omissione della cura, e naturalmente una cronicità nel comportamento omissivo.
4.la possibilità di coesistenza di una patologia reale e della sindrome di Munchausen, che in questo caso non si manifesta nella veste di comportamento omissivo come nel casoprecedente, ma nella messa in atto di comportamenti attivi tendenti a peggiorare una situazione patologica già esistente.
5.la possibilità della falsa denuncia di abuso, che è possibile nel caso della sindrome di Munchausen per procura, laddove la madre accusi il marito come responsabile del maltrattamento nei confronti del figlio.
6.l´altissima probabilità che il bambino si autoconvinca - grazie all´attività della madre - di essere effettivamente malato, e di avere tutti quei sintomi di cui lei gli parla di continuo.
7.la peculiarità del profilo comportamentale, e la conseguente differenza della sindrome in questione con altri atteggiamenti legati a situazioni di autentica preoccupazione della madre, come per esempio nel caso della sindrome da bambino vulnerabile (la madre è eccessivamente preoccupata per il figlio che in passato è stato molto malato), sia nel caso di un suo atteggiamento iperprotettivo nei confronti del figlio, quando venga accentuata la gravità di alcuni sintomi.
8.la difficoltà a inserire questi tipi di comportamento entro canoni psicologici o profili sociali definiti. Chi soffre della sindrome di Munchausen per procura può appartenere a qualsiasi strato sociale, né esiste un profilo psicologico specifico. Sono però state individuate alcune caratteristiche che spesso ricorrono in presenza di questa sindrome, e che non aiutano a creare un profilo, ma individuano alcuni tratti distintivi. Per esempio nel caso delle madri - non dimentichiamo che protagoniste della sindrome di Munchausen per procura possono essere anche infermiere o baby sitter - questi comportamenti si verificano in presenza di matrimoni che durano da parecchi anni, e apparentemente sono stabili, anche se capita di frequente che questo tipo di stabilità derivi da un comportamento tranquillo dei mariti, tranquillo ma passivo e privo di sostanziale supporto nei confronti della moglie. Una caratteristica più peculiare delle donne che vengono coinvolte da questa sindrome consiste nel fatto che esse spesso sono coinvolte in attività lavorative di tipo ospedaliero o di assistenza in generale, e manifestano di frequente un forte interesse nel trovarsi immerse nei drammi quotidiani che la vita di qualsiasi ospedale presenta.

SINDROME DI MUNCHAUSEN PER PROCURA: DUE CASI ESTREMI
Ora l´indagine si dirigerà a due specifici e particolarissimi casi relativi alla sindrome di Munchausen per procura, che hanno caratteristiche in qualche modo irripetibili ma che servono sicuramente a creare l´idea dei due estremi entro i quali si muove l´indagine su questa particolare sindrome. Si parla in questo caso di due casi "relativi" alla sindrome di Munchausen per procura, e non di due casi "di" sindrome di Munchausen per procura poiché almeno in un caso è legittimo nutrire qualche dubbio sull´effettivo legame della vicenda
con una simile patologia, ed è semmai interessante leggervi il clima che soprattutto in Gran Bretagna si è creato attorno a questo argomento, e in qualche modo anche agli eccessi che esso può provocare.
L´altro esempio, che sarà anche il primo che verrà trattato, è invece assolutamente eclatante dal punto di vista del numero delle persone coinvolte, e fornisce la misura della gravità del dramma che tale sindrome può provocare se non diagnosticata immediatamente.

1.il primo dei due casi non si svolge in Gran Bretagna ma negli Stati Uniti, e in particolare nello Stato di New York, ed è la vicenda di Marybeth Roe Tinning, che nel periodo intercorso tra il 1972 e il 1985 perse 9 bambini. Le indagini alla fine appurarono che ben otto di questi bambini erano stati uccisi. Questo è un primo particolare interessante: infatti, l´unico caso nel quale sicuramente non si verificò omicidio fu proprio il primo, quello relativo alla piccola
Jennifer, che morì il 3 gennaio 1972 dopo appena 8 giorni di vita per una meningite acuta. Poiché la bambina, partorita al St. Clare Hospital, non uscì mai dall´ospedale prima di morire, la sua morte è l´unica su cui non si sospettò mai, e che venne archiviata con assoluta certezza come morte per cause naturali. Sembra altamente probabile che questo primo, fortuito episodio, abbia avuto comunque un ruolo nei successivi comportamenti della madre nei confronti degli altri figli che morirono in seguito. Fatto sta che dopo appena 17 giorni - il 20 gennaio - fu la volta del fratellino di Jennifer, Joseph Jr., che morì all´età di due anni immediatamente dopo il ricovero in ospedale, a causa di quella che i medici definirono un´infezione virale e le conseguenze di una crisi epilettica. In realtà le cause del decesso non vennero mai stabilite al di là di ogni ragionevole dubbio, poiché non venne mai effettuata l´autopsia. La terza vittima arrivò dopo due mesi dalla seconda, il 20 marzo. Si trattava di Barbara, 4 anni. Non essendo possibile individuare cause di morte evidenti in questo caso venne fatta l´autopsia, e venne anche informata la locale polizia. Risultato: per quanto concerne l´autopsia la causa di morte venne fatta risalire a una generica "crisi cardiaca", mentre la polizia dopo una breve indagine e una consultazione con i medici dell´ospedale provvide a archiviare il tutto.L´anno dopo fu la volta del piccolo Timothy, di appena due settimane, che morì nel medesimo ospedale in cui era morto Joseph Jr., l´Ellis Hospital; anche in questo caso, non essendo in grado di risalire alle causa dell´evento, i medici decisero per una diagnosi salomonica e generica di SIDS (Sudden Infant Death Sindrome, Sindrome della Morte Improvvisa del Neonato), e nonostante si trattasse del quarto figlio di Marybet Roe Tinning che moriva in tre anni anche in questo caso non veniva coltivato alcun sospetto da parte delle autorità sanitarie.La quinta vittima arrivò il 2 settembre del 1975, quando la stessa sorte dei fratellini toccò a Nathan Tinning, 5 mesi. Venne fatta l´autopsia, e venne diagnosticato un edema polmonare. Nessuna indagine, nessun sospetto. Il 2 febbraio 1979 fu la volta di Mary Tinning, tre anni e mezzo, incredibilmente anche in questo caso venne invocata la Sindrome della Morte Improvvisa del Neonato come causa della morte, e incredibilmente anche in questo caso non vennero adottate precauzioni né svolte indagini. Il 24 marzo 1980 morì Jonathan, tre mesi, e in questo caso la morte addirittura venne archiviata come avvenuta per cause ignote.La svolta avvenne l´anno dopo, quando il 2 agosto 1981 venne portato in ospedale, ormai agonizzante, Michael Tinning, 3 anni. Nonostante gli sforzi profusi non fu possibile salvargli la vita. Questa volta però la morte del bambino venne definita "molto sospetta", anche se si attribuì a un attacco di polmonite. Ma ancora si decise di non fare nulla, nonostante ormai fossero 8 i figli di Marybeth Roe Tinning morti.Dovette avvenire l´ultimo episodio, relativo a Timmi Lynne Tinning, il 20 dicembre 1985 perché maturasse finalmente la svolta. La bambina, anche lei di tre mesi come Jonathan, fu trovata svenuta nel lettino, con il cuscino sporco di sangue. Venne immediatamente trasportata in ospedale, non fu possibile salvarla, ma a questo punto - nonostante ancora una volta si fosse ricorso alla diagnosi di SIDS (Sindrome della Morte Improvvisa del Neonato), venne informata la polizia. Un mese e mezzo dopo, il 4 febbraio 1986, Marybet Roe Tinning veniva arrestata con l´accusa di omicidio della figlioletta. L´indagine non fu particolarmente lunga, ma nemmeno difficoltosa, visto che poco dopo l´arresto la madre confessò l´omicidio di Timmi, motivando il suo gesto (di averla soffocata premendole un cuscino sul viso) con la motivazione che la bambina si agitava e piangeva. Non solo. Marybet Roe Tinning confessò senza praticamente alcun bisogno di indagini supplementari, di avere ucciso anche i piccoli Timothy e Nathan, rispettivamente il quarto e il quinto della serie, sempre tramite soffocamento con un cuscino, motivando i suoi gesti con il fatto di non essere una buona madre. Negò sempre di avere ucciso gli altri figli.
In questo caso la diagnosi di sindrome di Munchausen per procura arrivò con enorme ritardo rispetto a quanto avrebbe dovuto avvenire. I terapeuti che seguirono il caso spiegarono la vicenda come derivante dalla ricerca di attenzione. Un tratto specifico di chi sia affetto da questo tipo di sindrome consiste nel fare del male alle persone che sono affidate al soggetto per attirare l´attenzione su di lui. Venne quindi ipotizzato che l´ondata di condoglianze, solidarietà, vicinanza e attenzione derivata dal primo decesso, quello della figlioletta Jennifer, la prima morta dopo appena 8 giorni dalla nascita, avesse creato una sorta di dipendenza in Marybet Roe Tinning tale da imporle di attirare l´attenzione su lei e il suo ruolo di madre addolorata, e che di conseguenza essa fosse stata indotta a uccidere un figlio dopo l´
altro per ottenere le dosi di compassione e attenzione di cui aveva un grande bisogno.
Il 17 luglio 1987, al termine del processo relativo all´uccisione della figlia Tammi, Maribeth Roe Tinning venne condannata per omicidio di secondo grado. Venne quindi scartata l´imputazione nella sua forma più grave, quella dell´omicidio di primo grado, per cui l´imputata venne prosciolta dall´accusa di avere deliberatamente provocato la morte. Venne considerata colpevole di non averla evitata, attribuendo questo evento alla sua "depravata indifferenza nei confronti della vita umana". Una sentenza di compromesso, che non le evitò una condanna - considerati successivamente anche gli altri procedimenti per le altre morti - all´ergastolo.

2.il secondo caso è totalmente diverso, e per certi versi contrario.
Rappresenta un esempio di accanimento, basato su un pregiudizio e su alcuni marchiani errori, che hanno portato a esiti discutibili una situazione dalle analogie con la precedente tutte da individuare. Il riferimento è al caso di un´avvocatessa britannica, Sally Clark, che venne accusata per la morte dei suoi due figli, deceduti a distanza di poco più di un anno l´uno dall´altro. I due bambini, Cristopher e Harry, nati rispettivamente il 22 settembre 1996 e il 29 novembre 1997, morirono a 11 e 8 settimane di vita. Cristopher morì per un´infezione polmonare, come venne diagnosticato dal certificato di morte. Harry invece venne trovato morto nella culla. La madre a questo punto venne accusata di entrambe le morti, arrestata, processata e condannata nel 1999. La peculiarità di questo caso non concerne tanto la vicenda - effettivamente particolare e infrequente - di due neonati morti nell´arco di poco più di un anno, anche se abbiamo visto nell´esempio precedente che si tratta di un numero che può essere ampiamente superato. La peculiarità vera di questa storia risiede più nelle metodologie investigative e negli assiomi - decisamente discutibili - che hanno retto il lavoro degli investigatori e dei periti, in particolare di Roy Meadow, perito dell´accusa, e del suo assunto in base al quale "una SIDS è sfortuna, due fanno sospettare, tre sono omicidio". Uno degli argomenti adottati in tribunale per sostenere l´accusa della Clark, proprio da parte di Meadow, fu il calcolo statistico in base al quale le probabilità che a una madre muoiano in culla due bambini per SIDS è di una su 73 milioni. Questa cifra venne elevando al quadrato la probabilità che l´evento accada per un bambino, che è di 1 probabilità su 8500. Questa costruzione statistica venne vigorosamente contestata sul British Medical Journal da Stephen
Wilkins, sotto due diversi punti di vista. Il primo basato sul calcolo meramente statistico, in base al quale la probabilità non era 1 su 73 milioni, ma semmai 1 su 2,75 milioni. Il secondo basato su un ragionamento di tipo più strettamente genetico, poiché è provato che il verificarsi di morti per SIDS è legato a fattori ambientali o genetici che predispongono un nucleo familiare più di altri, il che fa evidentemente venire meno il senso stesso del calcolo statistico così come impostato da Meadow. Addirittura vennero commessi sostanziali errori nella lettura degli esiti dell´autopsia condotta sui due corpicini, in quanto quelli che Meadow lesse come lividi, fratture delle costole, sangue nei polmoni, erano invece, a parere dell´ematologo Michael Innis assolutamente compatibili con una bronchiolite acuta seguita da un´infezione da virus respiratorio sinciziale, che in Gran Bretagna ha un tasso di incidenza dell´1 per cento sui pazienti ospedalizzati. Addirittura alcuni giornalisti dell´Observer arrivarono a accusare Meadow di aver distrutto il data base contenente i dati su cui si era basato per costruire la sua tesi accusatoria. Tutti segni - questi ultimi - di come una forte personalità come quella del pediatra inglese abbia creato fronti rigidamente contrapposti, sia nei casi specifici, come quello di Sally Clark, sia nell´approccio generale e teorico al problema, che per le connotazioni sfuggenti e non definibili aprioristicamente è e sarà probabilmente sempre oggetto di interpretazioni differenti a seconda dei punti di vista da cui viene osservato. La proposizione di due casi a loro modo estremi, come quelli appena citati, ne è il migliore specchio. Da un lato per la paradossale negazione del problema per un lunghissimo tempo, fino a che non sono stati perpetrati almeno otto omicidi di altrettanti bambini, dall´altro lato per il furore di segno opposto, che ha portato a indagare e condannare quella che forse null´altro era che una madre sfortunata, sulla base degli influssi culturali e del potere di convincimento nei confronti addirittura di una giuria di tribunale da parte di uno studioso di grido.

Bibliografia

A. Levine e M. S. Sheridan. La sindrome di Munchausen per procura. Centro Scientifico Editore, 2001
Louis R. Franzini e John M. Grossberg. Comportamenti bizzarri. Astrolabio, 1996
Merzagora Betsos. Demoni del focolare. Mogli e madri che uccidono. Centro Scientifico Editore, 2003
Vincenzo M. Mastronardi, Ruben De Luca. I serial Killer, il volto segreto degli assassini seriali: chi sono e cosa pensano? Come e perchè uccidono? La riabilitazione è possibile? Newton & Compton, 2005
Anna Coluccia, Lore Lorenzi, Mirella Strambi. Infanzia mal-trattata. Edizioni Franco Angeli, 2002

* Debora Michieletto, Dott.ssa in scienze dell'educazione, Criminologa


PM --> HOME PAGE ITALIANA --> ARGOMENTI ED AREE --> NOVITÁ --> DISAGIO FAMILIARE