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PSYCHOMEDIA
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Tesi di Laurea di Roberta Ganzetti

GAETANO BENEDETTI: IL SIMBOLO E LA STRUTTURA
DELL'INCONTRO NELLA TERAPIA DELLE PSICOSI


L'INCONTRO...


    au fond de l'inconnu
    pour trouver du nouveau...

    Le voyage, C. Beaudelaire.

Il rapporto tra paziente e terapeuta è un incontro che si svolge a molti livelli differenti. Gli studi del prof. G. Benedetti rilevano che la schizofrenia non è solo una malattia medica, ma rappresenta, anche un "volto biografico" della persona umana. Il terapeuta, come anche la società, è chiamato a comprendere, accettare e reintegrare il paziente psicotico. Dall'autobiografia dell'autore si legge, infatti: "La psicoterapia delle psicosi è rimasta una via piena di spine. La nostra società attuale è troppo preoccupata di efficienza, produttività, e consumo per potersi permettere di finanziare magnanimamente un lavoro che si rende visibile non con i numeri impressionanti, ma in silenziose trasformazioni dell'interiorità e che non conduce a un rapido successo, ma può diventare addirittura una condivisione della sofferenza."(1) Benedetti apre la dimensione della psicosi all'incontro ed alla cura; restituisce al malato la possibilità di essere compreso dove per comprensione si intende anche mettere in rilievo la dimensione affettiva e duale, utilizzando tutti i mezzi a disposizione del terapeuta. La relazione come strumento di conoscenza ripercorre e ripropone la natura dell'esperire umano.
I fattori biologici e psichici s'incontrano e si sovrappongono nella psicosi e nessun fattore è stato messo in evidenza sopra gli altri, cosicché quello che diviene significativo è il "rivolgersi alla persona stessa del malato e l'incontro con la sua esperienza interiore." Il terapeuta che si occupa di psicosi non lo fa essenzialmente per spiegare che cos'è la schizofrenia, ma tenta di aiutare il malato ad elaborare la sua esperienza interiore. La partecipazione profonda alla situazione del paziente è uno dei momenti decisivi della psicoterapia con i pazienti psicotici. Ciò va a significare che la conoscenza psicopatologica non rimanda ad un manuale, che contiene sintomi e meccanismi psicodinamici tipici e necessariamente presenti nella "malattia", ma si identifica con la sofferenza psichica, abbracciando la complessità della persona. L'importanza che, ad esempio, G. Benedetti attribuisce alla identificazione terapeutica, come modo attraverso il quale il terapeuta si cala nel mondo del paziente, rivivendo dentro di sé il suo dramma, è proprio l'espressione di un atteggiamento che non cerca di spiegare la malattia riconducendola a categorie diagnostiche pre-esistenti all'incontro. Nella psicoterapia di questo autore cadono le barriere nosologiche per il fatto che la persona è simbolicamente posta all'interno del terapeuta al fine di condividere con essa quelle possibilità umane che, quando sono ri-contattate, creano una comune base di partenza per la psicoterapia. E', quindi, l'esperienza dell'incontro a diventare per lo studioso la fonte principale della sua conoscenza psicopatologica. La caratteristica che ha una siffatta conoscenza è quella di non fissarsi rigidamente in concetti con confini ben delimitati e validi sempre in ogni situazione che razionalmente li richiamerebbe.
Il terapeuta è colui che arriva a nuove conoscenze a partire dalle diverse situazioni esistenziali che conosce, è colui che, a partire dalla soggettività del vissuto del suo paziente, è allenato a trovare delle piste sempre nuove, a seguire i sentieri più tortuosi per viaggiare accanto al suo paziente.
L'incontro con lo schizofrenico è il viaggio in un paese straniero, in un paese in cui lingua e cultura ci sono sconosciute, un paese che non possiamo assaporare se non abbandonando le nostre tradizioni. Non è un viaggio organizzato, solo il rischio del nuovo ci permette di accedere alla sua natura imprevedibile. Il terapeuta all'interno della metafora diviene allora, come un esploratore, un avventuriero cui è stato affidato un compagno di viaggio molto particolare. All'inizio del percorso può succedere che uno dei due non voglia partire, l'autentica motivazione al viaggio sarà, soprattutto per il terapeuta una delle sfide più grandi e probabilmente sarà uno degli aspetti di sé con cui dovrà confrontarsi più spesso; nessuno gli ha imposto di lavorare come guida, condurre una spedizione è di per sé affascinante, negoziare strada facendo il percorso da seguire gli permette di esplorare la stessa zona da punti di vista sempre diversi, sotto luci nuove, che gli possono rimandare emozioni e pensieri inaspettati. Comprendere il paziente e partecipare al suo mondo questa è la direzione che segue la psicoterapia con il paziente psicotico. La metafora del viaggio è, a mio parere, significativa anche per il fatto che rimanda alla reciprocità dell'esperienza, a quella noità che rappresenta la struttura portante di tutte le trasformazioni cui paziente e terapeuta andranno incontro. Anche il fatto che non è possibile definire le coordinate esatte dell'approdo, ma che il viaggio potrebbe interrompersi improvvisamente sottolinea, da un lato, l'importanza di ogni scambio, di ogni piccolo progresso rispetto ad un ideale di "guarigione" o ad un pessimistico senso di "impotenza", dall'altro il fatto che il terapeuta non può decidere a-prioristicamente, in base alle sue conoscenze che cosa è meglio per il suo paziente e dove si fermerà. Il suo compito sarà quello di ampliare gli spazi vitali del suo compagno nella vita concreta, il "come" verrà via via stabilito in base a molteplici variabili tra cui la gravità della psicopatologia del paziente, il grado di compromissione delle sue capacità cognitive e l'intensità del disturbo affettivo. Benedetti invita anche a riflettere sul fatto che nonostante la ricchezza simbolica esistenziale della trasmissione terapeuta-paziente sono frequenti i casi in cui questo non vale, soprattutto nelle schizofrenie nelle quali i nuclei autistici dei pazienti sono troppo forti. Ciò nonostante anche per gli insuccessi clinici il periodo esistenziale con il terapeuta di tali pazienti rimane spesso un ricordo indelebile. Facendo un passo indietro, quindi, la visita dal di dentro non è, secondo Gaetano Benedetti, nosologica bensì umanistica e va alla scoperta di contraddizioni, paradossie e creatività.

1) AA.VV., "Benedetti e Cremerius: il lungo viaggio... Le autobiografie di due maestri della psicoanalisi", a cura di Susanna Kuciukian, Franco Angeli, Milano 2000, p. 43


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