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Tesi di Laurea di Laila Fantoni

Il minore sessualmente abusato: vicende processuali e trattamento terapeutico

Capitolo IV - L'abuso sessuale in Italia: Milano, Firenze e Potenza, tre realtà a confronto

2. Gli abusi sessuali sui minori nella realtà fiorentina



L'incremento statistico delle fenomenologie criminose a danno dei minori degli ultimi anni ha reso necessaria una risposta selettiva e determinata nell'azione di polizia: da questa esigenza è nato il "Progetto Arcobaleno" che, destinato all'intero territorio nazionale, mira a risolvere il problema anche sotto il profilo generale della sicurezza pubblica.
Nel maggio 1996, su direttiva del Capo di Polizia, sono stati istituiti gli Uffici minori (85) presso ogni Questura italiana, individuando quindi, a livello provinciale, un polo permanente di riferimento per una coordinata mobilitazione di tutte le risorse di carattere informativo ed operativo. Le strutture sono state predisposte per accogliere i minori vittime di reati e in esse opera personale specializzato, che utilizza tecniche specifiche per affrontare tali problematiche.
Gli interventi di tali strutture hanno consentito il rafforzamento dell'azione posta in essere dalle Questure, sia sul piano della prevenzione e soccorso pubblico, che nell'attività repressiva di contrasto. Tali uffici hanno rappresentato un perfezionamento di tutti quegli interventi che già precedentemente attuavano le Questure d'Italia e, per una parte delle loro competenze, richiamano quanto disposto dalla legge 20/02/1958 n. 75, la cosiddetta "legge Merlin", che all'articolo 12 sanciva la costituzione di un Corpo Speciale di Polizia Femminile con funzioni riservate ai servizi di buon costume, di prevenzione della delinquenza minorile e della prostituzione e di trattazione delle problematiche minorili in genere.
A Firenze la specializzazione (86) degli operatori di tali uffici è stata considerata come uno dei punti più qualificanti del progetto, vista la delicatezza dei compiti loro attribuiti; la preparazione è stata curata da cultori della materia noti per la loro professionalità nel settore.
È stata inoltre predisposta all'interno dell'Ufficio una squadra specializzata in abusi e maltrattamenti familiari (87), che ha il compito di svolgere due tipi di attività:
- quella di monitoraggio e di contatto con l'ambiente (ad esempio con la scuola, gli operatori socio-sanitari, ecc.);
- e quella d'indagine di fronte ai casi di violenze sui minori.
La responsabile di tale settore è il commissario della Questura di Firenze Mariella Primiceri, figura fortemente attiva nella realtà cittadina, che ha permesso che l'Ufficio minori diventasse un importante "filtro" di interventi spettanti ad istituzioni diverse e che ha promosso - insieme all'attività dell'Istituto degli Innocenti e del Centro Artemisia di Firenze - uno scambio di informazioni e competenze tra i professionisti che operano con i minori.
La direttiva del 1996, istitutiva degli uffici minori, ha anche incaricato queste nuove strutture di raccordarsi con tutti gli altri enti del settore minorile (pubblici e privati), che operano nella medesima area territoriale, poiché questo coordinamento è necessario per realizzare un'azione di tutela dell'infanzia più efficace. A Firenze, però, questa collaborazione tra i servizi non è così tanto attiva da riuscire a creare "un'attività di rete" nella lotta contro le fenomenologie criminose coinvolgenti i minori: le azioni svolte dal Tribunale per i minorenni, dalla Procura del Tribunale ordinario e dai servizi del territorio continuano ad essere poste ancora in modo separato le une dalle altre (88). Questo è l'aspetto che deve essere superato nella realtà fiorentina per riuscire a raggiungere quella capacità di gestione di tali situazioni che esiste a Milano.
L'attività investigativa è svolta attraverso un approccio interdisciplinare al problema della verbalizzazione dei minori, cioè si è dovuta realizzare una stretta collaborazione fra l'operatore di polizia e la figura professionale dello psicologo per riuscire a procedere con un contatto non "intrusivo e poliziesco". Il compito è quello di creare un'integrazione tra operatori con diversa formazione e quella di imparare a cogliere tutti gli aspetti di un ascolto protetto. È stato così insegnato a tali operatori ad ascoltare i bambini, a volte per intere giornate, scegliendo, a seconda dell'età, i luoghi più idonei (l'abitazione, l'asilo o la scuola, la ludoteca, ecc.). Tale attività si svolge, di solito, per mezzo di incontri programmati, attraverso i quali vengono gradualmente superati tutti quei meccanismi di negazione che inevitabilmente emergono quando occorre comunicare contenuti così traumatici (89).
Gli atteggiamenti fra poliziotti e psicologi sono difficilmente conciliabili. I primi devono raccogliere velocemente dichiarazioni significative e, dunque, cercano di ottenere una confessione su cosa è successo; gli psicologi, invece, preferiscono aspettare ed approfondire l'accaduto in un secondo momento. Inoltre hanno spesso timore di denunciare il caso all'autorità competente perché ritengono che il meccanismo innescato non tenga conto dei bisogni del minore, non rispettando i tempi di cui egli ha necessità per elaborare l'evento.
Derivano rischi da entrambi questi due atteggiamenti. La fretta della polizia si può tradurre in una scarsa attenzione alle parole "del" e "sul" minore (90); inoltre si possono vedere situazioni di abuso anche dove questo non c'è stato, cosicchè il minore subisce la violenza di un apparato inquisitorio che potrà soltanto danneggiarlo ulteriormente. Il rischio, invece, dell'atteggiamento più cauto dello psicologo è quello di non mettere subito fine ad una violenza. La valutazione giuridica del fatto deve essere fatta dalla magistratura, la quale dunque va avvisata (91). Inoltre, quando un minore trova il coraggio di parlare della violenza subita, è necessario che da quel momento in poi si senta tutelato e protetto. Tantopiù che oggi è possibile l'allontanamento non solo del minore, ma anche quello del genitore violento dalla residenza familiare (novità quest'ultima introdotta dalla L. n. 154/2001) anche se non si è concretizzata una vera e propria violenza sul minore (basta anche la trascuratezza da parte del genitore o il maltrattamento psicologico).
La collaborazione fra psicologi e polizia dovrebbe apportare, dunque, vantaggi nella loro reciproche attività.
Se a Firenze l'operatore di polizia ha imparato ad agire in parte come uno psicologo, a Bari è stata realizzata una collaborazione tra poliziotti e psicologi ancor più forte, sulla base di un protocollo d'intesa sancito tra il centro antiviolenza "Albachiara" e gli operatori di polizia dell'Ufficio minori della Questura (92). In tale esperienza, il poliziotto e lo psicologo agiscono insieme nell'ascolto del minore vittima di violenza sessuale. Gli operatori di polizia si sono resi conto che il primo ascolto del minore, fatto alla presenza dello psicologo, può essere più efficace e può portare a raccogliere informazioni più pertinenti su quanto è accaduto, in particolare per quanto riguarda gli abusi intrafamiliari. Lo psicologo, invece, ha capito che quell'ascolto deve avere inevitabilmente una connotazione giudiziaria e non è soltanto la raccolta di un vissuto traumatico.
La collaborazione tra questi operatori può essere utile proprio per far sì che ognuno di essi possa partecipare all'attività di protezione del minore con la propria professionalità: l'operatore di polizia, dunque, dovrebbe occuparsi di redigere un verbale il più possibile fedele alle dichiarazioni rese, mentre lo psicologo dovrebbe porre attenzione al contesto in cui quell'ascolto è avvenuto, al tono della voce del minore (in relazione alle domande poste), all'espressione del volto, al modo in cui ha cercato, oppure no, la presenza di chi lo ha accompagnato.
Dunque, mentre, l'operatore di polizia deve occuparsi del "verbale", imparando a cogliere l'importanza dell'extraverbale, lo psicologo deve fare il contrario, preoccupandosi di porre le domande giuste, in modo che dalle risposte si possa risalire ai fatti. Il materiale ottenuto sarà poi fornito al magistrato che lo valuterà (93). Sarebbe però importante che il minore venisse interrogato anche da uno psicologo nominato dalla difesa in modo che gli elementi che il magistrato utilizzerà siano raccolti in contraddittorio fra le parti. Ma questa procedura non viene seguita quasi mai.
Sulla base di questi primi elementi il magistrato può disporre la valutazione diagnostica della situazione, affidando l'incarico ad un consulente tecnico (consulente d'ufficio). Tale valutazione consiste generalmente nell'audizione del minore diretta dal consulente d'ufficio, svolta alla presenza del giudice e del PM. Potranno successivamente anche essere fissati degli incontri con la famiglia e le persone più vicine al minore.
Per garantire l'effettiva realizzazione del principio della formazione delle prove in contraddittorio, la difesa ha la facoltà di nominare un consulente tecnico (consulente di parte), il quale può partecipare alle operazioni peritali svolte nell'audizione, ma le sue attività sono condizionate dall'avvallo del giudice: infatti, se vuole porre domande ulteriori al minore od opporsi a certe sue affermazioni, deve ottenere l'assenso dal giudice e concordare l'intervento con il consulente d'ufficio (94).

2.2 Il Centro nazionale di documentazione ed analisi per l'infanzia e l'adolescenza
Il Centro nazionale di documentazione ed analisi per l'infanzia e l'adolescenza, istituito nel 1997 rappresenta uno strumento del Parlamento, del Governo, dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia, delle Regioni e degli enti locali per promuovere l'informazione, la conoscenza e l'innovazione degli interventi di tutela dei minori. Per lo svolgimento delle sue funzioni il Dipartimento delle politiche sociali e previdenziali del Ministero del welfare può stipulare convenzioni, anche di durata pluriennale, con enti di ricerca pubblici o privatiche abbiano particolare qualificazione in questo settore. Nel 1998 lo svolgimento delle funzioni del Centro è stato affidato all'Istituto degli Innocenti di Firenze, situato in piazza SS. Annunziata (95).

Le attività (96) svolte dal Centro si articolano in diverse aree di lavoro:
1. approfondimento ed analisi;
2. ricerche e sistemi informativi;
3. documentazione;
4. formazione e promozione.

1) Il compito operativo del Centro è quello di predisporre la bozza della relazione al Parlamento sullo stato di attuazione delle principali leggi in materia d'infanzia. Inoltre sono compiuti studi ed approfondimenti, che vengono diffusi attraverso pubblicazioni periodiche, su temi rilevanti sulla tutela e promozione dei diritti dei minori e degli adolescenti. Finora sono stati condotti studi su argomenti quali: sostegno alla genitorialità, la condizione dell'adolescenza e le nuove forme di interventi educativi, gli indicatori statistici nazionali ed europei sull'infanzia e l'adolescenza, il lavoro di strada e minorile in Italia, i figli nelle famiglie che si separano.
2) Le ricerche condotte dal Centro hanno lo scopo di indagare problematiche soggette all'azione delle politiche sociali, non adeguatamente conosciute sull'intero territorio nazionale, e vengono pubblicate nella collana "Questioni e documenti". Ad oggi sono state realizzate indagini, a carattere prevalentemente censuario, su i seguenti temi: le strutture residenziali educativo-assistenziali, i minori non imputabili, gli asili nidi ed i servizi educativi per bambini di 0-3 anni integrativi ad esso, i minori in affidamento familiare, i servizi pubblici per adolescenti.
Il patrimonio conoscitivo sulla tutela dei minori, ottenuto con l'attività d'indagine, ha contribuito significativamente a porre le basi per la progettazione del sistema informativo (97) sulle politiche di welfare per l'infanzia. Questo proposito si è sviluppato nel 2002 attraverso l'elaborazione di uno studio di fattibilità per la costruzione di un prototipo di sistema informativo che, al momento, rende disponibili i dati delle ricerche effettuate dal Centro.
3) L'individuazione, la raccolta, la catalogazione e l'organizzazione in banche dati (quali quella bibliografica, normativa, statistica, filmografica) della documentazione riguardante i diversi aspetti della condizione dei bambini e dei ragazzi in Italia rappresenta una delle attività più originali e consistenti del Centro.
Nel luglio 2001 è stata inaugurata la Biblioteca Innocenti Library, che ha consentito l'unificazione delle raccolte documentarie dei due enti. Allo sviluppo della raccolta collabora anche la regione Toscana. Tale patrimonio documentario si compone di tredicimila volumi ed è una delle poche biblioteche dedicata esclusivamente all'infanzia e all'adolescenza (98).
Inoltre dal Centro viene prodotta la rivista trimestrale "Rassegna bibliografica: infanzia e adolescenza", contenente segnalazioni bibliografiche commentate delle principali pubblicazioni italiane.
4) Il Centro realizza, in collaborazione con le regioni e l'Istituto degli Innocenti, corsi di formazione per gli operatori coinvolti nell'attuazione delle principali leggi di settore. Promuove, inoltre, momenti seminariali di studio "a partecipazione ristretta", con l'obiettivo di focalizzare gli aspetti problematici della tutela dei minori e di proporre ipotesi di superamento delle difficoltà e delle diverse linee interpretative, mettendo a confronto tra loro i vari soggetti coinvolti nei processi di attuazione delle politiche. Fino ad oggi sono stati organizzati seminari sul tema della prevenzione del disagio nell'infanzia e nell'adolescenza, sulle politiche e i servizi di promozione e tutela, sull'ascolto del minore e il lavoro di rete (99).

2.3 Il Tavolo permanente contro gli abusi a danno dei minori
Il Comune e la Provincia di Firenze hanno istituito nel 1998 il cosiddetto Tavolo permanente contro gli abusi a danno dei minori (100). Ad esso hanno aderito varie istituzioni del territorio fiorentino, quali la Prefettura, la Questura, il Tribunale per i minorenni, l'Istituto degli Innocenti, l'Associazione Artemisia, le Aziende Ospedaliere di Careggi e Meyer, ecc. Lo scopo è stato non solo quello di dar vita ad un confronto periodico e permanente sulle attività intraprese e da intraprendere da ciascuna istituzione o da più enti insieme, ma anche quello di sviluppare la conoscenza e di realizzare politiche d'intervento coordinato nell'ambito della violenza all'infanzia.
Nel corso degli anni i rappresentanti del Tavolo permanente hanno elaborato varie proposte di intervento per la prevenzione ed il contrasto di tale fenomeno. Sono stati organizzati, infatti, numerosi incontri di formazione diretti a coloro che hanno contatti con i minori per riuscire a diffondere una conoscenza più ampia e specifica del fenomeno, per sviluppare una "cultura dei diritti dei bambini e delle bambine" e per responsabilizzare la collettività al rispetto di quei diritti. Questi corsi di formazione devono essere però intensificati ed allargati ad un numero sempre crescente di professionisti, in modo che la partecipazione ad essi sia da considerare come obbligatoria e non facoltativa.
Nel novembre del 2000, inoltre, è stato pubblicato un opuscolo a fumetti (101) - distribuito nelle scuole materne, elementari e medie fiorentine - il quale, utilizzato come strumento didattico-educativo da parte delle insegnanti e delle famiglie, doveva essere utile non solo per portare alla luce eventuali situazioni di disagio di minori a rischio, ma anche nell'attività di prevenzione.

2.4 L'audizione protetta a Firenze
Quando il giudice dispone l'incidente probatorio, di regola, anche a Firenze si procede con l'audizione protetta. A differenza che nell'esperienza milanese, però, l'esigenza di seguire tale procedura si è avvertita solo dopo l'entrata in vigore della legge sulla violenza sessuale. Da allora le audizioni si svolgono, di solito, presso una stanza attrezzata nell'Istituto di terapia familiare (102), situato in Via Masaccio. La prima audizione protetta è stata fatta il primo ottobre del 1996. Quando il giudice per le indagini preliminari ritiene utile applicare l'art. 392 c.p.p. per interrogare il minore, contatta l'istituto per chiedere la disponibilità della stanza e nel giorno indicato nessun estraneo deve essere presente in tale luogo.
Dal settembre 2001, però, tali audizioni si svolgono anche presso il centro gestito dall'Associazione Artemisia in Via del Mezzetta, dotato di una stanza con specchio unidirezionale (103).
L'interrogatorio del minore viene svolto dal giudice, aiutato dallo psicologo, i quali si trovano nella stanza con il bambino. Le domande da porre sono decise precedentemente tra il giudice, il pubblico ministero e l'avvocato della difesa e valutate anche dallo psicologo che consiglia i tempi e le metodologie da utilizzare. Viene dunque applicata correttamente la regola secondo la quale l'esperto ha la funzione solo di "assistente" del giudice per fornire sostegno psicologico al minore e non è lui a porre le domande. In questo modo sembrano essere maggiormente rispettati i principi legali che stanno alla base di una testimonianza resa in un processo penale.
Nella stanza dove si trova il minore c'è un telefono che consente, a coloro che si trovano al di là dello specchio, di comunicare con il giudice per chiedere chiarimenti e precisazioni riguardo all'audizione in modo da consentire interventi "in tempo reale" a garanzia del pieno contraddittorio e dei diritti delle parti. Tutto ciò porterà a risultati tanto più utili per l'attività giudiziaria di valutazione del caso, quanto più sarà possibile realizzare questa integrazione tra professionisti diversi (104).
L'audizione viene videoregistrata in modo che possano essere colti anche gli aspetti di comunicazione non verbale del minore.
Il ricorso all'audizione protetta in sede di incidente probatorio è opportuna in tutti quei casi in cui è prevedibile che il dibattimento si possa celebrare a distanza di molto tempo e quindi che ciò possa recare grave danno ai percorsi educativi e terapeutici del minore. Quando, invece, è prevedibile che il dibattimento si possa celebrare in tempi rapidi può esser preferibile che l'audizione avvenga in tale fase, in modo da dare l'opportunità al collegio di vedere direttamente il minore e di sottoporlo a tutte le domande la cui necessità potrà scaturire dall'esperimento dell'istruttoria dibattimentale (105).
Nella prassi del Tribunale di Firenze, le audizioni in incidente probatorio risultano essere più frequenti di quelle dibattimentali (al contrario di come, invece, si riscontra nella realtà milanese), poiché i tempi d'attesa per l'instaurazione del giudizio penale e poi per l'audizione di tutti i testimoni comprometterebbero la deposizione del minore ed il suo percorso terapeutico (106).
La prassi, utilizzata a Firenze, di svolgere l'audizione di un minore in un luogo diverso dal Tribunale è un aspetto considerato, dagli operatori giudiziari e sociali, vantaggioso al fine di ottenere un racconto più dettagliato dal bambino, poiché in questo modo è creata un'atmosfera maggiormente favorevole alla sua tranquillità psichica. Certo dovrà essere fatta molta attenzione ad evitare che, prima o dopo tale audizione, il minore incontri il presunto abusante senza essere stato prima avvertito in modo adeguato. Non tutti gli operatori fiorentini, però, ritengono che comunicare al bambino che dall'altra parte dello specchio si trova il suo presunto abusante possa essere vantaggioso per l'audizione da svolgere e per il minore stesso (107).
Infine, durante l'udienza dibattimentale, verrà scritto a verbale di acquisire la testimonianza del minore, assunta con incidente probatorio. Ciò permette al bambino di non assistere in aula ad alcuna fase del giudizio penale e di poter cominciare, intanto, un percorso terapeutico di sostegno nei confronti del percorso giudiziario iniziato (108).

2.5 L'Associazione Artemisia ed il coordinamento tra i servizi
I centri specialistici sono il frutto, spesso efficiente e positivo, di una collaborazione e compartecipazione a diverso livello tra organismi pubblici e strutture private. Garantiscono di solito una buona formazione del personale ed una specifica competenza sul tema approfondito. In una realtà cittadina, magari non molto ampia, tali centri sono luoghi riconoscibili, capaci di promuovere un'informazione ed una cultura specifica attraverso diverse attività di formazione e sensibilizzazione. Un'attività importante e significativa di questi centri è, infatti, quella di proporsi come luoghi di studio e di ricerca nel campo specifico. Inoltre, avere una localizzazione fisica definita facilita la risoluzione di uno dei problemi centrali che si incontrano nell'abuso: la diversa competenza, le discrezionalità e l'influenza dei servizi interessati, elementi che conducono spesso ad un'inutile e dannosa iterazione di indagini, accertamenti, colloqui, ecc.
Avere un unico centro di riconosciuta professionalità fa sì che esso possa diventare un referente cittadino, un luogo di consultazione a livello provinciale e regionale, un'entità immediatamente riconoscibile dai diversi operatori e dai tribunali implicati nei casi di abuso. Inoltre alcuni centri esistenti in Italia (ad esempio, a Firenze, l'Associazione Artemisia) associano la loro attività di consultazione e di diagnosi con la possibilità di accogliere per un certo periodo bambini, e a volte anche madri, fortemente in difficoltà, permettendo in tal modo di unificare i diversi processi di diagnosi ed accertamenti giudiziali con l'effettiva tutela fisica del minore (109).
L'Associazione Artemisia ha iniziato ad occuparsi, in modo specifico, di violenza sessuale subita dai minori dal 1989 ed in essa vi sono figure professionali altamente specializzate sulla diagnosi ed il recupero della violenza all'infanzia. Essa, inoltre, ha contatti anche con il Centro del Bambino Maltrattato per realizzare uno scambio di informazioni e di metodologie operative. Va inoltre ricordato che entrambi i centri, insieme ad altre istituzioni (quali l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e l'Associazione Numero Blu di Cagliari) aderiscono al Coordinamento Nazionale dei Centri e dei Servizi di prevenzione e trattamento dell'abuso in danno dei minori (che ha sede a Milano presso il CBM), il cui scopo è quello di promuovere lo scambio tra i centri per quello che riguarda le modalità d'intervento, l'attivazione delle risorse e la ricerca scientifica (110). Sarebbe però auspicabile che un'Associazione come quella di Artemisia si confrontasse, riguardo alla sua attività di trattamento dei casi di abuso sessuale su minori, con un centro che agisce con modalità operative diverse dalle sue, come il Telefono Azzurro. Questo porterebbe ad un confronto utile per arrivare a gestire nel modo più adeguato ogni caso di violenza rilevato. Infatti gli operatori di Telefono Azzurro (111) sostengono - come abbiamo visto - che non è sempre vantaggiosa la denuncia in quanto ci sono dei casi - soprattutto quelli di sospetto abuso sessuale - in cui l'attivazione di un competente operatore potrebbe portare al recupero dei legami familiari, se non addirittura alla costituzione di un rapporto migliore, risultato non raggiungibile con il percorso giudiziario.
L'esigenza di una "diffusione territoriale dell'assistenza" è particolarmente forte in tema di abuso, in quanto permette di formare gli operatori su una problematica specifica, usufruendo di consulenze e supervisioni ma senza divenire totalmente dipendenti da un unico e specifico tema.
Le diverse istituzioni coinvolte nell'abuso (la famiglia, la scuola, i servizi materno-infantili, le forze dell'ordine e la magistratura) rendono spesso estremamente doloroso lo stesso intervento di tutela del minore, reiterando accertamenti, visite e colloqui. Sembra, dunque, importante progettare un modello operativo che miri ad unificare il lavoro tra gli operatori al fine di evitare inutili sovrapposizioni ma, soprattutto, per prevenire vere e proprie disarticolazioni dell'intero processo d'intervento. Quello che invece avviene oggi, nella maggior parte delle situazioni, è che ogni operatore valuta da solo il caso in esame: il pediatra che visita il bambino, la maestra che osserva e ascolta la classe, l'assistente sociale che svolge una visita domiciliare, il neuropsichiatra infantile e/o lo psicologo che è testimone della patologia.
Il collegamento fra i diversi servizi sembra, quindi, essere l'unica possibilità per intervenire efficacemente in casi di questo tipo. Il confronto e lo scambio di idee sulla violenza ha come scopo principale quello di aprire uno spazio di riflessione e di elaborazione, che è il primo momento per potersi occupare di casi del genere. La competenza, infatti, si acquisisce proporzionalmente alla capacità di parlare della violenza e di pensare ad essa.
Un ulteriore vantaggio di questa procedura è che la "territorialità" implica una presenza vicina agli utenti, cosicchè per svolgere una valutazione diagnostica potrebbe non essere necessario rivolgersi ad un centro, magari distante, ma tutto potrebbe svolgersi nel quartiere o nella scuola stessa ad opera di personale specifico, collegato con le varie istituzioni (112).
Operativamente, l'integrazione delle attività sul minore permette il raggiungimento di una diagnosi delle relazioni familiari utile per poter realizzare un'eventuale e futura "riunificazione del nucleo della famiglia", non più centrato sulla distorsione relazionale che ha portato o non evitato l'abuso. Quello che invece oggi spesso accade - anche nell'attività operativa dell'Associazione Artemisia di Firenze - è la limitazione dell'intervento all'allontanamento della vittima traumatizzata (e a volte - ma non sempre - dei suoi fratelli), senza considerare i legami irrisolti che continuano a vincolarlo alla propria famiglia e che mantengono tutto il loro potere patogeno. Invece, così come è necessario proteggere il minore dalla violenza che subisce, così è importante - laddove è possibile - avviare una chiarificazione ed un recupero della vittima con lo scopo di ristrutturare la sua famiglia in modo positivo, obiettivo che spesso richiede di non dar inizio all'azione penale ma di recuperare i rapporti intrafamiliari con il minore. È questa una forte critica avanzata all'Associazione Artemisia dagli operatori di Telefono Azzurro (113). Tutto questo lavoro si dovrebbe svolgere sulla base di un delicato equilibrio tra interventi psicologici ed assistenziali, che rappresentano lo specifico setting per affrontare l'abuso in modo integrato.
Sembra, quindi, che la carenza maggiore, nell'affrontare la difficile problematica della violenza sull'infanzia sia quella di non saper pensare ad un intervento unico-unificato intorno ad un minore. E questo limite appare essere fortemente presente nella realtà fiorentina.
I problemi inerenti a tale forma di assistenza sono però numerosi. In primo luogo, si presenta un compito complesso di formazione degli operatori, nel tentativo di renderli almeno consapevoli delle caratteristiche dell'abuso. È quindi necessario rendere competenti le figure professionali che operano nei servizi nel settore della salute infantile (che spaziano in molteplici ambiti che vanno dalla salute mentale, all'handicap, alla scuola), portandoli così ad in diverso livello di specializzazione. La creazione di servizi specifici assume, così, anche un valore di prevenzione della salute psichica e del benessere dei minori.
Bisognerebbe, dunque, organizzare i vari professionisti coinvolgendoli in gruppi multiprofessionali, in cui siano rappresentati - oltre ai medici ed agli assistenti sociali - anche la magistratura, gli insegnanti e le forze dell'ordine. I compiti di coordinamento e gli sforzi per trovare un linguaggio comune sono, perciò, significativi e questo dovrebbe essere uno degli obiettivi primari da raggiungere per fornire una "reale tutela all'infanzia" (114).


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