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Dibattiti svoltisi sulla Lista PM-SMC


Dibattito sulla Proposta di Legge Burani


lista PM-SMC - Settembre 2001

(Presentazione e Testo della Proposta di Legge)



Date: Sat, 6 Oct 2001 19:02:54 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Albertina Seta <a.seta@MCLINK.IT>
Subject: [PM-SMC] Legge Burani


cari colleghi,
scriviamo per continuare la discussione sulla Burani a qualche giorno dal
primo messaggio a nome di Nuova Psichiatria. Le reazioni a quel messaggio
ci hanno fatto concludere che probabilmente è utile continuare a scrivere
per dire qualcosa di più delle nostre posizioni che, riassunte in poche
righe, potrebbero dare adito a equivoci e conclusioni affrettate da parte
di chi non ci conosce e niente sa del nostro lavoro di elaborazione su
questi temi.
In altre parole, bisogna avere un po' di pazienza e cercare di chiarirsi
man mano che il discorso va avanti.
Inoltre, abbiamo pensato che forse non è utile rispondere punto per punto
alle obiezioni sollevate, perchè si rischierebbe di far deviare il discorso
su alcuni temi specifici, di cadere in battibecchi e polemiche inutili .

Nel primo messaggio a nome di nuova Psichiatria, la critica al PdL
Burani-Procaccini, formulata sinteticamente, parlava della necessità di una
legge quadro più organica, più snella e nello stesso tempo chiara nei suoi
principi informatori.

Ampliando il discorso e portandolo su un altro piano, il punto è di evitare
una impostazione che, subendo la pressione dei problemi più urgenti
dell'assistenza psichiatrica, finisca con il ricalcare la stessa
impostazione della 180 che, come è noto, altro non è se non tre articoli
della più ampia riforma sanitaria: due riferiti al trattamento sanitario
obbligatorio in psichiatria e uno intitolato: " norme transitorie per
l'assistenza psichiatrica", ovvero dedicato genericamente alla cronicità
(che peraltro non è mai nominata).
Sarebbe paradossale finire con l'aderire, sia pure inconsapevolmente,
all''idea di una psichiatria che comincia col dare una risposta
istituzionale alla crisi manifesta, aggressiva, violenta in senso sadico
del paziente psichiatrico e finisce con il fornire assistenza a un paziente
che una volta, in era manicomiale, veniva definito come difettuale. Nel
mezzo niente.

Il problema principale che oggi si pone, a nostro avviso, oltre a quello
del superamento di una legge che di fatto lega le mani agli operatori della
psichiatria, è quello, più difficile, del superamento della "cultura della
180". In altre parole, l'invito a superare ogni steccato ideologico e a
ridiscutere di psichiatria ci spinge ad andare un po' più a fondo
nell'esaminare in che consista tale '"ideologia", che per noi coincide con
la mancanza di una teoria della malattia e della cura.

Nel dibattito della Commissione Affari Sociali, l'On.Burani, riferendosi
agli esiti della 180, ha parlato di crisi dell'identità dello psichiatra
"in bilico tra una professionalità di tipo sociologico e una
professionalità di tipo medico posta sotto accusa."
Siamo d'accordo su questo, anche noi pensiamo che in questi venti anni si
sia vissuto un clima culturale distruttivo dell'identità psichiatrica e che
questo, di pari passo, abbia prodotto il dissolversi di ogni fisionomia
del malato e della malattia mentale (delle malattie mentali).
Ci auguriamo dunque che dalle iniziative in corso possa venir fuori una
nuova legge ( o meglio una legge vera e propria) che contribuisca a
ricostruire l'identità psichiatrica, partendo dalla giusta considerazione
per una psicopatologia e una clinica psichiatrica che sembrano scomparse.
Il diritto alla cura del cittadino resta, ovviamente, l'obiettivo
principale, secondo quanto recita l'art.2 della stessa legge di riforma
sanitaria (833), al cui punto 3), tra gli obiettivi troviamo la diagnosi e
la cura degli eventi morbosi quali che ne siano le cause, la fenomenologia
e la durata.

Il problema della cura in psichiatria è materia controversa, si sa. Bisogna
vedere se un'idea di cura è mai esistita nella storia della psichiatria.
Forse, però, basterebbe rintracciare in quella stessa storia una speranza,
una ricerca, una vaga intenzione di curare alla quale riallacciarsi per
restituire agli psichiatri quell'immagine di medico che fin dai tempi più
antichi interveniva sul suo simile con intenzioni terapeutiche, pur non
essendo in possesso degli strumenti per un intervento efficace.

L'accento sull'identità del medico, e in special modo dello psichiatra, non
vuole certo escludere dal panorama generale altre figure professionali
importantissime. Su questo punto non sono accettabili polemiche, perchè è
fin troppo chiaro che proporre una riflessione su questi temi non
significa mettere sotto accusa nessuno, né tantomeno tenere in scarsa
considerazione il lavoro spesso ottimo che tanti operatori hanno svolto e
continuano a svolgere. Se il nostro discorso tende a operare alcune
forzature in questo senso è per una questione che a noi sembra di non
piccolo conto: l'insistenza dei più fieri oppositori di ogni intervento
legislativo in materia di psichiatria sul tema della difesa di coloro che
essi chiamano "deboli " o "sofferenti" o addirittura" "poveri", ma mai
"malati". Porre in primo piano l'identità medica dello psichiatra
rappresenta pertanto un nodo attorno al quale l'intera discussione potrebbe
ruotare. E la discussione potrebbe portarci molto lontano.

Lo psichiatra, infatti, nella nostra prospettiva, ha anche da farsi
perdonare una vocazione storica biologista, organicista, custodialista,
ovvero fondamentalmente ha da compiere una difficile ribellione contro
un'idea profondamente radicata nella società e nella cultura che è quella
della incurabilità della malattia mentale (delle malattie mentali).
Un'idea, più o meno latente, per cui ogni sua attività viene percepita come
un'inutile violenza da controllare. Ed effettivamente, in assenza di una
teoria della malattia e della cura, o almeno di una ricerca su questo
piano, ogni attività nei confronti di un malato potrebbe risultare
violenta.

Partendo da queste considerazioni, pensiamo quindi che il punto di partenza
nel porre in discussione le norme vigenti in materia psichiatrica sia
quello della identità psichiatrica. Ricostruirla, a partire dalla clinica e
da una riflessione sulla sua storia, in modo da ricostruire,
parallelamente, una fisionomia del malato di mente, può porci a contatto
con le reali specifiche esigenze di un individuo che, caduto nella
malattia, ha diritto a possibilità di trattamento dimensionate alla sua
(psico)patologia, ossia rispondenti alla sua realtà di malato.

Siamo consapevoli che questo discorso può aprire a infinite discussioni.
Attualmente, si sa, non esiste un modello unico di malattia e di cura.
Potrebbe comunque per il momento bastare l'accettazione di un principio
metodologico condivisibile da diversi orientamenti: quello di pensare e
proporre soluzioni che, andando al di là dei bisogni più urgenti, tendano a
dare un'idea globale di come la psichiatria dovrebbe funzionare, partendo
dalla realtà della malattia mentale (delle malattie mentali) così come
sappiamo che si manifesta(no). Soluzioni che rispondano dunque a una
immagine chiara e concreta del malato, che diano spazio a un'idea di cura
e che contengano aperture agli sviluppi della ricerca.

NUOVA PSICHIATRIA

PS. Oltre al mio indirizzo e-mail e a quello del prof. Nicola Lalli,
rintracciabili nel mio messaggio precedente insieme alla composizione del
gruppo, invio un altro indirizzo:
Dott. Giovanni Inzerilli mailto:nuova.psichiatria@tin.it


dott.ssa Albertina Seta
mailto:a.seta@mclink.it

Studio di Psicoterapia Medica
Piazza S.Salvatore in Lauro, 13
00186 Roma
tel. ++ 39-06-6872992
Mobile 0335 - 7054256





Date: Tue, 9 Oct 2001 11:54:43 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT>
Subject: [PM-SMC] incontro psichiatri con On. Burani


cari colleghi,

come da programma precedentemente annunciato anche da PSYCHOMEDIA, si
e' svolto ieri a Roma, in un bel palazzo ottocentesco sito nei pressi
del Pantheon ed adiacente la Camera dei Deputati, un incontro tra un
folto gruppo di colleghi psichiatri e l'On. Burani Procaccini, onde
iniziare una discussione con gli addetti ai lavori del testo della
proposta di legge (pdl) sull'assistenza psichiatrica di cui Lei
stessa e' relatrice, testo che trovate anche alla pagina:

http://www.psychomedia.it/pm/modpsy/modtecpsy/leggeburani.htm

per aprire i lavori ha preso la parola il collega Cantelmi (Roma),
che ha invitato l'On. Burani a presentare brevemente se stessa e la
sua pdl, chiedendo poi a tutti i presenti di presentarsi a loro volta
ed esporre sinteticamente, alcune prime note critiche (visto il tempo
limitato a disposizione: circa tre ore, ricco buffet a parte), a
complemento di quelle gia' pubblicate on-line da PSYCHOMEDIA;
annunciando comunque che quella di ieri si costituiva solo come una
prima riunione esplorativa, cui seguiranno sia la costruzione di
piccoli gruppi di lavoro sui diversi temi specifici trattati nei vari
articoli della pdl, sia delle audizioni specifiche di colleghi e
rappresentanti delle associazioni di categoria, nonche' di quelle dei
pazienti e dei loro familiari

nel suo intervento iniziale, l'On. Burani, dopo aver ringraziato
tutti i colleghi intervenuti personalmente, cosi' come quelli che
hanno inviato un loro contributo telematicamente, ha introdotto
brevemente il testo della pdl, sottolineandone soprattutto l'impianto
nuovo, che, a suo avviso, rappresenta un tentativo di miglioramento
ed adeguamento della legislazione corrente, molto spesso solo
scarsamente applicata o applicabile, non solo perche' condizionato da
alcuni aspetti ideologici, ma forse anche e soprattutto perche'
mancante di norme sul finanziamento e sanzioni per gli enti
inadempienti, cose che appaiono invece molto piu' chiaramente nel
testo della sua pdl

un testo che puo' essere sicuramente criticato, chiosato ed
arricchito ulteriormente, grazie al contributo di tutti gli
interessati; per questo l'On Burani ha espresso il desiderio di poter
conoscere in dettaglio qualunque opinione a favore o contraria alla
sua pdl, onde poterla migliorare e renderla, se possibile,
accettabile per la stragrande maggioranza degli psichiatri e delle
altre figure professionali o associazioni interessate

subito dopo, su invito di Cantelmi, io stesso ho preso la parola per
portare il saluto di PSYCHOMEDIA (che continuera' a seguire i lavori
per la messa a punto del pdl), nonche' per consegnare personalmente
all'On. Burani lo stampato della versione aggiornata del dibattito
che si sta svolgendo sulla lista PM-SMC, dibattito che, come sapete,
viene anche continuamente aggiornato on-line alla pagina:

http://www.psychomedia.it/pm-lists/debates/buranidib.htm

sono poi intervenuti i colleghi:

Lago, Giordano (Palermo), Esposito (Napoli), Mencacci (Milano), Raja
(Roma), Tatarelli (Roma), Balbi (Roma), Ravizza (Torino), Picano
(Roma), Petiziol, Casagrande (Venezia), De Marco (Latina), Seta
(Roma), Costa (Roma), Tropeano (Roma), Purpura (Roma), Bacigalupi
(Roma), La Barbera (Palermo), Piperno (Roma), Petrini (Roma), Epifani
(Roma), Bernini (Roma)

mentre non c'e' stato tempo sufficiente per ascoltare un primo parere
dei tanti altri presenti; tutti i colleghi (presenti o meno) sono
comunque stati invitati ad inviare, volendo, un loro intervento
scritto

appena possibile la sintesi della registrazione degli interventi
verra' messa in rete su PSYCHOMEDIA, cosi' come tutti gli interventi
in merito che i colleghi vorranno farci pervenire

m@l

__________________________________________________________________

Marco Longo (Roma), Medico Spec. in Psicologia Clinica
Associato SPI (IPA) - IIPG (EFPP) - APG (COIRAG) - SPR-It - IAGP
Prof. a Contr. Scuola di Spec. in Psichiatria, Univ. di Palermo
Segretario Soc. It. di Psicotecnologie e Clinica dei Nuovi Media

Editor of PSYCHOMEDIA - http://www.psychomedia.it
The First Italian Portal (on-line since Jan 25 1996)
on Psychiatry, Psychology, Psychoanalysis, Psychotherapy

Via Dandolo 24, 00153 Roma, Italy - psychomedia@flashnet.it
Tel +39 06 5897607 - Fax +39 06 5803881 - GSM +39 335 6157876
__________________________________________________________________






Date: Tue, 9 Oct 2001 17:59:22 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: GENNARO ESPOSITO <genesp@FASTCOM.IT>
Organization: PSICOTERAPEUTA
Subject: Re: [PM-SMC] incontro psichiatri con On. Burani


Approfitto per lasciare qui una mia impressione "a caldo" sull'incontro
di ieri a Roma. Il clima cordiale e la partecipazione dei Colleghi
(molti dei quali illustri) hanno consentito una raccolta accurata di
impressioni, opinioni, suggerimenti e critiche costruttive tutte tese ad
aiutare il legislatore a rendere l'articolato del Pdl ponderato e
profondo. Unico rammarico: 3 ore sono state insufficienti per consentire
a tutti di esprimere le loro opinioni. Attendiamo con fiducia una
prossima convocazione.

Un'altra considerazione riguarda l'assenza di chi non vede di buon
occhio la proposta. Credo che proprio per questo e' necessaria la
partecipazione di tutti, onde evitare rigide chiusure che non
consentirebbero uno scambio di idee tra gli operatori e soprattutto la
risoluzione di punti controversi della legge. Non vorrei che il tirarsi
fuori dalla discussione possa avere significati "ideologici", di
"partito preso" o peggio ancora di indifferenza sul problema.

Personalmente, quindi, ritengo questa iniziativa importante ai fini di
un confronto all'interno della comunita' scientifica sul tema della
riforma dell'assistenza psichiatrica e reputo l'iniziativa
dell'on.Burani encomiabile nel suo spirito di confronto con chi opera
quotidianamente con i pazienti psichiatrici.

passo...
_______________________________________________________________

Dr.GENNARO ESPOSITO
Neurologo e Psicoterapeuta - Counselor online
Dirigente Medico Psichiatra UOSM di NOLA (ASL NAPOLI 4)
SAVIANO (NA),via Molino,6 telefax: 081-5113481
"mailto:genesp@fastcom.it"
Editorial Staff Member of "Psychiatry On Line Italia-POL.it"
http://www.psychiatryonline.it
Counseling Personal Home Page: http://www.fastcom.it/psico/freud.htm






Date: Wed, 10 Oct 2001 00:02:31 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Bosio Roberto <bosirob@TIN.IT>
Subject: [PM-SMC] La Consulta Nazionale per la Salute Mentale Lettera Min. Sirchia


Penso a qualcuno possa interessare.

Tutte le informazioni sulla Consulta possono essere rilevate al seguente sito:

http://utenti.tripod.it/cozzam/index.htm

Roberto Bosio


La Consulta Nazionale per la Salute
Mentale chiede un nuovo impegno sulle
problematiche della salute
mentale. Lettera al Ministro Sirchia


CONSULTA NAZIONALE PER LA SALUTE MENTALE

promossa dalla Funzione Pubblica Cgil, Psichiatria Democratica, UNASAM,
ARCI, Cittadinanza Attiva, insieme a Caritas Italiana in
qualità di invitato permanente


Al Prof. Girolamo Sirchia
Ministro della Sanità

All'On. Enzo Ghigo
Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni
E delle Provincie Autonome

All'On. Giuseppe Palumbo
ed ai Componenti della Commissione Affari Sociali della Camera

Al Sen. Antonio Tommassini
ed ai Componenti della Commissione Sanità del Senato


Oggetto: Richiesta per un nuovo impegno sulle problematiche della salute
mentale


La nuova Consulta Nazionale per la Salute Mentale vede riunite le
associazioni e gli organismi più rappresentativi, laici e cattolici,
che con diversi ruoli (cittadini, familiari e operatori) sono impegnati
per una migliore tutela della salute mentale nel nostro Paese.

Dal 1993 la Consulta agisce in rapporto al Governo, al Parlamento e alle
Regioni per le problematiche inerenti la salute mentale con
importanti risultati. Tra i più recenti:

- l'emanazione del Progetto Obbiettivo Tutela Salute Mentale

- il Documento dei Presidenti delle Regioni a firma dell'On Ghigo, che
impegna tutte le Regioni a destinare per l'anno 2001 almeno il
5% dei fondi sanitari per la salute mentale, a recepire il Progetto
Obbiettivo Nazionale e ad attuare le Conferenze Regionali sulla
Salute Mentale

- l'art. 98 della Finanziaria 2001 interamente dedicato agli interventi
in salute mentale.

Partendo dalla consapevolezza che in troppe zone del Paese non vengono
date risposte adeguate ai bisogni di tutela della salute
mentale di oltre 600.000 persone con disturbi psichici gravi, a milioni
di familiari e ad oltre 30.000 operatori, la Consulta ritiene che
vi sia la necessità di un maggiore impegno da parte di tutti, e in primo
luogo delle Istituzioni.

La Consulta ritiene che la situazione attuale di inadeguatezza non vada
affrontata con modifiche della legge 180 che, come le proposte
in discussione alla Camera, rischiano di reintrodurre una logica di
emarginazione della persona con gravi disturbi psichici, considerata,
in modo scientificamente arbitrario, pericolosa per sé e per gli altri e
da escludere dalla società.

Invece di investire ingenti risorse per aprire nuove strutture
segreganti con depauperamento dell'assistenza territoriale la Consulta
chiede di attuare con le stesse risorse i risultati della I Conferenza
Nazionale sulla Salute Mentale, il progetto obbiettivo tutela
della salute mentale ed in particolare quanto previsto nel Documento
della Conferenza dei Presidenti delle Regioni.

Riaprire oggi una anacronistico dibattito ideologico sulla legge 180
rischia di eludere le vere problematiche della quotidianità di chi
soffre e di chi cerca di dare risposte adeguate e concrete ai bisogni
reali di salute mentale.

Peraltro le evidenze scientifiche e la stessa Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS) sostengono la validità della psichiatria di
comunità che si ispira ai principi della legge 180: territorio e
ambiente di vita, oltre ai diversi aspetti biologici, psicologici e
sociali della malattia mentale.

Se l'obbiettivo è una integrazione sociale e sanitaria, centrata sulla
persona oltre che sulla malattia, offrendo anche opportunità di
casa e di lavoro, c'è allora bisogno che le esperienze positive di
attuazione del progetto obbiettivo diventino realtà su tutto il
territorio nazionale.

E questo si realizza senza bisogno di nuove leggi psichiatriche, ma con
un impegno di tutti gli attori interessati ed in primo luogo
delle istituzioni.


La Consulta chiede pertanto al Ministro della Salute:

- La proroga del progetto obbiettivo tutela della salute mentale 1998 -
2000 (Pon) anche per il triennio 2001 - 2003 e monitoraggio
della sua attuazione a livello Regionale

- L'immediata utilizzazione dei fondi già destinati dall'art. 98 della
legge finanziaria 2001 per un programma nazionale di
comunicazione e di informazione contro lo stigma e il pregiudizio sulla
salute mentale (1 mld), e per la realizzazione in ciascuna
Regione di progetti di prevenzione per la salute mentale, aventi ad
oggetto, in particolare, interventi in ambiente scolastico e
interventi di promozione per la collaborazione stabile tra medici di
base e dipartimenti di salute mentale (3 mld), e loro
rifinanziamento per l'anno 2002

- Il monitoraggio per il 2001 della destinazione di almeno il 5% dei
fondi sanitari delle Regioni per le attività del Dipartimenti di
Salute Mentale e delle risorse rese disponibili dalla utilizzazione del
patrimonio degli ex ospedali psichiatrici

- Il Commissariamento delle Regioni inadempienti già possibile con la
vigente normativa

- L'attivazione a livello nazionale di un coordinamento
interministeriale e con le altre istituzioni interessate per
l'elaborazione, il
monitoraggio e l'attuazione dei complessi impegni riguardanti la salute
mentale


La Consulta chiede pertanto alle Regioni:

- Il rinnovo dell'impegno di destinare anche per il 2001 almeno il 5%
dei Fondi sanitari regionali per le attività di promozione e tutela
della salute mentale

- L'attuazione delle Conferenze Regionali sulla Salute Mentale quale
luogo di progettualità condivisa con ricadute operative e di
integrazione tra gli aspetti sanitari e sociali

- Il conferimento a tutti i direttori generali di Asl di obbiettivi
attuativi del Pon con incentivazioni e verifiche

- L'attuazione dell'atto di indirizzo e coordinamento sull'integrazione
sociosanitaria


La Consulta chiede pertanto al Parlamento:

- Il rifinanziamento, nell'ambito della finanziaria 2002, del fondo per
la salute mentale, già istituito con l'art. 98 della finanziaria
2001, con la somma di 20 miliardi.

- L'integrazione dell'art. 80 della legge finanziaria 2001 (n. 339 del
23/12/2000) con l'introduzione nella finanziaria 2002 della
possibilità del riconoscimento dei benefici per i familiari di persone
handicappate in situazioni di gravità anche a coloro che da oltre
cinque anni sono stati già riconosciuti invalidi per la stessa patologia
valutata come grave ai sensi della legge sull'handicap 104/92.

- L'approvazione di una buona legge sull'Amministratore di sostegno


In attesa di un cortese ed urgente riscontro si inviano distinti saluti

Il Coordinatore Nazionale
(Dr. Massimo Cozza)
Roma, 4 ottobre 2001

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Sede c/o Funzione Pubblica Cgil via Leopoldo Serra n. 31 00154 Roma. tel
06585441 fax 0658544323
E-MAIL cozza@fpcgil.it
SITO WEB http://utenti.tripod.it/cozzam/index.htm






Date: Wed, 10 Oct 2001 01:04:03 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: rpiperno <rpiperno@IOL.IT>
Subject: [PM-SMC] Carmina Burani


Per rispondere a Petrini ed Esposito personalmente ho vissuto un buon clima a
Palazzo S. Macuto. Credo che dovremmo riflettere sul clima delle riunioni in generale,
ne discutevo in questi giorni con mia figlia di 16 anni a proposito del clima delle
assemblee scolastiche. Molto spesso nelle riunioni alle quali ho partecipato nella mia vita
mi sono sentito intimorito, questo in parte sarà dipeso dalla mia "fobia sociale" -ora che
ho trovato la mia diagnosi la uso a scopo autoterapeutico- ma anche dalla cultura dei gruppi
che generalmente richiedono ai partecipanti un contributo di appartenenza piuttosto che
di "confutazione" con buona pace di Popper. Voglio dire che la maggior parte dei gruppi
sia a carattere sindacale, che politico, che scientifico, incoraggiano le affermazioni di
appartenenza puttosto che di definizione del proprio punto di vista. Al punto che bisogna
essere particolarmente dotati per sprimersi fuori del coro. I gruppi si basano la maggiorparte
delle volte sul pregiudizio che sembra che debba inibire la capacità di giudizio.

In questo incontro ho sentito al di fuori delle appartenenze, tra l'altro sempre molto complesse
da valutare veramente, un buon clima. L'onorevole Burani nonostante militi in una area
politica diversa dalla mia mi è sembrata una brava persona, sensibile e interessata a quello che
si diceva, rispettosa, aperta ai contributi ma allo stesso tempo in grado di definirsi e di mettere
i suoi paletti alla sua proposta di legge- tutte doti rare nei nostri politici. Quindi sarò ingenuo
ma l'incontro mi ha soddisfatto e i ringraziamenti che ho porto alla Burani non erano di
compiacenza. Mi piacerebbe che anche nell'Ulivo si aprisse uno spiraglio per capire meglio
se le voci che si levono per chiedere una modifica della 180 siano veramente di restaurazione
o semplicemente sensibili a dei bisogni ai quali, chi è deputato istituzionalmente a soddisfare,
non riesce a dare risposta.






Date: Wed, 10 Oct 2001 17:00:52 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: "Giuseppe Nicolò" <giuri@IOL.IT>
Subject: [PM-SMC] : legge burani


Aprire un tavolo di discussione sulla legge 833 è un atto necessario ma
che non dovrebbere incorrere nell'errore di utilizzare slogan e
ideologie come è stato fatto in passato.
Le iniziative sul TSO rivelano però alcuni problemi soprattutto dove
viene detto che l'intervento della forza pubblica è necessario solo in
casi di reale pericolosità. Probabilemnte questo pezzo è stato scritto
da chi non fa i TSO in quanto la presenza della forza pubblica è quasi
sempre necessaria ed ha effetto preventivo su comportamenti etero ed
autoaggressivi (su 65 TSO in presenza della forza pubblica 0 incidenti a
pazienti o a personale sanitario nella nostra esperienza negli ultimi 4
anni); i CSM aperti 24 ore sono una bella idea ma se facciamo due conti
sui tagli della spesa pubblica e sul contenimento della spesa sanitaria
regionale abbiamo un solo possibile risultato: 1) depotenziamento
dell'attività clinica di secondo livello (psicoterapia; psicoeducazione)
a favore di uno sbilanciamento sull'urgenza e relativa dequalificazione
dei CSM, ciò peggiorerà gli esiti (letteratura alla mano). Se invece si
immagina di incrementare gli organici temo che la riforma verrà bloccata
dalla finanziaria visto che molto i CSM non riescono a coprire con lo
scarso personale i turni previsti per legge.
Non si affronta se non marginalmente il problema di trattamenti minimi
qualificati che dovrebbero essere garantiti ad ogni utente e il numero
di operatori minimo a garantire tali trattamenti.
Giuseppe Nicolò

--
SPR Italia
Giuseppe Nicolò MD
Psichiatra Psicoterapeuta
Segretario Nazionale SPR Italia
Responsabile Centro di Salute Mentale Valcannuta ASL Roma E
III Centro di Psicoterapia Cognitiva
Via Ravenna 9/c 00161 Roma
+39 06 44233878
+39 06 44251928
GSM +39 335/6138768
WEB http://www.psychomedia.it/spr-it
WEB http://www.apc.it
email: terzocentro@iol.it






Date: Wed, 10 Oct 2001 17:05:19 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT>
Subject: [PM-SMC] Fwd: Antonio Semi - ddl Burani


Date: Wed, 10 Oct 2001 11:03:10 +0200
To: m.longo@FLASHNET.IT
From: Antonio Semi <aasemi@tiscalinet.it>
Subject: disegno di legge Burani


Caro Longo:
ho seguito e seguo con grande interesse il dibattito su Psychomedia a
proposito del ddl Burani, cosi' come, a suo tempo, quello sulla "180" e
sulle sue applicazioni.
Mi sembra che bisognerebbe fare chiarezza sui punti di partenza, tenendo
distinti il piano del diritto da quello della realta'.
Per quanto riguarda il primo, personalmente ritengo che bisognerebbe
seguire quella che in Francia chiamano una "logique citoyenne": chi è
portatore di diritti (e di doveri) e' il cittadino e su di esso va centrata
anche una legge che riguardi l'esercizio della psichiatria. Dev'essere
garantito dunque il diritto alle cure, quello alla libera scelta del
medico, quello al consenso informato ecc. nonche' ovviamente tutti i
diritti fondamentali del cittadino. Inoltre bisogna stabilire chi lo
rappresenta e come e per quanto tempo e per quali ambiti allorche' egli sia
impedito di agire legalmente.
Potrebbe essere prevista - e in che forme - una figura "terza" rispetto
all'istituzione e alla famiglia?
Bisognerebbe a mio avviso evitare invece di far perno sulla famiglia,
superando la logica assistenziale che, alla fin fine, attribuisce maggior
peso al gruppo familiare anziche' all'individuo (soprattutto perche' cosi'
la Repubblica non deve farsene carico). La famiglia andrebbe restituita al
suo ambito: luogo di affetti che non possono essere normati. Per cui si
possono creare incentivi ma non obblighi per la famiglia (anche perche'
alla fine li pagherebbe il paziente) terminato l'arco "naturale"
dell'infanzia e adolescenza. La famiglia e' un'istituzione a termine,
fisiologicamente.
Da notare che in questa prospettiva si problematizzano anche dei punti
forti - che pero' non possono diventare dei luoghi comuni - come la c.d.
"continuita' terapeutica".
Dal punto di vista della realta', naturalmente, il primo problema e' quello
di riconoscere che - mentre si sono avute molte positive evoluzioni della
psichiatria (a livello di farmaci, di tecniche psicoterapeutiche, di
assistenza sociale) - resta il fatto che nessuno si e' ancora potuto
presentare a Stoccolma per ritirare il Nobel perchè con le sue cure gli
schizofrenici guariscono. Questo dato di fatto - che vale per psichiatri di
qualsiasi orientamento - dovrebbe consentirci di dialogare tra colleghi con
la necessaria umilta' e solidarieta'.
Ma lo stesso dato di fatto dovrebbe anche impedirci di fare leggi troppo
rigide, perche' l'unica dimensione realistica in questa situazione e'
quella della ricerca e della sperimentazione. Percio' quel che si può fare
e' fissare standards minimi (che dovrebbero comunque essere garantiti dalle
strutture pubbliche) e, viceversa, incentivi per progetti terapeutici
realisticamente attuabili.
Mi sembra che - sia nel ddl sia nel dibattito - si rischi di irrigidirsi
nella previsione di tutto: e' solo un rischio, beninteso, mentre molte
delle idee espresse credo rientrino nelle due categorie che ho cercato di
sottolineare.
Non so se queste mie considerazioni possano servire: se si', inseriscile
pure nella lista del dibattito. Senno', prendile solo come una
manifestazione del mio interesse.
Con ogni cordialita'
AASemi
Dott. Antonio Alberto Semi
Membro Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana
Castello 3471
30122 - Venezia






Date: Wed, 10 Oct 2001 21:17:49 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT>
Subject: [PM-SMC] .Duo : Piperno & Semi


A.A. Semi ha scritto:

>> Dev'essere
>>garantito dunque il diritto alle cure, quello alla libera scelta del
>>medico, quello al consenso informato ecc. nonche' ovviamente tutti i
>>diritti fondamentali del cittadino.

Le osservazioni di A.A. Semi sono acute ed intelligenti, ma, così mi sembra,
si situano fuori di quello che è chiamato oggi "intervento pubblico".
In nessuna area della medicina vi è la libera scelta del medico ed il
diritto alle cure rimane ancora - ahimé- teorico, perché vi sono cure...e
cure...(anche nella medicina generale). In altre parole i livelli di
intervento, anche nello stesso Ospedale sono assai differenti e, sopratutto,
nessuno li garantisce (cruda verità).

Egli ha anche scritto:
.
>>Bisognerebbe a mio avviso evitare invece di far perno sulla famiglia,
>>superando la logica assistenziale . La famiglia andrebbe restituita al
>>suo ambito: luogo di affetti che non possono essere normati. Per cui si
>>possono creare incentivi ma non obblighi per la famiglia (anche perche'
>>alla fine li pagherebbe il paziente) terminato l'arco "naturale"
>>dell'infanzia e adolescenza. La famiglia e' un'istituzione a termine,
>>fisiologicamente.

E questo è contraddetto da tutti coloro che vedono nella famiglia la cellula
della società, in primo luogo i cattolici, che sono gli ispiratori di questa
legge di riforma (ma non solo loro). La famiglia, ricordiamolo, è ANCHE il
luogo ove nascono i disturbi mentali, anche se ciò non significa che, per
questo, debba essere caricata di gravami assistenziali come lo è stata fino
ad ora.La proposta di creare incentivi, ma non obblighi, mi sembra del tutto
soddisfacente, così come realista e scientifica è l'affermazione " La
famiglia e' un'istituzione a termine,
.fisiologicamente."

Semi scrive anche cose che non capisco, come:

>>Da notare che in questa prospettiva si problematizzano anche dei punti
>>forti - che pero' non possono diventare dei luoghi comuni - come la c.d.
>>"continuita' terapeutica".

E questa della "continuità terapeutica" che di fatto è una "discontinuità
terapeutica", vuoi per le rotazioni continue di psichiatri sul territorio,
vuoi perché anche il malato ha dei flussi migratori, è un altro luogo comune
che andrebbe eradicato.Il re è nudo !!

Semi continua:
>>Mi sembra che - sia nel ddl sia nel dibattito - si rischi di irrigidirsi
>>nella previsione di tutto:

Semi, da buon psicoanalista, mette tra parentesi o scotomizza il fatto che
la Legge 180 è, ora, in realtà una bandiera politica che ha perso molti
degli agganci iniziali per divenire uno slogan.
Ma sono anch'io convinto che la Legge Burani debba essere una legge quadro
che fissi degli standard (l'italiano non vuole la s finale) minimi,
piuttosto che prevedere tutto anche ciò che non può essere previsto

Mi ha divertito, invece, il fatto che Piperno abbia sottolineato:

.> che la maggior parte dei gruppi sia a carattere sindacale, che politico,
che scientifico, incoraggiano le affermazioni di appartenenza puttosto che
di definizione del proprio punto di vista.

Perchè fino ad ora.in certi l'adesione zavlavskiana al concetto portante
era requisito 'sine qua non' per essere considerati psichiatri di vaglia.E
chi esprimeva dubbi era un nemico da bruciare : è ciò che io ho chiamato
psichiatria talebanica.

(Zavslavski ha scritto anni or sono un bel librettino su "il consenso
organizzato").

Antonio Augusto Rizzoli






Date: Thu, 11 Oct 2001 02:07:31 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Albertina Seta <a.seta@MCLINK.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] incontro psichiatri con On. Burani


cari colleghi,
un commento sulla riunione di lunedì 8 ottobre a Palazzo S.Macuto.

Come è stato già detto da alcuni, l'incontro della consulta preliminare
sulla legge 174 è stato innanzitutto piacevole: non solo per l'ottima
ospitalità, ma per il dibattito, che per circa tre ore ha visto alternarsi
al microfono una serie di colleghi, alcuni più noti altri meno, tutti con
interventi brevi e densi, animati, al di là delle diverse posizioni, dalla
volontà comune di dare un contributo. Ne è venuto fuori un quadro dei
problemi psichiatrici sufficientemente ampio, complesso e sfaccettato.

L'On. Burani si è mostrata attentissima a tutte le sfumature della
discusione, anche a quelle di carattere emotivo, e tale tipo di
sensibilità, è inutile dirlo, in queste circostanze fa piacere.
L'impressione è che la sua iniziativa parlamentare poggi su una grande
mole di lavoro già svolto e che ci sia tutta la volontà di intensificare
ulteriormente tale attività nel prossimo futuro, con gruppi di lavoro e
audizioni ufficiali in varie direzioni .

Quanto alla discussione di lunedì, rispetto a quanto già emerso in lista in
queste settimane, si sono delineati maggiormente alcuni nodi di carattere
generale che dovrebbero far riflettere.

- il discorso sull'identità medica dello psichiatra, che resta a nostro
avviso un punto cardine. A questo proposito
le posizioni sembrano così schematizzabili: da una parte c'è chi rivendica
al medico una libertà, regolata naturalmente dalle norme del codice
deontologico e da quelle dei codici civile e penale, senza ulteriori
restrizioni e controlli e denuncia una realtà, in psichiatria, di forte
limitazione di tale libertà. Il pof. Ravizza, se abbiamo bene inteso, ha
parlato polemicamente dello psichiatra come di un medico in "libertà
vigilata"e dunque della necessità di restituirgli la possibilità di
operare "secondo scienza e coscienza".
Dall'altra c'è una tendenza, che corrispondentemente a ciò che accade anche
in altri settori della medicina, preme per un sistema di controlli e
garanzie più stretto, con varie motivazioni, di tutela del malato, ma anche
soprattutto del medico.
Pensiamo che questo sia un terreno estremamente delicato di intervento che
sottende tutta la questione del TSO, ma non solo. Ne possono derivare
impostazioni generali del tutto diverse, infatti, non solo per quanto
riguarda alcuni particolari atti medici come il TSO, ma per tutto il
problema della questione della cura e della verifica dei risultati. Ovvero
sul fatto che il medico possa/debba venire obbligato al raggiungimento di
certi risultati e vincolato a quelli.

- la questione dei modelli teorici di malattia e di cura. Lo psichiatra può
riconoscersi esclusivamente in un modello medico-biologico della malattia e
della cura? Per alcuni le malattie mentali sono oggi più conosciute e
curabili, secondo protocolli per lo più farmacologici. Altri hanno proposto
che il paradigma medico-biologico è da considerare già superato,
addirittura in certi settori della medicina, e che per quanto riguarda la
psichiatria si pone indiscutibilmente la questione della psicoterapia e di
altri tipi di intervento. In ogni caso, è stato ribadito in alcuni
interventi, una legge sulla psichiatria dovrebbe considerare che la ricerca
in campo psichiatrico attualmente vede diversi paradigmi a confronto e non
si può certo dire conclusa.

- l'attuale stato della psichiatria. Cosa è successo in questi ventitré
anni? La psichiatria è andata avanti, si è evoluta, procede verso nuovi
traguardi scientifici? Per alcuni sì, c'è stato un enorme progresso
(neuroscienze).
Per altri al contrario, da una parte la situazione che vede l'incidenza
delle malattie mentali in crescita, dall'altra lo scadimento della pratica
psichiatrica sempre più oberata da compiti assistenziali, impongono la
ripresa dello studio e della ricerca sulla psicopatologia e la clinica
psichiatrica. La questione della formazione appare centrale un po' per
tutti, ma bisogna chiarire in che termini. Alcuni interventi, tra l'altro,
hanno sottolineato il rischio di un riassorbimento della psichiatria da
parte della neurologia segnalandolo come rischio di un ritorno indietro,
tutt'altro che come segno di evoluzione.


Per quanto riguarda il nostro gruppo, gli interventi al dibattito (Seta,
Tropeano) verranno presto messi on-line insieme a tutti gli altri.
Provvederemo inoltre a inviare in lista nei prossimi gg l'intervento sui
ricoveri ospedalieri di Giorgio Guerani , che era iscritto a parlare ed ha
rinunciato per motivi di tempo.

Per il momento un saluto

NUOVA PSICHIATRIA






Date: Thu, 11 Oct 2001 12:01:07 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Nicola Grenno <praell@TIN.IT>
Subject: [PM-SMC] incontro con On. Burani, intervento


> Da: GENNARO ESPOSITO <genesp@FASTCOM.IT>
> Organizzazione: PSICOTERAPEUTA

> Approfitto per lasciare qui una mia impressione "a caldo" sull'incontro
> di ieri a Roma. Il clima cordiale e la partecipazione dei Colleghi
> (molti dei quali illustri) hanno consentito una raccolta accurata di
> impressioni, opinioni, suggerimenti e critiche costruttive tutte tese ad
> aiutare il legislatore a rendere l'articolato del Pdl ponderato e
> profondo. Unico rammarico: 3 ore sono state insufficienti per consentire
> a tutti di esprimere le loro opinioni. Attendiamo con fiducia una
> prossima convocazione.

Io sono uno degli Ultimi :-( che non hanno potuto fare un intervento
pubblico, nondimeno l'onorevole Burani è stata così gentile da ascoltarmi
brevemente alla fine dell'incontro.
vi allego il mio intervento che ho consegnato alla Segreteria.

Sono rimasto colpito dalla dispoinbilità e dall'atteggiamento onesto
dell'onorevole Burani e del Prof. Cantelmi pur nei confronti di aperte
critiche al progetto.

I ddl è stato, complessivamente più applaudito che contestato.

Ho avuto la sensazione epidermica che qualche "Illustre" abbia avuto un
atteggiamento più che prudente, al "cospetto" del parlamentare

> Un'altra considerazione riguarda l'assenza di chi non vede di buon
> occhio la proposta. Credo che proprio per questo e' necessaria la
> partecipazione di tutti, onde evitare rigide chiusure che non
> consentirebbero uno scambio di idee tra gli operatori e soprattutto la
> risoluzione di punti controversi della legge. Non vorrei che il tirarsi
> fuori dalla discussione possa avere significati "ideologici", di
> "partito preso" o peggio ancora di indifferenza sul problema.

sono d'accordo, una volta tanto, con Gennaro :-) anche se ribadisco che ho
avuto la netta sensazione che molti non abbiano voluto esprimersi fino in
fondo.

saluti

Nicola Grenno
Direttore Residenza Protetta "Pra' Ellera"
Strada Praellera, 17 - 17014 Cairo M.tte (SV)
Tel +39019500260 fax +39019500549
leggete "L'isola Selvaggiastra"
http://isola.hypermart.net

Editorial Staff Member of PSYCHOMEDIA - http://www.psychomedia.it
Redattore Rivista PM-TR - Area Comunita' Terapeutiche
Co-owner lista PM-PSC "Psichiatria Sociale e di Comunita'"


Proposta di Legge N° 174 (Burani Procaccini)
Lunedi otto ottobre 2001.
Consulta preliminare.

Buongiorno a tutti, mi chiamo Nicola Grenno e dirigo una struttura
residenziale psichiatrica accreditata in Liguria che accoglie pazienti
psicotici gravi tra i quali diversi pazienti con misura sicurezza o
dimessi dagli Ospedali Psichiatrici Giudiziari.

Ringrazio il Prof. Cantelmi e l’Onorevole Burani Procaccini per l’invito e
per avermi dato la possibilità di un modesto contributo.

Devo premettere che, come molti altri , ho parecchie critiche riguardo al
ddl così come è stato presentato, in quanto riporterebbe irrimediabilmete
l’assistenza psichiatrica italiana indietro di decenni dandone un segno
custodialistico e neomanicomiale.

Vorrei però dare atto al legislatore di voler intervenire in senso
positivo e soprattutto operativo in un questo delicato settore, centrando
alcuni punti critici , mi trova d’accordo soprattutto quando:

- tenta un superamento dell’ OPG,
- riconosce la possibilità che la grave patologia possa esordire anche in
età evolutiva e che anche un minore possa ricevere un trattamento
residenziale in una struttura adeguata.


Il più grande limite della legislazione attuale, come sicuramente è stato
già sottolineato è di essere un legge “quadro”, senza strumenti operativi,
delegando di fatto le Regioni a darne e a dotarsi di strutture idonee.
Proprio per questo si è creata la situazione cosiddetta a “macchia di
leopardo” spesso lamentata dai pazienti e dalle associazioni dei familiari,
con notevoli disparità nei servizie erogati da Regione a Regione e, in
taluni casi, da Dipartimento a Dipartimento.
Rubando una battuta mi viene da dire, del leopardo salviamo almeno le
macchie!
Fuor di metafora invece vorrei segnalare che se la legge 180 attualmente può
funzionare SOLO con la “buona pratica” di psichiatri ed operatori della
salute mentale nonché di ammistratori regionali competenti, la
Burani-Procaccini sarebbe, specularmente “tremendamente efficiente” anche in
caso di scarsa correttezza o imperizia del terapeuta per non parlare delle
clamorose possibilità di abuso da parte dello psichiatra, investito di un
potere sproporzionato; particolarmente infelice è il punto in cui il TSO
sarebbe proponibile da “chiunque ne abbia interesse”.
La soluzione residenziale sempre pronta e comoda renderebbe ancora più
inclinato quel piano che già ora fa scivolare nelle comunità o strutture
residenziali che dir si voglia, i pazienti più socialmente scomodi di
fatto togliendo alle comunità stesse la possibiltà di essere effettivamente
terapeuiche e delegando loro solo una funzione di controllo sociale già
oggi fortemente avvertibile, almeno nella mia esperienza.

Lascio ogni considerazione strettamente tecnica a tutti gli psichiatri
presenti che hanno più titoli, esperienza e competenza di me.

Concludo affermando che per più di vent’ anni la 180 (è stata un comodo
paravento per gli operatori per rifiutarsi di prendere in carico il
paziente grave non collaborante, lo spirito della nuova legge mi pare
proprio quello di togliere questo paravento.
Sono d’accordo, ma curare il paziente grave è possibile ed obbligatorio
anche adesso in Italia. Tanti già lo fanno. C’è bisogno di strumenti
operativi: omogenei sul territorio nazionale nell’interesse dei pazienti e
che garantiscano loro una vera libertà di scelta sulla loro cura, finora
clamorosamente negata.
Questa è forse la grande occasione per una riforma lungamente attesa, non
sprecatela con una legge controideologica.

Grazie dell’attenzione.






Date: Thu, 11 Oct 2001 20:28:22 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Antonio Semi - ddl Burani


Antonio Semi scrive:
> Mi sembra che bisognerebbe fare chiarezza sui punti di partenza,
> tenendo distinti il piano del diritto da quello della realta'.

Perfettamente d'accordo, e' ovvio.

> bisogna stabilire chi lo rappresenta (il paziente) e come e per quanto
> tempo e per quali ambiti allorche' egli sia impedito di agire legalmente.

L'Ufficio del Giudice Tutelare dovrebbe essere maggiormente coinvolto,
credo.

> Bisognerebbe a mio avviso evitare invece di far perno sulla famiglia,

Condivisibile (e non potrebbe essere diversamente) tutto il discorso
sulla famiglia; non e' possibile che i congiunti del paziente con un
disturbo mentale diventino di volta in volta, o tutto in una volta,
infermieri, educatori, animatori, terapeuti, ecc. nei confronti del loro
congiunto.

> Da notare che in questa prospettiva si problematizzano anche dei punti
> forti - che pero' non possono diventare dei luoghi comuni - come la c.d.
> "continuita' terapeutica".

La c.d. "continuita' terapeutica" potrebbe realizzarsi anche come
"unitarieta' si stile e di approccio" (come si scriveva negli anni '70),
non necessariamente di tipo fisico (stesso terapeuta per tutta la vita
del paziente: povero paziente e povero terapeuta).
Il problema e' che ogni nuova testa venuta a lavorare nei servizi (parlo
delle mie esperienze) ha preteso di riscrivere tutto da capo (vedi questione
della doppia diagnosi, di cui si e' parlato).
Nell'incontro di Roma si e' parlato pure della necessita' di una
supervisione continua nei servizi; come far entrare cio' nella legge?

> Percio' quel che si può fare e' fissare standard minimi (che dovrebbero
> comunque essere garantiti dalle strutture pubbliche)

Benissimo; gli standard minimi (livelli minimi di assistenza uniformi su
tutto il territorio regionale) potrebbero essere un CSM per ciascuna ASL
(con le sue articolazioni - centro diurno, day-hospital, assistenza
domiciliare, ecc.) ed una struttura residenziale PUBBLICA per ciascuna ASL
che si faccia carico dei pazienti piu' GRAVI non gestibili dal CSM (se il
CSM e' davvero capace di gestire tutto, senza abbandoni strategici, senza
scaricare sulle famiglie, bene, diamogli pure il Nobel), altrimenti
prendiamo atto della realta' (come diciamo sempre ai nostri pazienti).
Molti di noi si mostrano poco capaci di condurre un corretto esame
di realta' sul proprio operato.

Andrea Mazzeo
-----------------------------------------------------------------
Redattore di Psychiatry On Line Italia
http://www.pol-it.org
Collaboratore precario della Piazzetta: http://piazzetta.sfera.net

E-MAIL < a.mazzeo@tin.it >
WEB < http://utenti.tripod.it/a_mazzeo/index.html >






Date: Thu, 11 Oct 2001 22:31:09 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Antonio Semi <aasemi@TISCALINET.IT>
Subject: [PM-SMC]


Solo alcune precisazioni sulle osservazioni (centrate) di Rizzoli al mio
intervento:
1. "In nessuna area della medicina vi è la libera scelta del medico". In
effetti l'idea mia e' che sarebbe bene che non ci fosse piu' una "legge
speciale" per la psichiatria, ma una legge generale sullo statuto del
cittadino-malato che comprendesse anche la problematica relativa alla
libera scelta e le situazioni di alterata disponibilita' della coscienza.

2. Son d'accordo con Rizzoli - e capisco d'essermi espresso poco
chiaramente - sulla "continuita' terapeutica": essa e' un punto forte di un
trattamento reale, ma non puo' essere un escamotage per "legare" una
persona ad un servizio o un territorio, come un tempo i servi della gleba
al feudo.

3. la lezione della 180 - che era facilmente prevedibile, potrei dare la
bibliografia - dovrebbe insegnare che non si puo' impunemente negare la
realta' per lungo tempo ma anche (questa e' un'autocritica) che non si puo'
neppure negare l'importanza delle ideologie - religiose o politiche.
Speriamo solo di poter negoziare con esse strappando un po' alla volta
qualche pezzetto di spazio operativo. Quanto al "talebanismo" - se vogliamo
chiamarlo cosi' - e' un nostro rischio professionale, pero' e' stato molto
remunerativo per una lobby...
Cordialita' a tutti
A.A.Semi


Dott. Antonio Alberto Semi
Membro Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana
Castello 3471
30122 - Venezia






Date: Thu, 11 Oct 2001 23:17:07 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Carlo Gozio <cgozio@LIBERO.IT>
Subject: [PM-SMC] Pericoloso a sé ed agli altri


La proposta di legge Burani (e sia pure in modo diverso anche la proposta di
legge Cè) reintroduce a proposito dei TSO il concetto di pericolosità, come
criterio cardine per l’attivazione del dispositivo coatto, contrariamente a
quanto prevede invece la legge 180 che detta come criterio cardine la
indifferibile necessità dell’affettuazione di un trattamento sanitario.

La proposta è stata criticata in quanto darebbe troppa importanza
all’elemento sicurezza anziché all’elemento sofferenza.

Invece vorrei evidenziare in questa breve nota il fatto che una norma che
intende garantire la sicurezza (del singolo e della collettività) così
formulata verrebbe proprio a creare situazioni di pericolo e di insicurezza.

In psichiatria intervenire quando vi è pericolo significa che è già troppo
tardi.
Affermare che i TSO devono essere effettuati quando vi è pericolo significa
che molte situazioni saranno affrontate non dallo psichiatra ma dalla
polizia, che interverrà nelle situazioni di pericolo.

Una situazione di pericolo oggi era sicuramente una situazione di bisogno
ieri e spesso da molto tempo. E’ veramente raro che il pericolo in
psichiatria nasca improvvisamente.

Esiste una ampia evidenza (anche scientifica) che il trattamento quanto più
precoce della malattia mentale previene l’insorgenza di manifestazioni
pericolose.
Laddove, come negli USA, prevale il concetto di pericolosità della malattia
mentale la carcerazione diventa spesso la prima risposta al disagio psichico
grave: il 95% della causa di morte nelle carceri americane è il suicidio ed
oltre la metà dei morti per suicidio aveva avuto problemi psichici prima
della carcerazione.

Proprio per questo motivo alcuni Stati degli USA, stanno modificando la
propria legislazione, sotto la sollecitazione di associazioni di utenti e
famigliari (v. il TREATMENT ADVOCACY CENTER di Arlington, Virginia) affinchè
i provvedimenti di trattamento sanitario obbligatorio possano essere
effettuati indipendentemente dalla pericolosità, ovvero prima che questa sia
manifesta.


Quali dovrebbero essere i criteri per l’attivazione di un dispositivo
coatto?
1) presenza di alterazioni psichiche che richiedono interventi terapeutici
indifferibili
2) che il paziente rifiuta, dopo aver cercato in ogni modo il consenso
3) in mancanza di ogni altra idonea misura terapeutica

E’ quello che prevede la 180.
Non ho trovato sino ad ora una formulazione migliore dei criteri che devono
attivare TSO, ma ci si può provare…..






Date: Thu, 11 Oct 2001 23:36:03 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Albertina Seta <a.seta@MCLINK.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] S.Macuto intervento Guerani


inoltro il messaggio già preannunciato con l'intervento che Giorgio Guerani
avrebbe presentato all'incontro con l'On. Burani, lunedì 8 a Palazzo
S.Macuto. Come Grenno, anche Guerani ha concordato di rinunciare
all'intervento per motivi di tempo.
-------------------------------------------------------------------------------
IL RICOVERO PSICHIATRICO: STORIA DI UNA CECITA' SELETTIVA
di Giorgio Guerani

Il momento del ricovero si presenta spesso come il primo approccio
dell'utente e della sua famiglia alla malattia mentale. Infatti, pur se
preceduto da una sovente lunga storia di disagio psichico, questo viene
spesso sottostimato e considerato poco più che un momento passeggero
nella storia di una persona che poi "andrà a posto da solo" e che,
comunque, non merita la dignità di una "malattia", un disturbo di
esclusiva competenza specialistica e non affrontabile con le sole armi
del buon senso. Il ricovero è, quindi, il momento della disillusione e
dell'incredulità, il momento nel quale anche i medici e gli psicologi,
altrove accolti come salvatori e dispensatori di "guarigione" sono
guardati come strani figuri da ascoltare con distacco, forse un po'&Mac226;
esagerati o, addirittura, in malafede.

Nella disamina della proposta di legge Burani Procaccini, cui vanno
destinate, almeno, le lodi per il coraggio di un'intento riformatore e
numerose altre migliorie rispetto all'attuale legislazione, sembra che
anch'essa non sfugga alla disattenzione, o, peggio, alla cecità
selettiva per l'importanza del ricovero nella storia clinica di un
paziente e della sua pregnanza terapeutica.

La pretesa magica di un abbattimento dell'istituzionalizzazione per via
legislativa a lungo propagandata fino ad ora viene a scontrarsi con la
durezza dei dati dell'ISTAT di poco dopo la 411/68 (Legge Mariotti), che
vedevano in un costante calo le ammissioni in manicomio ed in aumento le
dimissioni da questi. Il processo di chiusura di questi non ha dunque
"creato" una tendenza ma, semmai, seguito un percorso già in opera, con
l'aggravante di una soluzione di continuo che ha impedito la nascita in
Italia di una moderna cultura della psichiatria ospedaliera, unico
esempio nel mondo occidentale. I nostri dati sugli attuali ricoveri
ospedalieri sembrano infatti provenire da un altro pianeta dove le
stesse patologie vengono curate con tempi di ricovero inusitatamente
brevi e in palese contraddizione con ogni acquisizione della comunità
scientifica.

I "Servizi di Diagnosi e Cura" hanno il divieto di
chiamarsi per quello che sono (il Reparto di Psichiatria è stato abolito
"ope legis"!), il numero di posti letto è legato al magico numero di 15,
senza alcuna considerazione sull'economicità e la terapeuticità di tali
strutture nella paradossale accezione che ciò che è "piccolo" più si
distanzia dall'idea del manicomio, senza alcuna considerazione sulla
qualità dei servizi che, su diversa scala, potrebbero essere meglio
erogati, nella quotidiana condizione di lavoro a risorse limitate.

Di fronte a questo, non riscontro nella proposta di legge presentata una
traccia di un luogo deputato al ricovero ospedaliero nella sua accezione
scientifica. Il ricovero non è infatti solo il luogo dove è possibile
praticare analisi cliniche ma il percorso, talvolta, anzi spesso, lungo
e difficile verso la definizione di una complessa diagnosi con la
collaborazione multidisciplinare non solo di operatori della Salute
Mentale, ma, anche delle altre specialità della medicina.

I trattamenti biologici sempre più complessi, la presenza di doppie
diagnosi, le
patologie dell'età evolutiva, quelle legate all'uso ed all'abuso di
cangianti sostanze stupefacenti, le patologie degenerative e quant'altro
non possono essere neppure sfiorate in ricoveri di poche ore e in un
progetto che non preveda la costruzione di una rete ospedaliera ma lasci
agli "ospedali generali ed alle cliniche universitarie" la facoltà di
"potersi" dotare di un reparto psichiatrico (art. 2 punto 6.). Ancora,
appare del tutto improponibile la presenza di un solo posto di emergenza
psichiatrica ogni 500.000 abitanti, soprattutto per le aree non
urbanizzate e con difficoltà di viabilità e comunicazione.

A fronte di tali carenze assistenziali, appare
un uso spropositato delle risorse la proposizione di un CSM aperto 24
ore, che sarebbe sovente solo il trampolino verso una sede ospedaliera
dove è possibile un corretto lavoro di diagnosi differenziale.
Nella sostanza si viene a configurare l'ipotesi di 8 p.l./ 10.000
abitanti da destinare alle SRA dove verrebbero in parte accettati
pazienti che ancora necessitano del tessuto ospedaliero per un corretto
processo diagnostico e terapeutico, dopo degenze, se possibile, ancora
più brevi delle attuali e in Reparti non vincolati a parametri di alcun tipo.

Il ricovero è sovente una necessità e un momento ben individuabile e
spesso inevitabile, benchè doloroso, e non uno "sbaglio" del terapeuta
o una "punizione". Il ricovero, quando protratto per il tempo
necessario, con una corretta gestione delle nuove alternative
farmacologiche e, senza attese miracolistiche, con un reale
riconoscimento e attesa delle latenze di azione dei farmaci
rappresenta un nemico e non un procuratore di cronicizzazione.
La psichiatria ospedaliera rappresenta una reale specificità all'interno
dell'agire psichiatrico e va, come tale, rispettata e messa nelle
condizioni di operare al meglio delle proprie capacità, nel pieno
rispetto della dignità del paziente e degli operatori. Occorre procedere
all'abbattimento del mito "piccolo è bello" Vs "grande è manicomio"
che ha generato una miriade di piccoli ed antieconomici Servizi che non
permettono una corretta gestione del ricovero psichiatrico.
Occorre quindi ripensare il Reparto Psichiatrico con numeri tali che
garantiscano, senza sprechi, una corretta presenza di posti letto e
personale qualificato, con articolazioni diversificate che permettano
una reale continuità nell'assistenza.

NUOVA PSICHIATRIA






Date: Sat, 13 Oct 2001 16:53:48 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Piero Petrini <pipetrin@tin.it>
Subject: Re: [PM-SMC]


----- Original Message -----
>From: "Antonio Semi" <aasemi@TISCALINET.IT>
>To: <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
>Sent: Thursday, October 11, 2001 10:31 PM
>
>Solo alcune precisazioni sulle osservazioni ...


1) Sul primo punto ci troviamo perfettamente d'accordo; da tempo io e miei
amici, nell'ambito sindacale, specie sulle emergenze e sul 118, parlo di una
inutilità di una guardia psichiatrica, ed è sottinteso che quanto più
riusciamo a fare rientrare la salute mentale nella medicina e nel sociale,
come leggi e come prassi, tanto più vicini siamo all'integrazione del malato
psichiatrico nella società.
A volte è difficile e sembra utopico. Ma dobbiamo continuare a mio parere a
provarci.

2) Il legame con il territorio è utile, a mio parere, se viene inteso come
linea di indirizzo (per esempio come per i pz. diabetici ) e non come rigido
invio. La continuità terapeutica quando viene utilizzata per la cura del
paziente e non come "feudo da difendere", non mi pare una cosa malvagia;
A volte il prof. Rizzoli ( che ben conosce il mio giudizio su di Lui!)è un
po'....rigido!

3) Ha ragione, lo condivido; la 180 è stata usata da alcune persone (non da
tutte) per fare carriera. Non vorrei che con la scusa di una nuova legge
altra gente, tra l'altro meno preparata, facesse carriera. (Non mi
riferisco, naturalmente a Tonino!) Qualche assaggino di "ideologismo
sterile", nella riunione della Camera, peraltro molto ben condotta dalla
Sig.ra Burani e da Tonino Cantelmi, l'abbiamo avuto...o no?

Piero





Date: Sun, 14 Oct 2001 21:12:52 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Bosio Roberto <bosirob@TIN.IT>
Subject: [PM-SMC] 180 e Posizione SIP


Giro alle liste il Documento della SIP su 180 e il resto.

R Bosio


Documento approvato all&Mac226;unanimità dal Comitato Esecutivo della Società
Italiana di Psichiatria l&Mac226;11 ottobre 2001


La guerra di religione che si è accesa a proposito della legge 180 (o,
più esattamente, degli articoli 33 e seguenti della legge 833/78, in cui
i contenuti della legge
180 sono stati incorporati) solo in minima parte è espressione di
difficoltà e contrasti interni al mondo della tutela della salute
mentale; in larga misura, invece,
essa è il prodotto di conflitti e contrapposizioni ideologiche che a
quel mondo sono estranei.

Al di là degli schieramenti politici ed ideologici, noi riteniamo che la
legge 180 (833) non sia un oggetto appropriato per una guerra di
religione. Questa legge,
infatti, pur essendo nata in un momento politico particolare e pur
essendo stata generata in misura significativa da un movimento
politicamente connotato, ha una
valenza sul piano tecnico e socioculturale ed una visibilità a livello
internazionale che il mondo politico di oggi non può ignorare.

La 180 (833) è una legge-quadro che fissa alcuni principi generali, di
cui i più significativi sono: 1) il superamento degli ospedali
psichiatrici; 2) l&Mac226;integrazione
dell&Mac226;assistenza psichiatrica nel servizio sanitario nazionale; 3)
l&Mac226;orientamento prevalentemente territoriale dell&Mac226;assistenza
psichiatrica; 4) la limitazione del
trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ad alcune
situazioni ben precisate. Si tratta di principi largamente condivisi
dagli operatori della salute
mentale e, ci sentiamo di affermare, dagli utenti e dalle loro famiglie.
Anche il superamento degli ospedali psichiatrici, che per anni è parso a
molti impossibile, è
oggi una realtà che tutti considerano irreversibile. Inoltre, non si può
negare che, grazie alla legge 180 (833), la maggior parte degli italiani
abbia imparato ad
avere nei confronti delle patologie mentali un rispetto e una
tolleranza maggiori che in passato.

La legge 180 (833) delegava alle regioni il compito di individuare le
strutture per la tutela della salute mentale, e l&Mac226;inadempienza di
diverse regioni ha creato per
molti anni una situazione di incertezza e confusione. Tuttavia, nel 1994
e nel 1999, due progetti-obiettivo emanati con decreto del Presidente
della Repubblica
hanno definito in maniera chiara ed articolata come la tutela della
salute mentale debba svolgersi, quali siano le strutture in cui i
dipartimenti di salute mentale
debbono articolarsi, quante debbano essere queste strutture e quanti
utenti esse debbano accogliere. Le strutture previste da questi
progetti-obiettivo sono state
però realizzate solo in parte, gli organici dei dipartimenti di salute
mentale rimangono gravemente carenti e il disagio delle famiglie delle
persone con patologie
mentali gravi è assai serio in molte regioni del Paese.

Tra i presidi elencati dai progetti-obiettivo ci sono anche le strutture
residenziali, destinate a far fronte ai „bisogni di lungo-assistenza‰
delle persone con patologie
mentali gravi. Sono previste strutture residenziali a vari livelli di
protezione, per situazioni di diversa gravità. E&Mac226; prevista la
partecipazione del privato sociale ed
imprenditoriale alla gestione di queste strutture. Il numero massimo dei
posti in ognuna di queste strutture è fissato in 20.

Le proposte di legge attualmente all&Mac226;esame del Parlamento mettono in
discussione tre aspetti principali dell&Mac226;attuale organizzazione
dell&Mac226;assistenza psichiatrica: 1) il
numero e le caratteristiche delle strutture residenziali; 2) il ruolo
rispettivo del pubblico e del privato nell&Mac226;assistenza psichiatrica; 3) i
luoghi e le modalità di
attuazione del trattamento sanitario obbligatorio. Si tratta di problemi
che, a nostro parere, è legittimo sollevare. Tuttavia, noi non crediamo
che il modo in cui essi
sono affrontati nelle proposte in questione sia il più appropriato.

Le strutture residenziali vanno sicuramente meglio regolamentate. Sono
necessari criteri per l&Mac226;accreditamento di queste strutture, sia
pubbliche che private, che
riguardino non solo gli spazi, i posti e il numero degli operatori, ma
anche le attività che in esse debbono svolgersi. Già oggi purtroppo in
alcune di queste
strutture si ritrovano realtà simili a quelle dei vecchi manicomi, per
la concentrazione dei pazienti, la spersonalizzazione, l&Mac226;incuria e
l&Mac226;abbandono. Aumentare il
numero dei posti in ciascuna di queste strutture fino a 50 ed
accentuarne la natura custodialistica a spese della connotazione
socio-riabilitativa non farebbe altro
che aumentare il rischio della riproduzione di realtà manicomiali.

Il coinvolgimento del privato sociale ed imprenditoriale nell&Mac226;assistenza
psichiatrica va sicuramente incentivato, ma non è proponibile che il
privato possa gestire
tutte le strutture di ricovero di un dipartimento di salute mentale.

Si può regolamentare in maniera più precisa il trattamento sanitario
obbligatorio extra-ospedaliero, che la legge 180 (833) non esclude, ma
le procedure previste
dalle due proposte di legge appaiono confuse e contraddittorie, né
sembra proponibile che il trattamento sanitario obbligatorio sia
richiesto „da chiunque ne abbia
interesse‰.

Il progetto-obiettivo emanato nel 1999 è scaduto il 31 dicembre 2000 e
vige attualmente solo „in prorogatio‰. La Società Italiana di
Psichiatria non intende farsi
coinvolgere in guerre di religione ed è pronta a collaborare ? con tutto
il suo patrimonio scientifico, culturale e di esperienze operative ?
alla stesura di un nuovo
progetto-obiettivo o di un testo legislativo che integri la legge 180
(833) senza stravolgerne i principi.






Date: Sun, 14 Oct 2001 21:31:47 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Bosio Roberto <bosirob@TIN.IT>
Subject: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua


Ricevo da Giuseppe Dell'acqua e passo.

R. Bosio


"Giro l'articolo de il piccolo in occasione del 2° corso di formazione per responsabili delle
associazioni dei familiari "Cambiamento e salute mentale. Le associazioni dei familiari nei
processi di trasformazione dell'assistenza psichiatrica". Hanno partecipato familiari e operatori di
Bologna,Modena,Pescara,Avellino,Foggia,Catania,Palermo,Torino,Merano,Sassari,Ancona,Potenza,Matera
e Trieste

il piccolo
giovedì 11 ottobre 2001
IN DIFESA DELLA 180
INCONTRO AL DSM DI TRIESTE, mercoledì 10 ottobre 2001

„La 180 non è un dogma. Ma l&Mac226;impianto generale e i principi su cui si fonda la legge di riforma dell&Mac226;assistenza psichiatrica vanno
salvaguardati a tutti i costi. Garantendo alle persone affette da disturbo mentale il diritto all&Mac226;eguaglianza e alla cittadinanza: la possibilità
di accedere alle cure, di pensare alla guarigione, di vivere e agire nella comunità‰. La difesa della 180 - la legge che vent&Mac226;anni fa sancì
l&Mac226;apertura dei manicomi e la nascita dei servizi sul territorio e che oggi viene messa in discussione da due progetti di legge presentati da
Forza Italia e dalla Lega - prende il via da uno dei luoghi simbolo della riforma psichiatrica: il padiglione M del comprensorio San
Giovanni, un tempo ricovero di malati, oggi sede di cooperative sociali, laboratori e corsi di formazione dedicati alle persone affette da
sofferenza psichica.

Non è un caso. E forse è scontato che a parlare ieri mattina - in occasione di un incontro promosso a margine di un corso di formazione
nazionale rivolto alle associazioni dei familiari - sia Giuseppe Dell&Mac226;Acqua, oggi responsabile del Dipartimento di Salute Mentale, vent&Mac226;anni
fa al fianco di Franco Basaglia.

La novità è un&Mac226;altra. Ed è che dalla parte della 180, questa volta scendono in campo due partner d&Mac226;eccezione: le famiglie dei malati,
rappresentati da Ernesto Muggia, presidente dell&Mac226;Unasam (l&Mac226;Unione delle associazioni dei familiari che conta rappresentanze in tutte le
regioni) e la quasi totalità degli psichiatri italiani, rappresentati da Mario Maj, direttore dell&Mac226;Istituto di psichiatria di Napoli e presidente
della Società italiana di psichiatria.

Salvaguardare la 180, dice infatti Dell&Mac226;Acqua, non significa affatto affermare che l&Mac226;assistenza psichiatrica funziona al meglio in tutto il
paese. „E&Mac226; indubbio che i livelli di sviluppo e di rinnovamento dei servizi di salute mentale sono differenti nelle diverse regioni. Vi sono dei
punti di grave criticità e siamo consapevoli del fatto che in molte circostanze i familiari dei malati vengono sovraccaricati‰. „Ma difendere la
legge di riforma - sottolinea - significa prendere atto di questa situazione. In questi vent&Mac226;anni abbiamo assistito a un cambiamento
radicale: i servizi di salute mentali sono operativi ovunque mentre il numero degli psichiatri addetti è passato dalla metà degli anni &Mac226;70 a
oggi, da poco più di 700 a 7 mila‰.

Si tratta dunque di correggere, di migliorare: non di mettere in discussione i fondamenti della riforma. „Abbiamo già uno strumento a
disposizione per innescare ulteriori trasformazioni, ed è il progetto obiettivo per la salute mentale. Se non è sufficiente, interveniamo su
questo fronte, non sulla legge‰.

„La 180 - ribadisce Mario Maj - viene spesso percepita come un mito, da difendere o da abbattere. Ma non dimentichiamo che si tratta di
una legge quadro che fissa alcuni principi, lasciando poi alle singole regioni il compito di definire i contenuti organizzativi: l&Mac226;articolazione
dei dipartimenti, dei centri di salute mentale o delle residenze. Il dibattito appena iniziato alla commissione affari sociali e sanità della
Camera si concentra in realtà contro un falso bersaglio, perché l&Mac226;oggetto del contendere sono proprio i contenuti‰. Ed è giusto, dice il
professor Maj, discutere del dimensionamento delle residenze (che nella nuova proposta passano da 20 a 50 posti), dell&Mac226;ingresso dei
privati nella gestione della salute mentale o dei trattamenti sanitari obbligatori. Ma con grande attenzione, perché la materia è densa e
complessa.

„Le nuove proposte di legge - commenta Ernesto Muggia - nascono in realtà da un discorso politico. Sappiamo che le residenze devono
essere piccole per non divenire dei manicomietti. Sappiamo che il ricorso al trattamento obbligatorio diminuisce notevolmente, se i
servizi territoriali funzionano. Ed è chiaro che la salute mentale non può essere affidata, senza alcun controllo, a soggetti privati‰.
„Concentrarsi, come fanno i due progetti legislativi, sulle strutture, sull&Mac226;istituzionalizzazione, e sui trattamenti obbligatori - conclude - vuol
dire rilanciare delle prospettive segreganti, che non soddisfano le necessità dei malati, ma il bisogno di sicurezza di un&Mac226;opinione
pubblica: che è un bisogno innegabile, a cui vorremmo dare però una risposta diversa‰.





Date: Sun, 14 Oct 2001 11:34:08 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Tonino Cantelmi <tcantelmi@GETNET.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua


-
Purtroppo la SIP non rappresenta il pensiero della "totalit‡" degli
psichiatri italiani (come Ë dimostrato dalla presa di posizione di molte
altre associazioni e come vedremo nel corso di questa mail)e Muggia non
rappresenta affatto la "totalit‡" delle associazioni dei familiari (anzi
non poche sono le prese di posizione polemiche sull'UNASAM e sulla sua
reale rappresentativit‡ che mi sono pervenute). Occorre considerare
modalit‡ pi&Mac249; moderne e reali di rappresentativit‡. Ha fatto bene il Prof.
Rizzoli a sollevare per esempio il problema della Consulta Nazionale, altra
"rappresentativit‡" tutta da discutere. Infine il Comunicato SIP non tiene
conto del fatto che nessuno sta facendo "guerre di religione" e dunque
l'inizio appare davvero incomprensibile. Nessuno vuole "abbattere" la legge
180, recepita nella legge istitutiva del SSN. Ma dopo 23 anni la
psichiatria Ë cambiata e non vedo perchË non ri-discutere tutto. Mi sembra
che alcune difese ad oltranza indichino altre cose. Ribadisco dunque il
diritto di discutere e invito a non partire con proclami che non consentono
di affrontare le problematicit‡ in atto, le quali subiscono processi di
negazione pi&Mac249; o meno radicali. Come ha acutamente affermato l'On. Guidi,
Sottosegretario per il Ministero della Salute e neuropsichiatra infantile,
dire che in 23 anni non si Ë attuata una legge, significa evidenziane
l'inattuabilit‡. E' ora dunque di fare altro, di andare avanti, senza
buttare quello che Ë stato fatto. Nessuna polemica su carriere fatte, su
espletamenti di concorsi e modalit‡ di reclutamento degli psichiatri in
base ad appartenenze varie, su precedenti posizioni ideologiche palesemente
antiscientifiche, sui NAS che nel Lazio stanno chiudendo tutte le strutture
aperte per chiudere i manicomi e che stanno indagando su finanziamenti e
altro: davvero questo non Ë nel mio interesse. PerÚ credo che un
atteggiamento aperto al dialogo debba essere accolto da tutti e proclami
"chiusi" siano davvero deleteri. Il Prof. Maj, in qualit‡ di Presidente
SIP, Ë stato invitato democraticamente alla Consulta Preliminare e sar‡
invitato in tutti i consessi di dibattito, tuttavia non ha ritenuto (unico
a farlo) di dovervi partecipare o di dare un cenno. Molti rappresentanti
SIP a vario livello hanno partecipato al dibattito e non hanno affatto
espresso posizioni simili a quelle del messaggio-comunicato riportato in
questa lista. Il dibattito Ë stato pubblico e quanto sto dicendo Ë
facilmente verificabile. Dunque quel messaggio-comunicato non corrisponde
all'idea ed al pensiero di molti psichiatri, forse della maggioranza. Dal
mio punto di vista occorre avere il coraggio di affrontare il dibattito, di
discutere e di non rifugiarsi in "messaggi" indiscutibili. Sempre dal mio
punto di vista non c'Ë nulla di immodificabile: quanto espresso nella
proposta di legge Burani puÚ essere discusso e modificato, ma il problema
dei pazienti con grave psicopatologia e non collaboranti e il problema
della nuova cronicit‡ sono ineludibili e in qualche modo debbono essere
affrontati. Comunque, poichË la materia Ë davvero delicata, d'accordo con
la Burani, desidero rendere noto che si aprir‡ una lunga stagione di
audizioni parlamentari, in cui saranno ascoltati tutti, al fine di
elaborare un documento valido davvero. Per quanto mi riguarda, collaborerÚ
con le attuali forze governative finchË mi sar‡ data la
possibilit‡-autonomia di costruire un vero dibattito, libero, sereno e
davvero costruttivo, nell'unico interesse dei pazienti e dei loro
familiari. In questo senso mi sento di appoggiare, al di l‡ della
provenienza, le idee che in coscienza mi sembreranno davvero giuste.
Tonino Cantelmi






Date: Mon, 15 Oct 2001 00:56:41 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: FABRIZIO RAMACCIOTTI <fabramac@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua


Cantelmi Wrote:

Purtroppo la SIP non rappresenta il pensiero della "totalità" degli
psichiatri italiani .....

* purtroppo per chi? per chi "non collabora con le attuali forze
governative"?

..... non poche sono le prese di posizione polemiche sull'UNASAM e sulla sua
reale rappresentatività che mi sono pervenute).....

* ci dica "il Cantelmi" quali criteri di rappresentatività conosce oltre
all'iscrizione,quali sistemi democratici alternativi alle elezioni.....

,,,, Occorre considerare
modalità più moderne e reali di rappresentatività....

*e qui mi preoccupo.
Quali sarebbero queste modalità" più moderne"?
Non è che si tratti di un "già visto" non finito tanto bene?

..... I NAS che nel Lazio stanno chiudendo tutte le strutture
aperte per chiudere i manicomi e che stanno indagando su finanziamenti e
altro: davvero questo non è nel mio interesse....
..... Per quanto mi riguarda, collaborerò
con le attuali forze governative.....

* E questo si commenta da solo.

Cantelmi è disinteressato.
Mi sembra una ottima idea.....che si disinteressi.
Che di conflitti di interessi l'Italia c'è n'ha un po'troppi sul groppone.

Fabrizio Ramacciotti







Date: Mon, 15 Oct 2001 01:21:13 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: rpiperno <rpiperno@IOL.IT>
Subject: [PM-SMC] Dell'Acqua 180


Caro DelI'Acqua, visto che mi hai sollecitato ti rispondo,
io, biechissimo provinciale, non so come stiano le cose negli altri posti, ma ho
esperienza diretta di Roma, e ce l'ho dalla parte di coloro che si sono attivamente
adoperati per migliorare l'assistenza psichiatrica, chiudere i manicomi e cambiare le
modalità terapeutiche.  Eppure in questi anni insieme alle tantissime cose che abbiamo
fatto, e che ritengo di grande valore, alcune cose non mi hanno convinto.
- In primis i toni e gli atteggiamenti, passi per il periodo di transizione ma non si può
prolungare per venti anni, toni e atteggiamenti che si continuano a riscontrare nel linguaggio
tipo "Assalto alla 180" o guerre di religione.Personalmente attribuisco molto valore alle
modalità comunicative in quanto, a volte parlano più dei contenuti.
- La mancanza di un reale dibattito nel quale non si dovesse costantemente ribadire,
anche se implicitamente, l'appartenenza.
- L'incapacità di vedere la psichiatria come un oggetto complesso che non permette punti di
vista radicali, ma che si deve aprire a sfaccettature possibili, per definire i progetti terapeutici
- La modalità con cui sono state osteggiate le cliniche private, che viceversa si differenziano
fra loro, alle quali noi stessi raccomandavamo e continuiamo a raccomendare di accettare
pazienti che non sapevamo, e non sappiamo, dove collocare. Con questo non voglio dire
che non debba essere migliorata la qualità dell'assistenza, a volte,  ma che questa contrapposizione
ha forse impedito un loro inserimento nel tessuto del DSM, inserimento che potrebbe essere
più funzionale alla correttezza dei progetti terapeutici.
- La difficoltà quotidiana a trovare soluzioni per situazioni complesse dove la psicopatologia
si coniugava con la deriva sociale
- La diatriba fra deistituzionalizzazione e deospedalizzazione che ha reso gli spazi dell'ospedale
tabù per qualsiasi utilizzazione abitativa, anche di piccoli numeri, dovendo spesso utilizzare
situazioni meno soddisfacenti
- Questi ed altri problemi, non risolti hanno "sfiancato" molti operatori ed in particolare quelli
che si adoperano maggiormente a migliorare il servizio pubblico, ed oggi abbiamo un gran
numero di operatori demotivati che non riescono ad identificarsi con la funzione pubblica e
con le istituzioni.
Credo non si possa negare che la psichiatria romana è allo sbando,  che questo sbando è
iniziato prima della nuova giunta,  che la vecchia giunta di centro sinistra non ha affrontato
questi e altri problemi in maniera adeguata,  che adesso siamo costretti ad andare avanti
alla giornata, perchè i paletti e le regole sugli SPDC, sulle residenze, sugli stessi CSM, 
sulla gestione del sociale, sugli obblighi delle aziende, non sono stati messi adeguatamente,
che continuiamo a trovare grandissime difficoltà per portare avanti i progetti terapeutici
nelle situazioni di maggiore gravità, che le comunità terapeutiche si sono trasformate in
costose comunità residenziali, non potendo di fatto dimettere per mancanza quasi assoluta
di strutture protette, che nessuna delle comunità che conosco tiene pazienti realmente difficili,
specie con doppia diagnosi, che per questi motivi siamo costretti a volte ad utilizzare gli
SPDC in maniera impropria, che il numero dei pazienti che avrebbero bisogno di una
struttura protetta realmente terapeutica è molto maggiore del numero dei posti letto disponibili,
che la cura domiciliare è utile in alcune situazioni e meno utile in altre e che sarebbe necessario
iniziare a distinguere le varie situazioni seguendo criteri clinici e non slogan, che i familiari
continuano a sopportare un peso eccessivo, e che spesso si va incontro ad un abbandono o a
un semi abbandono, che il 118 per come è organizzato lascia molto a desiderare, che il paradigma
biopsicosociale, culturalmente indispensabile, ma da riempire di contenuti, è sempre più negletto
da parte di psichiatri che di fatto sono per la separazione dei saperi. Non mi sembra che, almeno
a Roma,   ci sia la volontà a sinistra di attivare un dibattito, sereno e costruttivo  su tutti
questi punti. Mi sembra piuttosto che il fantasma della sinistra si materializza in contrapposizione
a iniziative del centro destra. Quindi ben vengano queste iniziative se possono aprire un dibattito
produttivo che la sinistra in questo momento sembra non essere in grado di aprire per conto
proprio senza farsi egemonizzare dalle frange più ideologiche. Relativamente alla SIP non mi
sembra che in tutti questi anni abbia influenzato molto l'organizzazione dei DSM, nè tanto meno
che sia  riuscita a sollecitare il connubio fra DSM e università. Muggia persona che stimo e
Di Giglio, altra persona che stimo, ritengono che si tratti di un problema di attuazione della
legge, sicuramente questo è un punto importante, ma non sono così sicuro che sia l'unico, la
faccenda merita almeno un dibattito. Personalmente non escludo che la legge possa essere
migliorata senza essere non solo stravolta, ma neanche  cambiata nei suoi principi che mi
sembrano diffusamente accettati. E' ovvio che il dibattito sarà produttivo se si riuscirà a
sensibilizzare oltre agli operatori anche la classe politica del centro sinistra per fare una
eventuale opposizione intelligente e non ideologica.
Ruggero Piperno






Date: Mon, 15 Oct 2001 17:52:46 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Bosio Roberto <bosirob@tin.it>


Mi scusi il collega Cantelmi, ma non mi pare che quel "mi" possa collocarsi fra il re ed il fa, inoltre sarebbe interessante conoscere quali siano le categorie di riferimento per definire il "davvero giusto"...

Purtroppo da un punto di vista psiconeurolinguistico il significato della frase citata potrebbe essere tradotto circa così: "Ascolterò tutti, poi, in ogni caso, io sceglierò ciò che per me é giusto"

E questo, checché se ne dica, non sembra rispondere propriamente ai principi di democraticità...

R Bosio
Editorial staff member of Psychomedia

Tonino Cantelmi wrote:

In questo senso mi sento di appoggiare, al di là della
provenienza, le idee che in coscienza mi sembreranno davvero giuste.
Tonino Cantelmi






Date: Mon, 15 Oct 2001 18:23:24 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: "Dr. Pierluigi Botarelli" <doctorpd@INWIND.IT>
Subject: [PM-SMC] R: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua


T. Cantelmi scrive....

.......Nessuna polemica su carriere fatte, su espletamenti di concorsi e
modalità di reclutamento degli psichiatri in base ad appartenenze varie, su
precedenti posizioni ideologiche palesemente
antiscientifiche, sui NAS che nel Lazio stanno chiudendo tutte le strutture
aperte per chiudere i manicomi e che stanno indagando su finanziamenti e
altro: davvero questo non è nel mio interesse......

E perché invece non parlane seriamente ed aprire un serio dibattito anche su
questi aspetti "veramente scandalosi" della gestione della psichiatria
pubblica in Italia? Fa veramente specie che un organo che si definisce
rappresentativo di tutti gli psichiatri italiani - la S.I. P. (cosa non vera
come già disse Tonino Cantelmi) sia stato a tutt'oggi omertoso su queste
"piccolezze".
E non siamo fuori tema nemmeno con una corretta discissione sulle leggittime
bozze di legge che la maggioranza parlamentare ha presentato in parlamento.
In attesa che i tromboni ritrovino fiato.
Dott. pierluigi Botarelli






Date: Mon, 15 Oct 2001 23:45:09 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: FABRIZIO RAMACCIOTTI <fabramac@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] R: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua


>In attesa che i tromboni ritrovino fiato.
>
>Dott. pierluigi Botarelli


Hanno già ritrovato fiato,indubbiamente.
Steccano un po' sulle note alte ,quando recita,per intendeci"nessuno al
mondo sarà più grande di Roma"
A quando un viaggio negli States,non invitati,non desiderati,per cantare "O
sole mio",e in anglo-napoletano dichiararsi d'accordo"a prescindere"?
Ma non facciamoci riconoscere!!
Almeno fate il militare a Cuneo.

Fabrizio Ramacciotti






Date: Tue, 16 Oct 2001 10:34:16 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: "Dr. Pierluigi Botarelli" <doctorpd@INWIND.IT>
Subject: [PM-SMC] R: Re: [PM-SMC] bozza di legge sul riordino dei servizi
psichiatrici


>...... Gli operatori, forse, dovrebbe anche 'turnare' in strutture
>diverse nel corso degli anni, evitando quei radicamenti anch'essi
>manicomialisti e alla lunga perversi.
>
>Rossella Valdre'

Mi pare questo un aspetto importante, a tutt'oggi ampiamente disconosciuto,
che vada invece aggiunto ad una buona legge in materia di riordino
dell'assistenza psichiatrica. Tanta cronicità nei servizi é anche burn out,
demotivazione, stanchezza, sfiducia, degli operatori. Il lavoro psichiatrico
é un lavoro che, se fatto bene, richiede grande investimento di risorse
personali, come tale é altamente stressante ed alla lunga anche logorante
... quindi cronicizzante per gli operatori stessi.
Finita finalmente la vecchia era dell'indottrinamento ideologico, entriamo
anche in italia, nell'epoca in cui al centro dell'operatività nei servizi
pubblici, deve essere posta la professionalità dei singoli operatori e
professionisti.
Una buona legge in materia deve quindi prevedere norme sancite su:
aggiornamento e continua riqualificazione, obbligatorietà di ruotazione non
solo all'interno dei vari servizi psichiatrici ma anche di altri servizi
territoriali (perché non permettere esperienze in campo tossicologico agli
operatori visto il dilagare delle patologie doppia diagnosi?), supervisione
qualificata sui casi.
La "cura" costante della professionalità degli operatori mi sembra un ottima
arma per rendere l'efficenza di questi ottimale diminuendone di molto il
logoramento personale, la quale in termini di servizio restituito all'utenza
garantisce maggiore possibilità di avere risposte professionali di buona
qualità... e questo non mi sembra poco...
Pierluigi Botarelli Psichiatra - Viterbo






Date: Tue, 16 Oct 2001 11:01:08 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT>
Subject: [PM-SMC] Le rappresentatività


Piero Petrini ha scritto:
>Ma veramente mai pensate che la SIP (Società Italiana di Psichiatria) con i
>suoi 6574 iscritti (tutti medici, quasi tutti psichiatri!) non sia
>rappresentativa?
>Allora cosa è rappresentativo?
.
Mah, io credo che 6.547 iscritti siano più che rappresentativi.

Bisognerebbe però verificare quali siano stati gli iter che hanno portato alla
elezione del Gruppo Direttivo, che, ricordiamolo, è abbastanza
svincolato dalla base.

E questo perché l'attacco alla rappresentatività è stato fatto - e, io credo, in maniera
giusta - proprio ai tempi in cui il Gruppo Direttivo era impersonificato dai baroni.
Ora che il gruppo dei baroni è stato sostituito da altri Colleghi rimangono,
visto che non sono cambiate le regole, i dubbi sulla reale rappresentatività
di una Società che non ha alcun dibattito interno, ma delega una volta ogni
due anni, se ben ricordo, ad un gruppo ristretto di rappresentare gli iscritti.

Per cui se il dato numerico è corretto e rappresentativo le maniere di elezione
e la gestione del Comitato Direttivo rimangono autocratici, quindi non
propriamente rappresentativi.






Date: Wed, 16 Oct 2001 19:10:11 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Antonio Semi <aasemi@TISCALINET.IT>
Subject: [PM-SMC] riassunto


Cari Colleghi: non staro' a ricordare l'importanza degli affetti nel nostro
lavoro (anche teorico) e mi sembra sia stato assai bene che almeno una
parte sia saltata fuori e abbia allietato tutti nella lista. In fondo, e'
bene ricordarci che si vive anche sulla base di una sfiducia realistica e
che le differenze tra noi esistono e sono importanti.
Tenuto conto di questo, mi sbaglio o siamo tutti d'accordo che il paziente
deve avere garantiti tutti i diritti del cittadino? Se si', il problema si
pone nei termini di quali debbano essere gli strumenti giuridici,
organizzativi e scientifici che realizzino queste garanzie.
Vorrei chiedere ai colleghi che lavorano nei servizi pubblici, in
particolare, se potessero dirmi che ne pensano della questione della
cronicita':
- siamo d'accordo che servano in certi casi delle residenze ad hoc?
- come evitare che si ripetano in queste residenze le dinamiche di
disinvestimento umano che portano al manicomio?
- quali dimensioni sono ottimali dal punto di vista
umano-psichico-relazionale e quali dal punto di vista economico?
- quale personale debbono avere queste residenze?

Personalmente sono convinto che (a) queste residenze servano, (b) che siano
altamente rischiose per quanto riguarda la degradazione del clima umano,
(c) che debbano poter essere dimensionate sul progetto che le informa,
stabilendo dei limiti (non meno di dieci e non piu' di 40, ad esempio), (d)
che debbano avere personale particolarmente qualificato (non la cooperativa
o la congregazione con personale sottopagato e\o volontario, per
intenderci) e inserito nei dipartimenti di psichiatria, continuamente formato.
E' una cosa che si puo' chiedere di formalizzare nei ddl?
Che ne pensate? Bisogna pensare anche al destino psichico dei nostri
colleghi - psichiatri e infermieri - che ci lavoreranno! Cordialita' a tutti
A.A.Semi






Date: Sat, 16 Oct 2001 20:02:14 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Chiara Pasini <dyqpas@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] riassunto


Io credo il problema delal cronicità andrebbe pensato prima.

Nella mia limitata esperienza nel servizio pubblico (2 anni presso un centro
di salute mentale e un centro riabilitativo psicosociale) ho potuto
osservare quanto diagnosi e prognosi siano ancora strettamente
indissolubilmente legate in una morsa pericolosa su vari livelli, per
chiunque.

Anni fa ho avuto la possibilità -durante l'università- di svolgere
attività animative in un ex ospedale psichiatrico, per tre anni.
Ho incontrato l'istituzione totale.

Gli ospiti esistono ancora anche se i muri del manicomio hanno cambiato nome
e presentano crepe per la perdita della memoria, la memoria che cura.

venendo alle domande..che lei pone
si, le strutture residenziali servono, per ri-offrire o fornire uno spazio
e un tempo quotidiano che ripercorrano i ritmi familiari e le esigenze degli
individui.
il numero da lei ipotizzato di ospiti (da 10 a 40) posso intuire
economicamente sia adatto, ma emotivamente io credo eccessivo.
Per quanto riguarda il tipo di utenza che possa beneficiare di tali
residenze, credo si possa discutere a lungo, una volta chiarita anche la
dimensione qualitativa di queste residenze.
contenitiva?
riabilitativa?
terapeutica?
assistenziale?

e infine, pensiamo a queste redidenze come "possibilità" o come destini?"
per quanto riguarda il personale,lei parla di psichiatra e infermieri
è possibile prevedere l'utilità e la funzionalità di altre figure professionali?
educatori, animatori, psicologi, logopedisti, ergoterapeuti, psicomotricisti?

buone giornate
Chiara Pasini





Date: Tue, 16 Oct 2001 20:05:28 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Giuliano Casu <giucasu@HOTMAIL.COM>
Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua


----- Original Message -----
From: "Tonino Cantelmi" <tcantelmi@GETNET.IT>
To: <PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
Sent: Sunday, October 14, 2001 11:34 AM
Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua


Mi pare che Cantelmi questa volta non abbia retto al suo ruolo ecumenico e
abbia reagito piuttosto scompostamente alla nota del prof. Maj, il quale non
solo è il presidente dell'associazione più rappresentativa di psichiatri
Italiani (il 70% degli iscritti SIP è occupato nei Servizi), ma è il più
autorevole psichiatra italiano, sia per i suoi lavori scientifici che per il
suo ruolo in seno all'OMS. Capisco l'irritazione, ma così stanno le cose.
Quanto all'"acuta" osservazione dell'On. Guidi sulla 180 mi pare si tratti
di una banale affermazione propagandistica, questa si aprioristicamente
acritica ( Inattuata rispetto a che? Per colpa di chi? Senza la L. 180
avremmo oggi una psichiatria migliore?). Infine i commenti sulle carriere
fatte per appartenenza politica paiono di dubbio gusto, anche perchè per
quel che mi consta (lo dice uno che carriera non l'ha fatta), si tratta di
un fenomeno proporzionalmente rappresentato per tutte le aree politiche.
Per tornare nel merito mi pare che affermare che a 23 anni dalla sua
emanazione la 180 necessiti di adeguamenti e migliorie sia più che
necessario. Contrariamente a quello che ritiene Cantelmi io credo però che
la maggior parte degli psichiatri chieda dei cambiamenti nella direzione
indicata dalla stessa 180 e guardi con perplessità all'impianto complessivo
della proposta Burani. Riservandomi un commento più articolato, che invierò
in un altro momento, devo dare atto comunque alla proposta di legge di avere
gettato il sasso in uno stagno la cui acqua era così ferma (da anni) da
rischiare l'imputridimento. Credo che dopo queste discussioni così accorate
non si potrà più fare finta di niente e qualcosa dovrà pur essere fatto. E
per questo dovremmo essere tutti grati (anche chi si pone in una posizione
critica), all'On. Burani (che mi dicono essere persona gentile e di buon
senso, il che non guasta).

Giuliano Casu, Psichiatra giucasu@hotmail.com






Date: Tue, 16 Oct 2001 21:47:59 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Bosio Roberto <bosirob@TIN.IT>
Subject: [PM-SMC] da Casagrande: RELAZIONE INCONTRO DI ROMA 8/10/01


Giro in lista quanto pervenutomi dal Dott Domenico Casagrande

Dott R. Bosio
Editorial Staff Member of Psychomedia


RELAZIONE INCONTRO DI ROMA 8/10/01
CON ON. BURANI E DOTT. CANTELMI

Ritengo opportuno mettervi al corrente della riunione dell&Mac226;8 ottobre,
svoltasi a Palazzo S.Macuto sulla legge n.147 su „Norme per la
prevenzione e la cura delle malattie mentali, indetta dall&Mac226; On. Burani
Procaccini e dal prof. Tonino Cantelmi.
In data 20/09/01 avevo chiesto al dott. Cantelmi di conoscere il suo
contributo introduttivo alla proposta di legge Burani, nei giorni
successivi venivo contattato da una sua segretaria che mi preannunciava
una prossima convocazione per un incontro; seguiva quindi una lettera a
firma dell&Mac226;On. Burani dello stesso tenore e la convocazione in data
1/10/01, a Roma per l&Mac226;8 c.m.
All&Mac226;incontro erano presenti circa 50 persone, per la maggior parte
psichiatri e per la maggior parte di Roma.
Pur più volte preannunciato non è mai arrivato l&Mac226;On. Antonio Guidi
sottosegretario al Ministero della Sanità.
L&Mac226;On. Burani Procaccini, dopo essersi presentata e avere affermato di
essersi occupata dell&Mac226;argomento anche nella precedente legislatura,
faceva una breve introduzione e affermava che l&Mac226;incontro era non
ufficiale, mentre rappresentanti di associazioni e singoli
professionisti verranno ufficialmente chiamati dalla Commissione. I
rappresentanti dei familiari presenti (es. Andretta della DIAPSIGRA)
erano solo ascoltatori.
I punti salienti della introduzione dell&Mac226;On. Burani si possono così
riassumere:
v Nessuna altra malattia come la malattia psichiatrica presenta una
intrinseca connessione fra sociale e sanitario.
v La legge 180 ha rivelato di essere una legge non sufficiente
v Un problema da superare è il problema dell&Mac226;ideologia che permea il
mondo psichiatrico e quindi è necessario dare risposte pratiche
v Anche le leggi regionali si sono rivelate insufficienti oppure, come
in Emilia-Romagna, si sono rivelate alternative alla 180 per tamponare
le insufficienze della legge 180
v Quindi diventa necessaria una legge che vada ad integrarsi alla 180
v Anche perché il Progetto Obiettivi pecca di ideologia come la legge e
non può supplire alle carenze di legge
v L&Mac226;incontro viene definito come ufficioso, ma necessario. Lo si è
voluto aperto a tutte le critiche perché la legge va sicuramente
migliorata e non si è tenuto conto delle tendenze dei partecipanti.
v Ciò detto tuttavia l&Mac226;impianto che è stato dato (cioè la necessità di
questa nuova legge e dei punti fondamentali da questa sostenuti) non
verrà messo in discussione.
A questo punto è cominciata la discussione, ma essendo presenti circa 50
persone, il tempo è stato limitato a 5 minuti ciascuno,
inflessibilmente.
Le persone intervenute sono state:
MARCO LONGO (Psychomedia), LAGO, GIORDANO (PA), GENNARO ESPOSITO (SA),
MENCACCI (MI), RAJA (RM), TATARELLI (RM), BALBI (RM), RAVIZZA (TO),
PICANO (RM), PETIZIOL (RM), IL SOTTOSCRITTO (VE), pausa caffè, DE MARCO
(LT), SETA (RM), COSTA (RM), TROPEANO (RM), PURPURA (RM), BACIGALUPI
(RM), LA BARBERA (PA), PIPERNO (RM), PETRINI (RM), EPIFANI (RM) e
BERNINI (RM).
Come si vede su 23 interventi 14 sono da ascrivere a colleghi romani e 2
a colleghi del Lazio, non ricordo la provenienza di Lago, Marco Longo ha
dato solo la documentazione del dibattito di Psychomedia.
La maggior parte degli interventi sono stati a favore della legge. Non
ho potuto sentire gli interventi da Bacigalupi a Bernini, perché sono
dovuto correre in stazione per prendere il treno.
Una voce critica è stata quella di Lago, qualche critica è pure venuta
da altri colleghi in particolare Petiziol e Ravizza.
De Marco ha portato il pieno appoggio della SIRP e Seta di Nuova
Psichiatria.
E&Mac226; stata segnalata l&Mac226;assenza della SIP (è stato chiesto a Giordano di
interessarsi in merito).
Logicamente a nessuno è venuto in mente di chiedere di PD (io sono
intervenuto a titolo personale).
Io avevo preparato un intervento di circa 10-15 minuti che non ho potuto
fare a causa della brevità del tempo e che ho consegnato scritto e che
qui allego.
Nei 5 minuti concessi ho sostenuto che:
ÿ La proposta Burani non integra, ma sconfessa totalmente la legge 180 e
comunque una nuova legge occorre anch&Mac226;essa di dispositivi applicativi e
può essere anch&Mac226;essa interpretata dalle varie Regioni.
ÿ Ho riproposto il concetto della complessità della malattia e della
globalità della presa in carico come concetti ormai entrati nella
cultura psichiatrica, come elementi unificante le varie tendenze
psichiatriche. Inoltre ho affermato come, questo modo di intendere e
trattare la malattia psichiatrica, avesse contribuito alla
collaborazione fra SIP e PD per la formulazione dei Progetti Obiettivi
(rumore in sala e qualcuno si è rivolto verso Giordano come per chiedere
conferma, ma anche per manifestare dissenso).
ÿ Ho concordato con alcuni degli interventi precedenti sulla critica al
largo uso del TSO, al rischio di creare piccoli manicomi con le SRA di
50 posti letto, ma soprattutto ho sottolineato come l&Mac226;attribuire la
responsabilità del TSO al medico psichiatra, oltre che essere difficile
da sostenere (la libertà individuale non può essere limitata da un atto
medico, ma da un atto giuridico), in accordo alle varie commissioni
locali, regionali e nazionali di controllo, fanno sì che la cura
divebnti custodia. Senza poi parlare degli infermieri che dovrebbero
diventare dei poliziotti.
ÿ In definitiva, pur convenendo sulla necessità di legare i
provvedimenti a ben precisi finanziamenti e a mettere in opera sanzioni
per Regioni o Aziende ULS inadempienti, ritenevo la nuova legge non solo
non necessaria, ma addirittura pericolosa e meno garantista della legge
del 1904 ( ho fatto l&Mac226;esempio fra la prassi del ricovero previsto dal
regolamento del 1909 e la prassi usuale intervenuta del ricovero
d&Mac226;urgenza).
Ritengo a margine sottolineare alcune cose:
1. L&Mac226;assenza dell&Mac226;On.Guidi
2. L&Mac226;assenza di altre persone che avevano dato al loro disponibilità e
che non sono state invitate
3. La presenza di colleghi romani, ma l&Mac226;assenza di tutti quelli che io
conosco.
4. L&Mac226;affermazione dell&Mac226;On. Burani che il ‰dispositivo non si cambia‰
5. L&Mac226;impossibilità del dibattito
6. Il poco tempo a disposizione per esprimere concetti critici che non
fossero semplici affermazioni
7. La presenza dell&Mac226;Andretta senza possibilità di parole
A voi le conclusioni

Un caro saluto
Nico Casagrande
mercoledì 10 ottobre 2001






X-Sender: rzza91k1@ve.nettuno.it
X-Priority: 1 (Highest)
Date: Tue, 16 Oct 2001 23:04:33 +0200
Reply-To: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT>
Subject: [PM-SMC] La legge e le neuroscienze
To: PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT

E' strano e significativo che le nuove proposte legislative non tengano in
assoluto conto quelli che sembrano essere i futuri nuovi sviluppi della
psichiatria.
Vi è un visibile jato tra scienza e politica e questo era alla base di una
domanda da me, impertinentemente, fatta ad un Collega che esibiva
credenziali politiche.E cheillustrò esperienze assai locali, mi sembra.
Certo non particolarmente impressionanti.

E' un po' come pianificare una nuova autostrada senza tener conto dei futuri
nuovi modelli di automobili.
Vi piacerebbe che l'autostrada fosse pianificata come ai tempi delle Balilla
o delle 600?

D'altro canto anche alcuni "soi disant" epistemologi mi pare si sprechino in
diatribe da toeletta, anzichè apportare un contributo fattivo in senso
scientifico.
Salvo poi concludere in gloria dicendo che queste liste "dovrebbero" essere
votate al dibattito scientifico.
(Firenze porta male agli epistemologi "soi disant" che diventano aggressivi
e scurrili, en privé).

Le neuroscienze dopo il primo passo di coalescenza di varie e diverse
discipline (neuroanatomia, neurofisiologia, neurobiochimica) , grosso modo
dagli anni 50 agli anni 60.
Ne fecero un secondo con la scoperta - tra gli anni 60 e gli 80 - della
biologia molecolare e della genetica molecolare.
Il terzo passo è tutt'ora in sviluppo e vede la fusione delle neuroscienze
con la psicologia cognitiva.

Il fatto che la psicologia cognitiva in Italia abbia avuto relativamente
pochi seguaci spiega abbondantemente perché le neuroscienze stesse - e con
esse la psichiatria- siano al passo.

Questi stadi hanno avuto, corrispondentemente, le loro istituzioni negli
USA, dal Walter Redd Army Institute of Research al Dipartimento di
Neurobiologia della Harvard Medical School.
Niente di tutto ciò in Italia dove il pregevolissimo "Mario Negri" di Milano
è ridimensionato e dove l'Istituto Superiore di Sanità - una volta fiore
all'occhiello dello Stato Italiano - langue in un tran-tran da istituzione
in declino. Così come a Roma ove i Capi di altri prestigiosi Istituti si
sprecano in ripetitivi libri divulgativi [assai ben scritti, in verità]
senza apportare alcun fattivo contributo alla ricerca.

Eppure non credo proprio che il trattamento di una schizofrenia, acuta o
cronica, sia eguale nel 2001 a quello che era nel 1980. E neppure il
trattamento dei Disturbi Affettivi, per non parlare dei grandi sviluppi
fatti dall'approccio psicoterapico di Disturbi di Personalità.

Così come i talebani hanno distrutto l'Afghanistan (e non ci voleva molto
dopo quello che avevano fatto i russi) penso che i moderni araldi della
"rivoluzione psichiatrica" abbiano raso al suolo quello che restava di una
psichiatria già abbondantemente vessata da una gestione baronale che credo
nessuno rimpianga.

Pensare di inserire i risultati scientifici delle neuroscienze in un
progetto di legge suona così assurdo ?
All'inizio del 900 i Manicomi furono creati su ipotesi "scientifiche"
(almeno lo erano per quel tempo).

Perché fare una legge su ipotesi demagogiche chiedendo pareri a destra ed a
manca anziché agli specialisti del settore ? Pare nessuno se ne accorga e
pare le ipotesi o i suggerimenti possano venire da tutti i possibili "lay
men". Signori, mi spiace, non è così. Così non si fanno le autostrade, nè i
tunnel, né i progetti di ricerca.
Così si fa solo pura demagogia. Ovvero si fa politica. All'italiana.






Date: Tue, 16 Oct 2001 23:13:18 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Rossella Valdrè <scarlet@COCCO.NET>
Subject: Re: [PM-SMC] riassunto


Semi ha scritto:

>-" siamo d'accordo che servano in certi casi delle residenze ad hoc?
>- come evitare che si ripetano in queste residenze le dinamiche di
>disinvestimento umano che portano al manicomio?
>- quali dimensioni sono ottimali dal punto di vista
>umano-psichico-relazionale e quali dal punto di vista economico?
>- quale personale debbono avere queste residenze?
>
>Personalmente sono convinto che (a) queste residenze servano, (b) che siano
>altamente rischiose per quanto riguarda la degradazione del clima umano,
>(c) che debbano poter essere dimensionate sul progetto che le informa,
>stabilendo dei limiti (non meno di dieci e non piu' di 40, ad esempio), (d)
>che debbano avere personale particolarmente qualificato (non la cooperativa
>o la congregazione con personale sottopagato e\o volontario, per
>intenderci) e inserito nei dipartimenti di psichiatria, continuamente formato.
>E' una cosa che si puo' chiedere di formalizzare nei ddl?
>Che ne pensate? Bisogna pensare anche al destino psichico dei nostri
>colleghi - psichiatri e infermieri - che ci lavoreranno!"

Vorrei provare a rispondere a Semi, e a me stessa che mi pongo le stesse
domande.
Non lavoro esattamente nel servizio pubblico, ma comunque nelle strutture
residenziali.
Quando ci fu la chiusura definitiva degli ex OO.PP. nel '98, ero
responsabile di una struttura genovese destinata a loro, pz. dismessi dai
due manicomi, altamente cronicizzati. La struttura nasceva appositamente, e
devo dire che la ricordo come una delle piu' significative esperienze
professionali della mia vita.

a) penso che servano. Almeno allo stato attuale. E' possibile che una
migliore assistenza domiciliare e sul territorio possa contrarre la
domanda, ma che tuttavia non sparirebbe. Col passare degli anni, lamaggior
parte dei pazienti restano soli, e non si assiste ad una vera scomparsa
della patologlia, semmai ad un grave deterioramento in cui residuano tracce
di aggressivita'.
b) questo e' il punto cruciale. Il manicomio e' un tipo di residenza che
forse tende a riproporsi in psichiatria. Come ovviare e' difficile a dirsi.
Molto sinteticamente, non ricreando quelle condizioni che erano del
manicomio, e cioe': i grossi numeri; gli ampi spazi extraurbanizzati; la
'cittadella ' psichiatrica autosufficiente dove c'e' tutto, compreso
negozi, servizi, ....; l'alto tasso di personale infermieristico che poi
tende, difensivamente, a coagularsi in sottogruppi e lobbies, isolando i
medici e il resto del personale; abolendo il pensiero e la ricerca;
puntando sul controllo sociale e la custodia.....
c) dal punto di vista umano andrebbe bene anche 20-30 persone, forse dal
punto di vista economico si puo' arrivare a non piu' di 40. Con adeguati
spazi, in parte comuni e in parte separati.
d)equipe pluriprofessionali, a direzione di uno psichiatra che non crei un
clima rigido e verticistico, personale infermieristico qualificato e
soprattutto educatori professionali. Altre figure 'esterne', quali
terapeuti della riabilitazione di varia natura, possono e debbono
affiancarsi, con criteri variabili a seconda delle caratterisitche del
progetto e degli ospiti.

Il destino di chi ci lavora e', a mio avviso, effettivamente a rischio.
Tornando al punto b), la migliore profilassi pare essere quella di evitare
gli insediamenti paramanicomialisti, che in realta' sono piu' dietro
l'angolo di quanto non si creda. Ci terrei a sottolineare che non e' l'eta'
dei pazienti o il grado di cronicizzazione il punto dirimente, ma il clima
particolare che si viene a creare in una struttura, l'apertura o meno
all'esterno, la tolleranza della confusione, del dubbio e delle ambiguita'
del nostro operare, la curiosita', l'evitamento della solitudine degli
operatori, confinati troppo spesso in isole (anche quando sono 'felici'), e
altro ancora. Gli operatori, forse, dovrebbe anche 'turnare' in strutture
diverse nel corso degli anni, evitando quei radicamenti anch'essi
manicomialisti e alla lunga perversi.

per ora, mi fermo
un saluto a tutti

Rossella Valdre'





Date: Wed, 17 Oct 2001 00:12:24 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: FABRIZIO RAMACCIOTTI <fabramac@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] riassunto


Salutando Antonio Semi,proverò ad esprimere la mia opinione seguendo la
traccia da lui proposta.

* si vive anche sulla base di una sfiducia realistica e
che le differenze tra noi esistono e sono importanti.

La differenza è ricchezza perchè da possibilità alla dialettica,ma se è
differenza sul"come"realizzare un obiettivo condiviso.
Se invece la differenza è sui valori,sul senso delle regole non può non
ingenerare uno scontro distruttivo .

*mi sbaglio o siamo tutti d'accordo che il paziente
deve avere garantiti tutti i diritti del cittadino?

Questo è il punto.
Non credo che tutti siano d'accordo sul valore imprescindibile della
libertà e sulla reciprocità delle regole che possano consentire i
riconoscimenti delle libertà reciproche.
Nella mia educazione la parte della mia famiglia Liberal-Socialista mi
insegnò che "la mia libertà termina dove inizia quella dell'altro",la parte
Anarco-socialista che"La mia libertà estende quella degli altri
all'infinito".
Personalmente sono giunto alla conclusione che il diritto di cittadinanza si
incardini essenzialmente sul concetto di libertà che possa essere definito
"la libertà degli altri estende la mia all'infinito"e nel caso del cittadino
che soffra della sventura di soffrire di una malattia mentale questo
concetto diviene imprescindibile.
In realtà troppe volte si gioca falsamente la contradizione della libertà
dei cittadini "sani"in antagonismo alla libertà del cittadino" folle".
Il problema è reale ma in questi anni l'antinomia si è in realtà centrata
tra la libertà dello psichiatra (legittima)e la libertà del
paziente(altrettanto legittima).
Non è un caso che la responsabilità dello psichiatra sia sempre stata
invocata nei confronti dei"sani" e quasi mai nei confronti del "folle"

*quali debbano essere gli strumenti giuridici,
organizzativi e scientifici che realizzino queste garanzie.

Credo che nessuno di noi possa essere così autoreferente da affermare
certezze in questo campo.
L'Evidence Based incrina ogni giorno il poco che con fatica eravamo riusciti
ad apprendere e il sapere scientifico,paradossalmente pare diminuire
di"volume"quanto più gli strumenti operativi di cura divengono efficaci.
Certo è che reputo comunque illiberale qualunque legge che renda impossibile
o comunque infici il cotratto terapeutico e dia al curante ruoli di pubblica
sicurezza.

*Vorrei chiedere ai colleghi che lavorano nei servizi pubblici, in
particolare, se potessero dirmi che ne pensano della questione della
cronicita':

Dal punto di vista di chi cura preferirei "Lungoassistenza" non per negare
la permanenza dei danni ma per mettere in primo piano la necesità di evitare
lo stigma.

*- siamo d'accordo che servano in certi casi delle residenze ad hoc?

Servono le residenze,servono i DH,gli ambulatori,le visite domiciliari serve
e funziona tutto se "tutto" è presente ed integrato, se i programmi
terapeutici sono orientati al paziente e non predeterminati dalla mancanza
nel sevizio non solo della risorsa intesa come mancanza di finanziamento, ma
anche come articolazione ,pluralità della possibilità della risposta.
Se è necessario fare l'"abito su misura" al paziente l'approcio alla
costruzione del progetto deve esserte laico,non predeterminato dall'offerta.
Prima di dire dove e come è necessario definire cosa e perchè.

*- come evitare che si ripetano in queste residenze le dinamiche di
disinvestimento umano che portano al manicomio?

Nella mia esperienza ,non considerando le residenze come esaustive della
risposta terapeutica,ma piuttosto come "famiglie ultra-sane" che non
sostituiscono il luogo della terapia che comunque sta "nel centro di salute
mentale" inteso come luogo non solo fisico del contratto terapeutico.


* quali dimensioni sono ottimali dal punto di vista
umano-psichico-relazionale e quali dal punto di vista economico?

Le dimensioni di convenienza economica non sono valutabili se non in
rapporto alla disponibilità di finanziamento e quindi all'investimento della
collettività sul problema.
Un bene"impalpabile" come la salute non obbedisce a criteri di economicità
ma a criteri di opportunità e sostenibilità della spesa.
oltre ovviamente alla correttezza del rapporto costi benefici.
Una struttura costa in spesa corrente circa un miliardo sia che assista 6/8
pazienti sia che ne assista 15.
ma se deve essere una "famiglia-ultra sana" come fa ad avere oltre i 6/8
pazienti e gli 8/9 operatori necessari cioè 14/17 componenti? diventa
"troppa gente in casa".

*- quale personale debbono avere queste residenze?

quello che serve a "quei pazienti" su programmi mirati.

* che siano altamente rischiose per quanto riguarda la degradazione del
clima umano,

assolutamente d'accordo.
Bisogna provvedere a sostenere gli operatori come e di più di quanto si
sostengono i familiari e a trovare sistemi di turn over,di allontanamenti
parziali....
e sostenere i pazienti per evitare che si sentano"cronici" e trovare anche
per loro sitemi di turn over di allontanamenti parziali....

*(che debbano avere personale particolarmente qualificato (non la
cooperativa
o la congregazione con personale sottopagato e\o volontario, per
intenderci) e inserito nei dipartimenti di psichiatria, continuamente
formato

che il "privato sociale" stia dimostrando i limiti della non
professionalità a fronte dei vantaggi del basso costo ......è davanti agli
occhi di tutti.
Che però sistemi di welfare mix(direzione pubblica e gestione privata)
possano aprire prospettive interessanti......ma è un argomento che
meriterebbe un dibattito a se.

Alberto ti saluto e passa quando vuoi dai servizi dove hai lavorato.
Magari ci puoi dire che differenze noti e darci qualche idea.

Fabrizio Ramacciotti






Date: Wed, 17 Oct 2001 10:05:01 +0100
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Leonardo Ancona <amangiarotti@PELAGUS.IT>
Subject: [PM-SMC] R: [PM-SMC] riassunto


Caro Semi,
sto seguendo la questione relativa al proposito di modificare la
180, trovo che vi sia una grande confusione al riguardo, aderisco a ciò che
ha scritto al proposito Mario Maj, l'attuale presidente della Società
Italiana di Psichiatria, tuttavia mi trovo in pieno accordo con quanto tu
hai detto su PM-SMC; qualche perplessità la ho sul numero di 40 persone da
comprendere in una residenza. Con cari saluti
Leonardo Ancona






Date: Wed, 17 Oct 2001 15:11:53 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: "Gaetano Dell'Anna" <067822953@IOL.IT>
Subject: [PM-SMC] Strumenti giuridici, organizzativi e scientifici.


Salve,
ritorno tra voi dopo un lungo periodo di assenza, durante il quale ho
tuttavia seguito assiduamente gli scambi nelle liste.
Un saluto particolare a M@rco del quale ho seguito col cuore le vicende.

Da psicologo, quale mi onoro di essere, vorrei ora spendere qualche parola
collegandomi, tangenzialmente, alle argomentazioni di Semi e Ramacciotti.
La frase che ho riportato nell'oggetto sembra, a me, contenere interamente
la problematica che riguarda i rapporti tra "mondo curante" e "mondo che
viene curato".

La sanità comunemente detta, infatti, si avvale in modo massiccio di
strumenti giuridici, organizzativi e scientifici, e non c'è chi si meravigli
di ciò. Questo perché, naturalmente, il cittadino ha diritto a un sistema
che si prenda cura dei suoi malanni in modo scientificamente attendibile.
Vero è che ci sono sconfinamenti anche esagerati, che passano attraverso
attese di prevenzione fondate troppo spesso sulle paure indotte dai "media"
per interessi di audience (o peggiori), e recepite dagli organi politici
messi sotto pressione.
Però il diritto c'è; il cittadino è un avente diritto.

*...siamo tutti d'accordo che il paziente deve avere garantiti tutti i
diritti del cittadino...

D'accordo. Però, chi si farà carico di quella garanzia?
Chi soffre nell'apparato psichico certo non è un avente diritto come tutti
gli altri.
Uno dei principi su cui si fondò la battaglia per la legge 180 - la
necessità di ricondurre il rapporto di tutela nel naturale alveo sociale e
familiare - dice già che il paziente psichiatrico ha bisogno che altri si
occupino del fatto che anche lui ha diritto a sistemi di cura
scientificamente istruiti.

Occorre allora definire, caso per caso, chi sia il terzo partecipe al quale
domandare di farsi carico di quell'esercizio del diritto che non si può
affidare al paziente medesimo.
Può essere questo terzo l'istituto stresso fornitore del servizio?
Può essere il personale di diversa professionalità ivi impiegato?
Può essere una parte politica o sociale? E quale?

Esiste un sistema giudiziario di tutela dei diritti del minore; è vero che
abbisogna di notevoli correttivi, ma almeno c'è.
Per il paziente psi. c'è piuttosto, in apparenza, un sistema che si tutela
rispetto a lui sulla base della stessa"sfiducia realistica" che fonda la
maggior parte delle istituzioni di garanzia.

Io ho pensato che - invece di aspettare proposte di parte politica, e poi
partecipare ai cori, pro o contro - si potrebbero istituire nelle aree
professionali interessate, gruppi, commissioni, funzioni insomma che
partoriscano qualcosa di propositivo, ma a monte dell'iniziativa pubblica,
definendo, e comunicando, (come faceva Basaglia, ricordate?) con la
necessaria dignità di posizioni e consistenza di valore scientifico, che
cosa si può fare, indicando come farlo e, se possibile, con quali risorse.

In tale sede, o altra, comunque superiore e neutrale rispetto all'agone
political-sociale, si potrebbero certamente considerare opportunità e
necessità; a meno che un tale organismo, piuttosto che fornire referenze
organizzative non si limiti a istituire e mantenere se stesso, come talvolta
è successo.

Un saluto.
Gaetano
_____________________________________________________
Gaetano Dell'Anna - PSICOLOGO
Via Michele di Lando, 26 int.2 00162 Roma
Telef.: 06-7822953 (Ab.) 347-3736218 (Cell.)
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per la Vita, l'Impresa, l'Organizzazione e il LAvoro
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Editorial Staff Member of Psychomedia
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Date: Wed, 17 Oct 2001 22:30:02 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua


> dalla parte della 180, questa volta scendono in campo due partner
> d&Mac226;eccezione: le famiglie dei malati,...e la quasi totalita' degli
> psichiatri italiani,

Al proposito, su altra lista, a mia osservazione di stampo opposto,
mi fu risposto:
L'opinione della maggioranza di una qualsivoglia categoria
professionale puo' essere considerata, al massimo, un sondaggio.
...
Spentasi precocemente l'eco del mitizzato "evidence based",
siamo al populismo scientifico?

> si tratta di una legge quadro che fissa alcuni principi, lasciando poi
> alle singole regioni il compito di definire i contenuti organizzativi:
> l&Mac226;articolazione dei dipartimenti, dei centri di salute mentale o delle
> residenze.

A mio parere, una legge seria deve stabilire le strutture essenziali
per assicurare su tutto il territorio nazionale livelli minimi ed
uniformi
di assistenza (CSM ed SRA); fatto questo, ogni regione legifera in
senso migliorativo, ma le strutture essenziali devono essere create
obbligatoriamente da tutte le regioni ed aziende sanitarie locali.






Date: Wed, 17 Oct 2001 22:30:13 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua (2)


Fabrizio Ramaciotti Wrote:

> purtroppo per chi? per chi "non collabora con le attuali forze governative"?

Ma che', e' lecito solo collaborare con le forze sinistre? Se e'
cosi'
mi autoaccuso di collaborazionismo filo-governativo.
Dai smettiamola con queste frecciate, fate la vostra opposizione ma
fatela seria, sui contenuti.






Date: Wed, 17 Oct 2001 22:30:21 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua (3)


Roberto Bosio scrive:

> Purtroppo da un punto di vista psiconeurolinguistico il significato della
> frase citata potrebbe essere tradotto circa cosi': "Ascoltero' tutti, poi,
> in ogni caso, io scegliero' cio' che per me e' giusto"

Non capisco la tua meraviglia: alla fine della discussione qualcuno
deve
pur decidere.
E decide chi ha il potere (il diritto-dovere) di farlo; in democrazia
ha il potere di decidere chi ha ricevuto dagli elettori la maggioranza
dei
consensi.
Capisco che certa sinistra, nostalgica dei metodi leninisti delle
avanguardie e delle elite autoreferenziali, fatichi ad adattarsi ai
nuovi
metodi, ma ormai e' cosi'.






Date: Thu, 18 Oct 2001 00:18:43 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Albertina Seta <a.seta@MCLINK.IT>
Subject: [PM-SMC] Precisazione a Casagrande


cari colleghi,
solo una precisazione all'intervento del Dott. Domenico Casagrande girato
alla lista dal Dott. R.Bosio

>De Marco ha portato il pieno appoggio della SIRP e Seta di Nuova
>Psichiatria.

potrà sembrare una pignoleria, ma ci sembra opportuno chiarire che:

1) l'appoggio di Nuova Psichiatria all'iniziativa di PdL dell'On.Burani è
riferito al fatto di promuovere una nuova legge per la psichiatria che vada
a sostituire la 180, e, quanto a questo, ha ragione il Dott. Casagrande,
l'appoggio è pieno e totale.

2) la circostanza di un parlamentare che, pur potendo contare su una
maggioranza di governo, dà la possibilità a colleghi di diverso
orientamento di partecipare con contributi tecnici, ci è parsa poi
un'occasione "non consueta" di confronto critico della quale approfittare
per esporre il nostro punto di vista.

NUOVA PSICHIATRIA






Date: Thu, 18 Oct 2001 03:42:05 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Fabio Canegalli <ilcane@tin.it>
Subject: [PM-SMC] R: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua (3)


> E decide chi ha il potere (il diritto-dovere) di farlo; in democrazia
>ha il potere di decidere chi ha ricevuto dagli elettori la maggioranza dei
>consensi.
> Capisco che certa sinistra, nostalgica dei metodi leninisti delle
>avanguardie e delle elite autoreferenziali, fatichi ad adattarsi ai nuovi
>metodi, ma ormai e' cosi'.
>
>Andrea Mazzeo


Caro Andrea,
affettuosamente ...... e scherzosamente....
se continui su questi toni.....
qualcuno ti ribattezzerà
l'Emilio (Fede) delle liste psichiatriche.....

ripeto... affettuosamente
.. e scusate l'off topic....

Fabio Canegalli






Date: Thu, 18 Oct 2001 14:04:16 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Carlo Gozio <cgozio@LIBERO.IT>
Subject: [PM-SMC] RIFORMA DELLA 180? DOCUMENTAZIONE e SONDAGGIO


All' indirizzo

http://www.psichiatriabrescia.it

RIFORMA DELLA 180? DOCUMENTAZIONE
i testi delle leggi, delle proposte di legge, dei commenti degli articoli
apparsi sui giornali

Le leggi e le proposte di legge

* LEGGE 180 COME RECEPITA DALLA LEGGE 833 DEL 1978
* Progetto obiettivo "Tutela salute mentale 1998-2000"
* Progetto di legge della on. Burani Procaccini (Forza Italia)
* Testo della proposta di legge per la salute mentale dell'on Cè (Lega)
* PROPOSTA DI LEGGE n 844 d'iniziativa del deputato CENTO (Gruppo Misto
Il Girasole) in tema di tutela della salute mentale
* Resoconto delle sedute del 19 e 20 settembre della Commissione Sanità
sulla proposta di legge Burani Procaccini

Tabella di confronto tra legge 180 e proposte di leggi Burani e Cè

Commenti

* relazione introduttiva del dr Tonino CAntelmi alla proposta di legge
Burani
* Mario Maj, Presidente della Società Italiana di Psichiatria, sulla
riforma della 180
* Psichiatria Democratica sulla proposta di legge "Burani Procaccini"
* La Società Italiana di Psichiatria sulla "riforma" della 180
* ...e la risposta del dr Cantelmi, consulente della on. Burani
* La Consulta Nazionale per la Salute Mentale chiede un nuovo impegno
sulle problematiche della salute mentale. Lettera al Ministro Sirchia
* LINK al dibattito svoltosi sulla mailing list di Psychomedia

La stampa

* da IL MATTINO del 22/9/2001 Psichiatri e familiari: "No ai nuovi lager"
* da Repubblica del 21/9/2001 Così s'ignora la sofferenza e si aiuta la
sanità privata" L'ex ministro Rosy Bindi: pensano già a 30 mila posti letto
* "LA 180 È DA RIFORMARE" TORNANO I MINIMANICOMI" M. Reggio da Repubblica
21 sett 2001
* l'Unità dell'8 ottobre 2001 - "Peccato che sia Italia" di Giuseppe
dell'Acqua
* Nantas Salvalaggio su OGGI

_________________________________________________________________________
Continua inoltre il SONDAGGIO sulla 180 e le proporste di riforma.
Questi i risultati ad oggi, con  338 voti espressi

Qual'è il suo parere sulla legge 180
     
  1.) E' una buona legge, va bene così 33%
  2.) E' una buona legge, ma non è stata applicata 28%
  3.) Va cambiata in tutto o in gran parte 38%

 Esprima il Suo parere sulla legge di riforma della 180 - "Burani
Procaccini"
   
  1.) Parere positivo 38%
  2.) Dubbio 3%
  3.) Parere negativo 59%


La redazione di
Salute Mentale a Brescia
dell'Associazione Laura Saiani Consolati






Date: Thu, 18 Oct 2001 17:45:50 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: "G.G.Giacomini" <giacomin@LIBERO.IT>
Subject: [PM-SMC] P.d.l. Burani, M.Maj,
psichiatria accademica e altre burle.


In data 12 ottobre Mario Maj, Presidente della Società Italiana di
Psichiatria, ha comunicato, tramite P.Petrini:

"La guerra di religione che si profila a proposito della legge 180 solo
in minima parte è espressione di difficoltà e contrasti interni al mondo
della tutela della salute mentale; in larga misura, invece, essa è il
prodotto di conflitti e contrapposizioni ideologiche che a quel mondo
sono estranei.

Le strutture residenziali vanno sicuramente meglio regolamentate.

Già oggi purtroppo in alcune di queste strutture si ritrovano realtà
simili a quelle dei vecchi manicomi, per la concentrazione dei
pazienti, la spersonalizzazione, l'incuria e l'abbandono. Aumentare
il numero dei posti in ciascuna di queste strutture fino a 50, con
possibilità di accorpamento di più strutture, come una delle proposte
di legge in discussione prevede, e accentuarne la natura
custodialistica a spese della connotazione socio-riabilitativa, come
fanno entrambe le proposte di legge, non farebbe altro che aumentare
il rischio della riproduzione di realtà manicomiali."

Commento.

L'articolo a firma del presidente SIP Mario Maj (il cui testo, a quanto
sembra, è stato approvato dall'esecutivo della Società Italiana di
Psichiatria, colonizzata dagli universitari), comparso in lista il 12/10/01,
è un istruttivo esempio della tartuferia accademica nostrana..
Tale documento lascia intendere che la soluzione dei problemi sollevati
dall'attuale dibattito sulla legislazione per l'assistenza psichiatrica
dovrebbe risiedere unicamente nella deideologizzazione dei contrasti
attualmente esistenti attorno alla legge 180 e nell'adozione di
provvedimenti puramente "tecnici" e "socio-culturali", i quali dovrebbero
garantire la promozione della connotazione "socio-riabilitativa" delle
strutture assistenziali, preservandole da ogni possibile involuzione di
natura "custodialistica", tipica del vecchio manicomio.
In tal modo, però, sembra cha la psichiatria universitaria non riesca a
scorgere, nell'ambito dell'assistenza psichiatrica, altre alternative
metodico-culturali che non siano, da un lato, quella "custodialistica"
(legata alla vituperata ideologia dell'"alienato mentale" e della sua
"pericolosità") e, dall'altro lato, quella, innovativa, "socio-
-riabilitativa" (che considera la sofferenza mentale esclusivamente
come conseguenza di squilibri sociali, per i quali, pertanto, si
richiederanno correttivi a livello politico, piuttosto che interventi di
carattere medico).
Un simile semplicismo risulterebbe letteralmente stupefacente se ad esso non
ci avesse abituato, ormai da molti decenni, il radicale analfabetismo
epistemologico della psichiatria accademica nostrana (come già per il
passato abbiamo avuto occasione di dimostrare attraverso la nostra ricerca e
come, più recentemente, per sommi capi, abbiamo illustrato in questa ed in
altre liste).
In realtà è veramente increscioso che, agli inizi del terzo millennio, la
psichiatria accademica nostrana non abbia da offrire altro modello
culturale, al fine di superare l'ideologia manicomiale (risalente alla legge
36/1904), che non sia quello "socio-riabilitativo": quest'ultimo, infatti,
per quanto meritori o sotto il profilo del soccorso umanitario, non può
certo considerarsi né qualificato, da un punto di vista scientifico ed
epistemologico, né sufficiente, sul piano pratico, per risolvere, secondo i
criteri di un'assistenza differenziata e sistematica, la vasta gamma dei
problemi presentati dagli stati di sofferenza psicopatologica.

Per avere un'idea del grossolano semplicismo con cui viene affrontato il
problema clinico da parte della "scienza" psichiatrica nostrana, basterà
soffermarsi sul modo come viene impostato, ad esempio, il problema delle
cosiddette "strutture residenziali".
"Le strutture residenziali - ci dice il documento SIP - vanno sicuramente
meglio regolamentate".
E ci spiega come:
"Sono necessari criteri per l'accreditamento di queste strutture,
sia pubbliche che private, che riguardino non solo gli spazi, i
posti e il numero degli operatori, ma anche le attività che in esse
debbono svolgersi."

Secondo un simile discorso, sembra che tutto il problema relativo a tali
strutture debba risolversi in funzione di provvedimenti di carattere
burocratico, amministrativo, logistico, ludico e simili.
Neanche un cenno sui gravi problemi di carattere clinico (che sono poi
quelli mai seriamente affrontati, sin dalle origini, dai bramini dell'uni-
versità), dai quali dipendevano i vizi d'origine del vecchio manicomio.
Com'è noto, in una tale istituzione, i reparti "residenziali" risultavano
differenziati secondo criteri di alta professionalità clinica: vi erano, ad
esempio, i reparti che accoglievano i "malati" "SUDICI", mentre, invece, gli
"alienati" "PULITI" venivano alloggiati in separati reparti. Un'altra
importante categoria "psicopatologica" era rappresentata dagli "AGITATI", i
cui reparti erano differenziati da quelli destinati alla categoria
"psicopatologica" dei "TRANQUILLI". E così via.
In funzione di questi geniali criteri di psicopatologia clinica, poteva
perciò accadere, com'è facilmente intuibile, che in uno stesso reparto, ad
esempio, quello degli "agitati", venissero a trovarsi, affastellati in un
sol fascio, pazienti che, dal punto di vista propriamente psicopatologico,
risultavano pertinenti a categorie nosografiche e a tipologie cliniche assai
differenti, quali intossicazioni alcoliche acute e croniche, processi
degenerativi neurobiologici della più diversa natura, quadri ciclotimici in
fase maniacale, stati dissociativi, deliri di rapporto sensitivo, quadri di
ansia acuta di tipologia psicopatica, ecc.

Non sembra dubbio che qualora, già nel vecchio ospedale psichiatrico, i
criteri dell'assistenza fossero stati quelli dell'autentica psicopatologia
clinica (che non risulta fossero, neanche allora, proibiti da alcuna legge)
i ricoverati avrebbero potuto usufruire non solo di cure più adeguate, ma
anche di un trattamento più civile dal punto di vista umanitario. Anche se
la vecchia istituzione manicomiale risultava pesantemente condizionata da
norme gravemente lesive dei diritti alla libertà della personalità umana,
nessuna disposizione impediva, tuttavia, agli psichiatri di svolgere i
propri compiti in modo conforme ai canoni della propria scienza e della
propria professione. In tal senso, si sarebbe almeno potuto evitare che una
persona inquadrabile in una tipologia psicopatica (come un delirio di
riferimento in una personalità sensitiva) venisse trattata alla stessa
stregua di una schizofrenia processuale o, addirittura, di una cerebropatia
con un'analoga sintomatologia.
In effetti, già nei primi decenni del secolo scorso era stata tracciata,
dalla psicopatologia moderna, una netta differenziazione tra le cosiddette
malattie mentali a fondamento neurobiologico ( e che più propriamente
sarebbero da definirsi "cerebropatiche") ed i quadri psicopatici
(personalità psicopatiche e loro reazioni e sviluppi), per i quali, men che
mai, si dovrebbe parlare di "malattia", così che, per essi, sarebbe da
escludersi ogni valutazione di tipo diagnostico (che dovrebbe essere invece
riservata esclusivamente ai disordini mentali a fondamento cerebropatico).
Questa fondamentale distinzione tra psicosi (a fondamento neurobiologico) e
psicopatie (attribuibili a problematiche della personalità), teorizzata sul
piano metodologico, nosografico e diagnostico dalla più moderna
psicopatologia integrazionistica (K.Jaspers, K.Schneider ed altri), consente
di inquadrare in modo adeguato i principali problemi della clinica e
dell'assistenza in psichiatria. Nella sue linee essenziali, essa è anche
condivisa, pur con qualche variante teoretica e terminologica, anche
dai più qualificati esponenti della psicopatologia integrazionistica
funzionalistica. A questo riguardo, infatti, O.Bumke così si esprimeva:

"Tutti i luoghi di cura per alienati accolgono DUE SORTA DI MALATTIE
ETEROGENEE - considerate secondo l'origine loro - le quali, per lo meno
immediatamente, non passano l'una nell'altra e, tutt'al più, solo
incidentalmente qualche volta coincidono, e sono le MALATTIE CEREBRALI
e le PSICOSI FUNZIONALI.
Nella paralisi progressiva, nella lue cerebrale, nella demenza senile,
nell'arteriosclerosi, nei tumori del cervello e nelle conseguenze di certe
ferite, per citare solo le forme più importanti, un processo patologico
grossolano si innesta nel meccanismo cerebrale normale, lo distrugge o per
lo meno lo disturba; ne derivano, oltre ai segni somatici della malattia,
determinati sintomi nervosi di deficienza o di irritazione, come afasia,
aprassia, cecità psichica, amnesia, demenza, fenomeni di eccitamento da
causa organica. Questi sono, almeno in parte, anche sintomi psichici, ma non
sono preformati nella nostra vita psichica normale, e noi ci troviamo di
fronte ad essi psicologicamente senza risorse; possiamo bene registrarli ma
non interpretarli. Il cervello ammalato organicamente reagisce diversamente
dal sano, e CHI STUDIA QUESTE REAZIONI MANEGGIA UNA PATOLOGIA
GENERALE ORIENTATA SECONDO PUNTI DI VISTA NEUROLOGICI CHE
HA BEN POCO DI COMUNI CON LA PSICOLOGIA NORMALE.
Noi possiamo scoprire come parla un individuo afasico, ma il modo di
procedere di costui non risveglia una eco immediata nella nostra coscienza.
(Questo naturalmente non esclude che noi stessi occasionalmente possiamo
provare accenni di questi sintomi, persino nel corso di malattie di poca
importanza. Facile perseverazione mentre vi è un po' di febbre, accenni
di incontinenza emozionale se vi è un forte esaurimento psichico od
organico, sintomi parafasici e parapractici nell'ubriachezza e amnesie
in seguito all'avvelenamento alcoolico, si presentano anche nei sani; TUTTE
QUESTE SONO QUINDI REAZIONI ORGANICHE SOTTRATTE
ALLA NOSTRA COMPRENSIONE PSICOLOGICA IMMEDIATA).

Non è necessario aver veduto molti malati per sapere che all'infuori di
questi SI DANNO ALTRI DISTURBI MENTALI DI CUI SIAMO BEN IN GRADO DI
COMPRENDERE LE MANIFESTAZIONI. Si può essere malati di mente anche in modo
diverso da quello secondo il quale un processo organico si insedia in un
cervello precedentemente sano come farebbe un processo infiammatorio del
polmone. Noi arriviamo così al concetto dei DISTURBI PSICHICI FUNZIONALI.
Le oscillazioni dell'umore, l'angoscia, la periodicità, la suggestio-
nabilità, gli errori mnemonici, l'inibizione, le idee ipocondriache,
melanconiche o di dubbio, le oscillazioni della cenestesi, LA TENDENZA PIU'
O MENO ACCENTUATA ALLA LOTTA OD AI CONFLITTI: TUTTO
QUESTO L'UOMO NORMALE CONOSCE GIA' NELLA PROPRIA COSCIENZA
e può quindi penetrare ben nella mente di quei malati nei quali questi
caratteri sono patologicamente esagerati o deformati. Ciò non avviene
nella stessa misura a tutti gli osservatori e per tutti gli ammalati, ma
secondo il temperamento ad un osservatore appare più familiare un
sintomo, ad un altro un altro. Ma fondamentalmente tutti i sintomi citati
hanno le loro radici nel campo della normalità e derivano dalle proprietà
della psiche umana normale. Per quanto le rappresentazioni deliranti, i
disturbi sensoriali, i disturbi della volontà, quando giungono ad un grado
molto avanzato, trasformino in modo sorprendente la personalità di un
individuo, tuttavia all'analisi scientifica che ricerca le tracce delle
prime e più sottili manifestazioni, ciascuno di questi sintomi finisce per
dileguare nella psicologia dell'uomo normale".

Il fatto che la problematica delle psicosi trovi il suo fondamento sul
terreno neurobiologico comporta, in tali casi, l'obbligo di una metodologia
neurologistica (metodo naturalistico della "spiegazione") sia nella ricerca
che nella clinica e nella terapia.
E' questo il terreno delle neuroscienze, che con ragione vedono nella
psichiatria neurobiologica null'altro che un ramo della neurologia.
Ben diverso è il caso della psicopatologia delle psicopatie (personalità
psicopatiche e loro sviluppi), per le quali si impone invece la metodologia
personologica della "comprensione" e per la quale si qualifica come
trattamento di elezione una psicoterapia sistematica (centrata sulla
personalità).
QUALORA PERTANTO, ANCORA UNA VOLTA, NELLA COSTITUZIONE DELLE
STRUTTURE PER L'ASSISTENZA PSICHIATRICA (RESIDENZIALE E NON) VENISSERO
IGNORATI I FONDAMENTALI PRINCIPI EPISTEMOLOGICI DELLA PIÙ MATURA
PSICOPATOLOGIA CLASSICA, SAREBBE VANO SPERARE UN QUALSIASI REALE
PROGRESSO SUL PIANO OPERATIVO.

E' dubbio, peraltro, che una simile impostazione possa trovare consensi
nell'ambito dell'accademia psichiatrica, la quale, avendo da sempre ignorato
i fondamenti epistemologici della più avanzata psicopatologia classica, si
trova attualmente schierata sulle posizioni grossolanamente riduzionistiche
del cosiddetto manuale DSM (giunto ormai, con la IV edizione, alla sua più
esasperata degenerazione operazionistica e behavioristica).
Grazie all'operazionismo funzionalistico cui si ispira il suddetto manuale,
sarà possibile inquadrare in termini di "diagnosi clinica" e, pertanto, di
vera e propria "malattia mentale", qualsiasi "disturbo" psicopatologico,
dato che, programmaticamente, la diagnosi differenziale tra psicosi e
psicopatie non dovrebbe essere più considerata necessaria per la clinica
psichiatrica.
Con l'omologazione di ogni quadro clinico (sia di ordine psicotico, che di
ordine psicopatico), nella formula della "diagnosi" e della "malattia
mentale", non si vede su quali basi epistemologiche potrebbe introdursi una
differenziazione delle strutture residenziali in funzione di un'assistenza
terapeutica sistematica e differenziata.
Come stupirsi che, in tale condizioni, le "nuove" strutture residenziali
riproducano, su scala ridotta, gli stessi vizi dei vituperati manicomi?
(Nell'ambiente psichiatrico genovese queste "nuove" strutture sono già da
tempo denominate "Quartini").
Come pensare che, persistendo l'attuale analfabetismo epistemologico,
possano migliorare le condizioni per un'adeguata assistenza clinica, magari
facendo ricorso all'alchimia dei numeri, anziché ad un'adeguata metodologia
psicopatologica, (dato che, com'è noto, secondo l'alta cultura dell'acca-
demia psichiatrica, "dell'epistemologia, in psichiatria, non c'è bisogno")?

In tali condizioni, suonano alquanto grottesche le conclusioni cui giunge il
documento SIP:

"Già oggi purtroppo in alcune di queste strutture si ritrovano realtà
simili a quelle dei vecchi manicomi, per la concentrazione dei
pazienti, la spersonalizzazione, l'incuria e l'abbandono. Aumentare
il numero dei posti in ciascuna di queste strutture fino a 50, con
possibilità di accorpamento di più strutture, come una delle proposte
di legge in discussione prevede, e accentuarne la natura
custodialistica a spese della connotazione socio-riabilitativa, come
fanno entrambe le proposte di legge, non farebbe altro che aumentare
il rischio della riproduzione di realtà manicomiali".

Con buona pace dei bramini insipienti del sapere accademico, il problema
clinico delle strutture psichiatriche residenziali non si risolve affatto
con la strategia ragionieristica dei numeri (reparti da 20 o 50 posti),
bensì con una metodologia clinico-diagnostica e con un progetto didattico
per la formazione di medici (specialisti e non) che siano all'altezza della
più avanzata psicopatologia classica e della sua impostazione
epistemologica.
Tutto ciò comporterebbe però, per l'attuale psichiatria accademica, la
necessità di un profondo rinnovamento, non solo scientifico e didattico, ma
anche, e soprattutto, etico, che si dubita possa essere promosso dalle
attuali consorterie di potere, i cui più consolidati interessi colludono con
la gestione a circuito chiuso di privilegi nepotistici, con l'analfabetismo
epistemologico, con le legittimazioni abusive incrociate, con le
adulterazioni concorsuali, con le lottizzazioni e i voti di scambio, con le
copiature e i plagi dei lavori "scientifici", con le mercificazioni della
nosografia psicopatologica, con la massificazione indifferenziata
dell'assistenza psichiatrica, con la confusione dei ruoli operativi, ecc.,
ecc.
Una riforma della legge per l'assistenza psichiatrica che, ancora una volta,
dovesse ignorare i fondamenti epistemologici delle discipline
psicopatologiche, psichiatriche e psicoterapeutiche, per ridursi al consueto
gioco dei numeri, gravitante attorno allo squallido mercato della
distribuzione di posti, di "risorse" e di patacche ai vassalli, valvassori e
valvassini delle satrapie accademiche, politiche e burocratiche, è
destinata, come già per il passato, al più miserando fallimento.
In una discussione come quella attuale, riguardante l'ordinamento
legislativo di una disciplina specialistica, qual è la psichiatria, la
priorità assoluta dovrebbe essere riservata agli aspetti scientifici,
epistemologici e didattici, rispetto ai quali tutti gli altri sono
conseguenti.
Disperdersi in questioni ideologiche, partitiche, ragionieristiche o,
addirittura, personalistiche, significa lasciarsi sfuggire un'ulteriore
occasione per conferire un serio ordinamento alla nostra disciplina.
Presumere di discutere un progetto di legge per l'ordinamento di attività
professionali ignorandone i fondamenti scientifici, epistemologici e
didattici, è destinato a risolversi nella solita burla all'italiana.

Per gli eventuali approfondimenti, si rinvia ai riferimenti bibliografici.

Riferimenti bibliografici:

G.G.Giacomini (intervista a V.G.Jorizzo): RIFORMA PSICHIATRICA E
LEGGE "180", in "Psicoterapia Professionale" AA IX-XI, 1994.
G.G.Giacomini: IL FALLIMENTO DELLA PSICHIATRIA ACCA-
DEMICA ITALIANA E IL PROBLEMA DEL METODO IN
PSICOPATOLOGIA E IN PSICOTERAPIA, in "Psicoterapia
Professionale" AA IX-XI, 1994.
G.G.Giacomini: IL MANUALE "DIAGNOSTICO" E "STATISTICO"
DSM III-IV: ANALFABETISMO EPISTEMOLOGICO, NICHI-
LISMO METODOLOGICO E INSIPIENZA CLINICO-DIA-
GNOSTICA IN PSICOPATOLOGIA, in "Psicoterapia Professio-
nale" AA IX-XI, 1994.
G.G.Giacomini: LA PSICHIATRIA FUNZIONALISTICA E IL PRO-
BLEMA DEL METODO IN PSICOPATOLOGIA, in "Psicoterapia
Professionale" AA IX-XI, 1994.
G.G.Giacomini: IL PROBLEMA DELLE PSICOPATIE NELLA PSICO-
PATOLOGIA STRUTTURALISTICA, in "Psicoterapia Professionale"
AA VII-VIII, 1991
G.G.Giacomini: PSICOPATOLOGIA CLINICA, DIAGNOSI PSICHIA-
TRICA, TIPOLOGIA DELLE PSICOPATIE, TEORIA DELLA PER-
SONALITA' E GIUSTIFICAZIONE DELLA PSICOTERAPIA, IN
UN INQUADRAMENTO DIALETTICO. RIFERIMENTI ALLA
TAVOLA EPISTEMOLOGICA UNIVERSALE (TEU),
in "Psicoterapia Professionale", AA. XII-XIX, 2001.
G.G.Giacomini: TAVOLA EPISTEMOLOGICA UNIVERSALE,
in "Psicoterapia Professionale" AA IX-XI, 1994.
G.G.Giacomini e V.Marino: UN PLAGIO IMPUNITO: UN GIUDIZIO DELLA
SOCIETA' SVIZZERA DI PSICHIATRIA. LO SFACELO DELL'UNIVER-
SITA' ITALIANA NELLA DIDATTICA E NELLA RICERCA.
in "Psicoterapia Professionale", AA. XII-XIX, 2001.
O.J.Ruda: TEORIA E PRASSI DEL BEHAVIORISMO RADICALE, in
"Psicoterapia Professionale", A.V, 1988; A.VI, 1989; AA.IX-XI, 1994.
O.J.Ruda: IL PROBLEMA EPISTEMOLOGICO NELLA PSICOLOGIA NORD-
AMERICANA DEL NOSTRO TEMPO: LA CONCEZIONE DI B.F.SKINNER.
in "Psicoterapia Professionale", AA. XII-XIX, 2001.


P.S.: I colleghi che desiderassero ricevere l'articolo: RIFORMA PSICHIATRICA
E LEGGE "180" potranno richiederlo via e-mail all'indirizzo:
giacomin@libero.it

Sono anche disponibili i seguenti articoli:
- IL MANUALE "DIAGNOSTICO" E "STATISTICO" DSM III-IV: ANALFABE-
TISMO EPISTEMOLOGICO, NICHILISMO METODOLOGICO
E INSIPIENZA CLINICO-DIAGNOSTICA IN PSICOPATOLOGIA
- UN PLAGIO IMPUNITO: UN GIUDIZIO DELLA SOCIETA' SVIZZERA
DI PSICHIATRIA.
- IL PROBLEMA EPISTEMOLOGICO NELLA PSICOLOGIA NORD-
AMERICANA DEL NOSTRO TEMPO.

G.Giacomo Giacomini - Psichiatra psicoterapeuta
Direttore dell'Istituto per le Scienze Psicologiche
e la Psicoterapia Sistematica
- CESAD - Centro Studi per l'Analisi Dialettica
Direttore della Rassegna:
"Psicoterapia Professionale - Professional Psychotherapy"
16121 Genova - Via A.M.Maragliano, 8/5
Tel/Fax: 010/580903 - e-mail: giacomin@libero.it
Internet: http://www.alger.it/istpsico






Date: Thu, 18 Oct 2001 23:08:27 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Bosio Roberto <bosirob@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua (3)


Ciò che mi meraviglia é la constatazione che i modelli della psuedodemocrazia a
cui molti ultimamente si riferiscono vengono calati anche nelle proposte di
legge e nei suoi consigliori e stesori.
Pur avvilendomi ricorderò qualcosa dell' Educazione Civile, materia di studio
alle scuole medie inferiori, in particolare appare interessante il concetto,
per il momento ancora attuale, che prevede per le opposizioni (in ogni caso
espressione di più di una ventina di milioni di italiani) un ruolo di
controllo, proposizione e stimolo per la maggioranza... altre interpretazioni
sul ruolo, compito e presunzione di totale rappresantatività della popolazione
da parte di una maggioranza che scotomizza la opposizione, vanno sotto il nome
di totalitarismo. Chiudo qui questo off topic.

Invece ciò che di tutta questa vicenda mi intriga é la coerenza nel calare
decisioni e leggi su qualcuno o qualche persona sofferente, stravolgendo e
cassando anni di cultura e progresso che hanno portato il cittadino, sofferente
e non sofferente, ad essere il centro partecipe e protagonista dei servizi di
cui può o necessita di usufruire. Il tutto con diverse argomentazioni fra le
quali non ultima la stigmatizzazione (ammesso che tale sia) di leninismo o
marxismo per coloro che dissentono da questo stile.
Del resto pare proprio che il concetto di stigmatizzazione non sia da superarsi
essendo cosi utile alle esclusioni...

Ma ancora di più ho avuto occasione di leggere, a sostegno della proposta di
legge in questione, ingenue denunce di disfunzione di servizi che, se da un
lato entrano nella sfera del "penale" dall'altro sono presentate proprio da chi
dovrebbe porvi pronto e risoluto rimedio.
Sembra quasi ci fosse una attesa per il magico intervento del grande padre o
fratello capace di togliere le castagne delle responsabilità dello psichiatra
grazie ad un approccio riduzionistico della complessità dell'area del disagio
psichico. Tale complessità nasce dal fatto che una legge sulla salute mentale
offre e definisce concetti sociali strettamente legati alle culture di un
popolo in quanto sancisce la accettazione e la considerazione delle diversità
(tutte) o la loro esclusione ed emarginazione. Solo all'interno di questa
cornice vengono poi a calarsi le azioni coerenti alla filosofia individuata.
E per ciò che concerne la proposta di Burani é evidente nella proposta stessa e
nelle pratiche, ormai apertamente dichiarate, di esclusione di ogni voce
dissidente (financo appellandosi alla presunta assenza di rappresentatività
scientifica oltre che di Società di Psichiatria del Prof M Maj, di
rappresentatività dell'UNASAM, della DIAPSIGRA, di Psiche2000 e di ogni altro
fuori dal coro dei signorsisignore) che l'obiettivo non é certamente il
recupero e valorizzazione delle diversità, ma il loro confino in luoghi che
garantiscano "aria e verde". Poco anche per i concetti più attuali di qualità
della vita e di equità.

invece nella nostra regione e non solo, servizi nuovi aperti 24 ore o 12 ore
sono stati istituiti solo dove persone con impegno hanno lottato per questo, né
più né meno del primario radiologo che agisce per dotare il proprio servizio
della TC se necessaria.

D'altra parte nel 1995 facevo parte in qualità di Esperto in Accreditamento
dell'Osservatorio Permanente per la Salute Mentale del Ministero della Sanità
dove, assieme al collega F Fasolo abbiamo elaborato e presentato alla
discussione, i criteri di accreditamento dei servizi poi pubblicati in forma
rivista e ridotta nella GU 14 Gennaio 1997. In quella occasione proprio i
colleghi afferenti all'area attualmente al governo apparivano essere i più
restii e contrari alle definizioni chiare di organico: 1 psichiatra/ 10000
abitanti, 1 infermiere/2500 ab, 1 psicologo/ 20000 ab, 1 Ass Soc/ 30000 ab, ma
anche alle dotazioni dei CSM e al loro orario di apertura assieme a molto
altro. Chi ha prestato attenzione all'accreditamento, che solo per i poco
informati é pratica burocratica ed amministrativa, leggendo magari fra gli
italiani Erlicher e Rossi, Tansella, Taroni, Morosini ed anche il mio libro,
ben sa come strutture e processi siano strettamente legati fra loro modulando
l'operatività, gli stili di lavoro, la filosofia ed i valori di riferimento dei
servizi. Ma per quanti criteri possano essere presenti nulla viene fatto se non
si vuole fare ed in questo trovo responsabilità forti in molti colleghi. Se in
Friuli come in Toscana o in Emilia ed in altre regioni, la 180 é stata
sufficientemente applicata ed esistono CSM 24 ore vicino a Comunità
riabilitative o esistono programmi di mix pubblico privato efficaci nella
riabilitazione e nel reinserimento e riaggregazione di persone sofferenti nel
tessuto sociale territoriale ciò é dovuto al fatto che molti di noi si sono
giocati nel gioco, hanno partecipato, sensibilizzato, reclamato e lottato,
attraverso la legge 180 ed il PON esistente, con amministratori poco attenti o
strategicamente disimpegnati all'interesse di cittadini utenti dei SS Mentale
come fa qualunque direttore di qualunque altra branca della medicina.

A margine vorrei ricordare che gli USA stessi stanno studiando la nostra legge
833 per modificare il proprio sistema sanitario (anche in campo psichiatrico),
la Francia ha in atto un percorso di attuazione di servizi di sal. mentale
ispirati al modello italiano, in Inghilterra i programmi prevedono l'inclusione
sociale delle diversità, perfino la Bosnja Herzegovjna reduce da un recente
dramma, si sta strutturando su indicazione anche della Banca Mondiale verso una
salute mentale territoriale che superi definitivamente le esclusioni e sia
fortemente presente sul territorio con servizi 12 e 24 ore proibendo al
contempo ogni possibile riapertura di luoghi per il ricovero protratto di
persone con disagio psichico.

Non é tutto ciò che volevo dire, ma mi pare già abbastanza.

Infine ora ti ringrazio caro Andrea sia per la tua pacatezza nel
contraddittorio, sia per l'avermi connotato e comunicato di essere di certa
sinistra nostalgica di metodi leninisti delle avanguardie e il resto del bla
bla.





Date: Fri, 19 Oct 2001 10:00:18 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: "Gaetano Dell'Anna" <067822953@IOL.IT>
Subject: [PM-SMC] R: [PM-SMC] Strumenti giuridici,


Cari amici,
rispondo a me stesso e insisto.

Piuttosto che beccarsi come i polli di Renzo, secondo Voi:

Non si potrebbe definire, caso per caso, chi sia il terzo partecipe al quale
domandare di farsi carico di quell'esercizio del diritto che non si può
affidare al paziente medesimo?

Può essere questo terzo l'istituto stesso fornitore del servizio?

Può essere il personale di diversa professionalità ivi impiegato?

Può essere una parte professionale, politica o sociale? E quale?

Può esser istituito un sistema di tutela del paziente incapace di
autotutelarsi analogo a quello, pur imperfetto, che lo fa per il minore?

E' possibile lavorare per definire, e comunicare, con la
necessaria dignità di posizioni e consistenza di valore scientifico, che
cosa si può fare, indicando come farlo e, se possibile, con quali risorse?

Sì, sono un illuso, è la mia dote migliore e non vorrei privarmene.

Vi saluto.
Gaetano






Date: Fri, 19 Oct 2001 21:30:23 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Muggia, Maj, Dell'Acqua


Questo si che e' ragionare (mi riferisco, senza ironia, alla replica di
Bosio); come vedi, provoca oggi, provoca domani, qualcosa alla fine viene
fuori. A Lecce diciamo che ogni tanto ci vuole un pazzo per casa; questa
volta ho recitato io.
Vedo poi che la Burani ha gia' fatto scuola: Ramacciotti invece di
legarmi vuole psicoeducarmi :-)) (come vanno i reumatismi, Fabrizio, con
tutta l'umidita' della laguna...per te che hai fatto la resistenza...).

Tornando seri.
Bisogna far entrare in una legge dello Stato l'impegno che ha portato
vari servizi a funzionare bene, non deve trattarsi piu' di buona
volonta' ma di un obbligo di legge, quello di far funzionare bene i servizi.
Questo non mi piace della 180 (alla mia mail sul "mito della mancata
applicazione della 180" non ha ancora risposto nessuno), né dei P-O che
sono dei pii intendimenti, ma che non hanno la forza di obbligare le
ASL e noi operatori a lavorare e non a venire ai servizi a leggerci il
giornale (tra l'altro, spero sia chiaro che parlo a Milano perche' Lecce
intenda - e Lecce intende, lo so).

> Sembra quasi ci fosse una attesa per il magico intervento del
> grande padre o fratello

Touche', Roberto, ma purtroppo e' cosi', certa gente se non viene
obbligata, magari col fucile puntato (commissariamento, destituzione)
se ne frega.

> nella nostra regione e non solo, servizi nuovi aperti 24 ore o 12 ore
> sono stati istituiti solo dove persone con impegno hanno lottato

No, non voglio piu' lottare (contro i colleghi, i sindacati e la
direzione generale) per dare un servizio all'utenza, che lotti l'utenza,
o le associazione delle famiglie.
Con un generosissimo infermiere dell'OP, abbiamo aiutato alcuni
familiari a costituirsi in associazione, defilandoci subito dopo per
evitare accuse di strumentalizzazione; be', si sono fatti
strumentalizzare
dal coordinatore. Ogni tanto attiviamo il Tdm, ma finisce li'; l'URP
pare abbia centinaia di segnalazioni di disfunzioni, ma tutto viene
annacquato ed insabbiato.
Allora ben venga il grande padre: tu ASL e Regione, in forza di una
legge dello Stato devi far funzionare i servizi in questo modo, devi
obbligatoriamente occuparti dei pazienti gravi, ecc.

> Chi ha prestato attenzione all'accreditamento, che solo per
> i poco informati e' pratica burocratica ed amministrativa,

Da noi e' SOLO pratica burocratica ed amministrativa, e sapessi come
son bravi in questo. Hanno addirittura pubblicato i loro ponzamenti sul
bollettino della SIP Puglia (se vai sul sito penso che lo trovi):
"Sistema
budgettario del DSM dell'Azienda USL LE/1". Tutto zeppo di grafici e
tabelle, ed altri giochini vari fatti con excel; poi in pratica? Penso
di avere detto pure troppo su quello che non funziona da noi. Al posto di
lavoro ci tengo (ci ho famiglia).

> esistono CSM 24 ore vicino a Comunita' riabilitative o esistono
> programmi di mix pubblico privato efficaci nella riabilitazione
> e nel reinserimento e riaggregazione di persone sofferenti nel
> tessuto sociale territoriale

Tutto questo DEVE diventare legge.

> cio' e' dovuto al fatto che molti di noi si sono giocati nel gioco,
> hanno partecipato, sensibilizzato, reclamato e lottato,

Gia' fatto. Nel 1979 (prima della legge regionale che e' del 1980)
a Nardo' abbiamo avviato una casa famiglia che ha accolto 12 pazienti
dell'OP; il bello e' che la CF e' stata fatta con l'amministrazione
dell'OP, scettica ma non contraria. Ma almeno erano intelligenti.
Lottare con gli attuali e' tempo perso; ne abbiamo fatte tante di lotte,
non serve a niente. Ben venga il grande padre.
Se la legge sara approvata cosa accadra' in pratica? Da voi le ASL
metteranno in piedi le SRA ma probabilmente vi saranno ricoverati pochi
pazienti, visto che il territorio si e' ben organizzato; da noi saranno
piene. Non e' una bella cosa, forse, ma, come ho gia' scritto, meglio
cosi' che per strada o in carcere (ho anche casi di genitori che per
far curare il loro figlio psicotico lo hanno denunciato per aggressione
e cosi' e' finito in OPG, come in OPG son finiti pazienti abbandonati
dai CSM che hanno fatto qualche reato stupido).
Ultima in ordine di tempo: seguo da circa un anno un ragazzo di 20
anni; un paio di TSO per scompensi psicotici con deliri ed allucinazioni (ma
e' probabile un disturbo schizoaffettivo); ha degli esiti di una PCI
(modesta paraparesi spastica e gracilita' mentale - quanti ne abbiamo visti in
manicomio di questi innesti psicotici!). Ha praticato i soliti
neurolettici, poi dopo l'ultimo ricovero (due anni fa) ha iniziato la clozapina. Ha
conseguito la maturita' magistrale ed ora sta cercando lavoro.
Territorialmente e' della ASL LE/2, per cui ho sollecitato la
famiglia a contattare il CSM competente per gli aspetti di inserimento (centro
diurno).
Gli hanno risposto che loro non hanno questo tipo di organizzazione e
addirittura volevano modificare la terapia tornando al long acting
(hanno detto alla madre del paziente che loro sono obiettori di coscienza verso
la clozapina!!!).
Ci vuole o no una legge che obblighi ogni CSM ad avere almeno un
centro diurno? e se non vuole farlo il CSM lo consentiamo ai privati?






Date: Fri, 19 Oct 2001 21:31:23 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] riassunto


Antonio Semi scrive:

> - siamo d'accordo che servano in certi casi delle residenze ad hoc?

Si, in una fase successiva a quella dell'immediata post-acuzie,
ovvero
della crisi.
In molti casi (e' la mia esperienza) la presa in carico ambulatoriale
e domiciliare da parte del CSM e' in grado di evitare il percorso che
porta alla necessita' dell'inserimento residenziale in una comunita', a
volte definitivo.
Vi sono taluni casi in cui piu' che la residenza intesa come tale,
come percorso di riabilitazione e reinserimento, vedrei un momento
terapeutico a medio termine (ovviamente integrato, bio-psico-sociale).
La sede logica di questo momento terapeutico a medio termine e'
ovviamente la famiglia, il territorio, ma se cio', per varie cause, e
per la difficolta' di rimuovere queste cause, non e' possibile, meglio
la SRA dell'abbandono.
Non voglio enfatizzare piu' di tanto le terapie farmacologiche, ma
con i nuovi antipsicotici davvero si vedono risultati terapeutici
insperati, ragazzi (perche' all'esordio di ragazzi si tratta) che
riprendono a studiare sino alla laurea (dopo aver subito alcuni TSO per
drammatici scompensi psicotici), che lavorano, si sposano, hanno una
vita "normale". Alcuni debbono proseguire la terapia per lunghi periodi,
altri sono riusciti financo a sospenderla, senza ricadute.

> - come evitare che si ripetano in queste residenze le dinamiche di
> disinvestimento umano che portano al manicomio

Mi piace ricordare quello che scrissero otto infermieri trasferiti
dall'OP nella casa famiglia che fu realizzata a Nardo' (LE) nel 1980,
quando gli chiesi di preparare una relazione per il convegno sul primo
anniversario, l'anno successivo.
========================================================================
La maggior parte di noi vive nel manicomio da circa 15 anni; all'inizio
non sono mancati i traumi, poi ci siamo adattati. Il lavoro pero' non
poteva appassionare, i malati erano per noi dei corpi da costringere, da
lavare, da punire o da premiare a seconda delle circostanze.

Quasi mai parlavamo con loro, non ce n'era il tempo ne' la voglia,
sembrava di avere di fronte dei robot, tutti compivano sempre gli stessi
gesti, pronunciavano le stesse parole, un po' per paura e un po' perche'
anche loro si erano adattati.
...
Cosi' sono trascorsi 15 anni, fra rifare i letti, lavare i gabinetti,
distribuire le compresse, fare le iniezioni e sorvegliare in pochissimi
tanti malati, a nostra volta sorvegliati dall'infermiere scelto, a sua
volta sorvegliato dal sorvegliante, a sua volta sorvegliato dal capo
infermiere, a sua volta sorvegliato da ...ecc...ecc... e ciascuno
cercava di fare il furbo con quelli di "grado" superiore.

Poi un bel giorno, con l'entrata in vigore della legge 180, l'Assistente
Sociale comincio' a parlare di Casa Famiglia. A noi il discorso ando'
bene
da subito perche', indipendentemente da tutte le altre cose, ci sembro'
favorevole dal punto di vista economico, visto che la Casa Famiglia ci
permetteva di lavorare a Nardo'.

Approfondimmo l'argomento pero' cominciammo e vedere che poca chiarezza
c'era sul tipo di lavoro che avremmo dovuto svolgere.
Ci davano delle indicazioni a grandi linee, ci dicevano che non eravamo
piu' infermieri ma "operatori", ma anche loro avevano le idee confuse; e
poi come potevano pretendere autonomia, intraprendenza da chi per 15
anni aveva solo obbedito?
...
da un anno lavoriamo qui dentro non senza difficolta'.

Specialmente all'inizio abbiamo cercato di colmare queste carenze
gettandoci a capofitto nel lavoro che conoscevamo: pulizie dei
pavimenti, ecc., offrendoci persino di cucinare. Come era naturale il
lavoro inteso solo cosi' nonostante tutti gli sforzi non ci dava
soddisfazione, ci trovavamo quasi diminuiti di "grado" (non avevamo e
non abbiamo dimenticato il manicomio) e per di piu' insoddisfatti e
spesso in contrasto con gli altri operatori della Casa Famiglia per
quanto riguarda l'atteggiamento assunto nei confronti degli ospiti.
Loro erano cambiati, qui avevano una volonta' e spesso la manifestavano
con tenacia, molte volte sbagliando, e non sapevamo come prenderli: i
vecchi metodi non erano ammessi e i nuovi o non li sapevamo o non ci
convincevano.
...
=======================================================================

Trovo ancora degli spunti interessanti in queste parole (notazione
polemica: presentai le tre relazioni al direttore dell'OP per la
pubblicazione sulla rivista -Folia neuropsychiatrica- ebbi il nulla osta
per la pubblicazione della relazione del CSM e della cooperativa di
volontari me non per quella degli infermieri - mi fu detto che erano i
piu'
lavativi dell'ospedale). Me le sono pubblicate da solo sul web.

Altra notazione: l'OP aveva i reparti osservazione ed i padiglioni.
L'ingresso avveniva nei reparti osservazione che funzionavano un po'
come
SPDC, un po' come reparti di medio-degenza. Al termine del periodo di
osservazione era possibile la dimissione in esperimento oppure, se la
dimissione non era possibile, l'internamento definitivo (associazione al
manicomio, mi pare fosse la dicitura esatta). Dai reparti osservazione
si
poteva intravedere un'uscita, quindi si lavorava con una prospettiva di
cura; dai padiglioni l'unica uscita era, lugubramente, la camera
mortuaria,
e questo era ben presente nel vissuto dei pazienti, per quanto
regrediti,
difettuali o inebetiti fossero.
La lingua plasma i comportamenti: associazione al manicomio. Vi e' un
contenuto di ineluttabilita' in queste parole, la perdita della speranza
di un recupero, una prognosi infausta che non era certo motivante ad un
diverso approccio che non fosse meramente custodialistico.
Queste condizioni oggi non possono piu' ripetersi, nemmeno se
tornasse in vigore la legge del 1904.

> - quali dimensioni sono ottimali dal punto di vista
> umano-psichico-relazionale e quali dal punto di vista economico?

Concordo con le tue indicazioni

> - quale personale debbono avere queste residenze?

Concordo in pieno

> E' una cosa che si puo' chiedere di formalizzare nei ddl?

Si, bisogna trovare il modo di far diventare legge questi concetti.






Date: Fri, 19 Oct 2001 23:57:48 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: rpiperno <rpiperno@IOL.IT>
Subject: [PM-SMC] Semi, libertà, diritti, 180


In risposta alla frase/domanda di Semi “Mi sbaglio o siamo tutti d'accordo che il
paziente deve avere garantiti tutti i diritti del cittadino?”

Ritengo che Semi non si sbagli, ma che questa enunciazione, se non viene articolata,
rischi di diventare vuota e quindi potenzialmente confusiva. 

Espongo il mio punto di vista.

Il primo diritto è probabilmente la possibilità di vivere nel modo più dignitoso possibile
e questo comporta, fra gli altri, il diritto alla cura. Il problema si pone quando una persona
pur stando male non è in grado di esercitare questo diritto, non tanto consapevolmente e
quindi come libera scelta, ma in quanto il rifiuto si può in un certo senso considerare sintomo
del proprio disturbo. Ci troviamo di fronte al problema dei pazienti non collaborativi che
non sono una categoria univoca, ma una categoria sfaccettata che implica modalità di interventi
diversi, dall’obbligo della cura contro la volontà del paziente all’accettazione della sua volontà
per quanto potenzialmente autolesiva, vedi ad es. barbonismo..

Quando a seguito di qualche disturbo biologico o psicologico, la natura del male non è in
questo caso rilevante in quanto mi soffermo esclusivamente sugli esiti, alcune funzioni dell’Io
perdono le loro capacità adattative, mettendo in discussione la stessa sopravvivenza, ritengo
debbano essere “vicariate”. Ciò significa “prendersi la responsabilità di decidere per”. E’ ovvio
che sto parlando di funzioni dell’Io che potermmo forse definire “etologiche” per distinguerle dalle
discrezionalità o dall’area delle possibili scelte d’opinione.

Il paziente gravemente disabile, qualunque sia la natura della sua disabilità, lasciato a se stesso
tenderebbe a non sopravvivere.

Ritengo che molti gravi disturbi mentali, schizofrenia, disturbo bipolare, demenza, cerebropatie
di vario genere, possano creare stati di disabilità più o meno grave e possano rendere le funzioni
dell’Io più o meno disadattative, Ne sanno qualcosa i familiari ai quali viene di fatto molto spesso
lasciato il compito di esercitare funzioni vicarianti, pena la non sopravvivenza del proprio congiunto.

Non c’è dubbio che sostituirsi possa configurarsi, e possa essere vissuto da chi “subisce”
l’intervento, una limitazione della propria libertà. Ritengo tuttavia che non prendersi la responsabilità
di agire questa limitazione, avendone il ruolo e la funzione istituzionale, significa un non rispetto
della dignità dell’altro, una dubbia professionalità ed una ancor più dubbia eticità. Ad es. nel momento
che proponiamo o avalliamo un TSO, e a ciascuno di noi sarà capitato di farlo, compiamo una limitazione
della libertà dell’altro, limitazione , che in alcuni casi è necessaria.

Il punto quindi non è tanto se limitare o non limitare la libertà altrui, e quindi non mi preoccupa una
legge che definisce un TSO, né credo che poterlo fare per una settimana o per due mesi cambi molto
le cose. Bensì le garanzie di tutela per una persona che in un periodo più o meno luogo della propria
vita non è in grado di tutelarsi da sola.

Le garanzie di tutela si articolano a vari livelli, cito i primi che mi vengono in mente:

·        Vi è innanzitutto il diritto di poter accedere, qualsiasi sia il reddito o anche in mancanza di
reddito, alle cure migliori secondo gli standard internazionali e lo stato dell’arte Il concetto di cura
si estende a tutta l’area del biologico, dello psicologico e del sociale. Una buona legge dovrebbe
mettere  i presupposti per il controllo della buona cura sull’insieme di questi parametri e lo dovrebbe
fare in maniera da poter essere attuata cioè in modo tale che i vari atti possano realmente essere verificati,
come pure le responsabilità, ai vari livelli di chi li attua o di chi non li attua. Quindi ampliare le
commissioni di controllo, da parte dell’aziende, della regione, dei familiari, del tribunale dei diritti
dei malati et.. Preferirei essere valutato tutti i giorni piuttosto che essere ignorato costantemente.

·        Vi è poi la tutela del patrimonio di chi non è in grado di amministrarlo da solo. La curatela,
la tutela, l’amministratore di sostegno, inabilitazione e interdizione sono strumenti che possono essere
migliorati. Ma deve cambiare anche l’atteggiamento su questi strumenti che devono essere percepiti da
parenti e dagli operatori, a favore del paziente e non contro di lui

·        La tutela della dignità logistica del luogo di cura, non è un elemento secondario dal momento
che il manicomio fra le altre aberrazioni comportava il degrado ambientale che è a un passo dal degrado
personale e dalla perdita della dignità.

·        La tutela della progettualità finalizzata al mantenimento delle condizioni esistenziali e vitali.
Si identifica con una sorta di funzione genitoriale nei confronti di chi per chi, anche se adulto, non è in
grado di progettare e pianificare gli atti della propria vita

·        La tutela reale della famiglia del paziente e delle relazioni fra famiglia e paziente

·        Il diritto ad  una pensione sociale dignitosa 

Ho la sensazione che da questi punti di vista l’attuale legge non tuteli abbastanza chi sta male o al meno s
u questi punti possa essere migliorata.

Scusandomi per la lunghezza. Ruggero Piperno






Date: Sat, 20 Oct 2001 00:15:02 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Roberto Lezzi <osiris@LIBERO.IT>
Subject: [PM-SMC] riforma Burani: manicomio mon amour


Cari colleghi.
Mi chiamo Roberto Lezzi, psichiatra, Dirigente Responsabile dell'Unità
Operativa Territoriale di psichiatria n. 1 dell'Ulss di Treviso (il CSM per
intenderci).
Mi presento proponendo alcune considerazioni in merito alla proposta di
legge Burani Procaccini.

Si parla di restituire il ruolo di medico allo psichiatra e la dignità di
paziente al paziente. Mi vien da temere che le evidenze della letteratura
scientifica internazionale non siano un patrimonio comune e che taluni
legislatori ritengano le politiche sanitarie indipendenti da evidenza
scientifica, indicazioni dell'OMS, diffusa esperienza clinica evolutasi nei
Servizi... Sembra inoltre che la restituzione di dignità al malato debba
consistere nel far coincidere la diagnosi con quello stigma sulla malattia
mentale - di irresponsabilità, pericolosità, inguaribilità. - che nel 2001 l
'OMS ha definito quale obiettivo primario da contrastare. Di fronte a
qualsivoglia asserzione val sempre la pena di chiedersi quale né sia il
fondamento epistemologico. Qui è solo il pregiudizio, che si sostanzia nel
far corrispondere alla diagnosi una condizione di irresponsabilità: "il
Centro di Salute Mentale ha la responsabilità del malato in tutti i suoi
aspetti sociali, legali, terapeutici", in altre parole il malato non è
persona, non è in grado di decidere, scegliere. Tutto è definito una volta
per tutte! Basterebbe, invece del riempirsi la bocca con il "siamo medici"
di questa così antica "nuova psichiatria", considerare i soli studi
ventennali e trentennali sul decorso della schizofrenia, a partire dal caro
Manfred Bleuler, oppure i recenti studi americani sulla guarigione spontanea
della schizofrenia. Ma tant'è, la cecità selettiva.
Un altro pregiudizio è il ritorno della "pericolosità a sé e agli altri",
ovvero il rilievo del comportamento rispetto allo stato psicopatologico.
Naturalmente si sposa con il concetto di irresponsabilità (e naturalmente di
incurabilità giacché le cure non possono far sì che un "malato" divenga
responsabile). Infatti, un povero Cristo che avesse - a partire dall'
approvazione delle Legge - la disgrazia di ricevere una diagnosi
psichiatrica pesante non potrebbe più essere responsabile dei propri atti, e
ciò perché malato, sempre incapace di scegliere e discriminare (Mi sa che se
rubasse una mela o emettesse un assegno a vuoto chiamerebbero in causa lo
psichiatra che irresponsabilmente lo ha dimesso da una SR). Inviterei gli
estensori della legge a considerare i differenti studi che comparano l'
incidenza di reati nelle diverse popolazioni di pz psicotici acuti e
cronici, in trattamento o meno, rispetto alla popolazione generale (che come
la storia insegna è costituita da individui molto pericolosi). E' ben
rilevato inoltre come i comportamenti antisociali riguardino maggiormente le
più lievi patologie, quali i disturbi di personalità di cluster b, in
particolare quando vi è dipendenza da sostante.
In ogni modo, come conseguenza di tali elevati principi l'assistenza
psichiatrica si sposta dal CSM alla struttura residenziale (SR), dove si va
per TSO proposti da "chi ne ha interesse" (oh il senso del pudore! Qui si
esce dalla psichiatria e si entra in argomentazioni che a pieno titolo
potrebbero interessare la Corte di Strasburgo o Amnesty Internetional), con
scelta della struttura da parte dei familiari (certo non del paziente!). E
qui, dai 14 anni sino alla morte, assieme ai "pazienti" del manicomio
criminale (tutti assieme appassionatamente con serial-killer e pedofili.)
allegramente si viene curati, ovvero intrattenuti, ma soprattutto si gode
delle 4 ore di libertà quotidiana, si lavora e gli emolumenti sino a 2/3
vanno a pagare la struttura (finalmente il bagno penale, che - per Dio - il
lavoro rende liberi!).
Che la lunga persistenza in strutture residenziali sia potenzialmente
dannosa e comunque antiterapeutica non interessa a nessuno a quanto pare
(Scienza ed etica si sacrificano alla politica!). Dai circa 17000 posti
letto attuali (in SR) si passerebbe a più di 40000 e al di là dell'
insostenibile spesa (ma certo gioirebbero gli attuali manicomi privati e le
case di cura, sempre all'insegna di quella che in Italia passa per
competizione pubblico-privato: ovvero i Servizi pubblici che devono
ottimizzare la spesa e le Case di Cura private che attingono a fondo perduto
alla spesa Ulss senza alcun controllo), non si considera nemmeno
incidentalmente che esiste un progetto obiettivo Tutela Salute Mentale che
nella recente Conferenza nazionale sulla Salute Mentale ha ricevuto il
plauso della stragrande maggioranza degli psichiatri e delle Associazioni di
familiari (e la riforma Burani dovrebbe essere comparata con questo e non
con quella Legge quadro che fu la 180). Non si considera, ad esempio, che i
posti letto attuali sono "bloccati" da pazienti che regrediscono di più ogni
giorno che passa (finiti i percorsi terapeutici e riabilitativi) per l'
assenza di appartamenti a bassa e bassissima protezione, carenza di
personale per seguirli sul territorio, mancata attuazione dell'integrazione
socio-sanitaria (quote dell'edilizia popolare da destinare a pazienti,
coofinanziamento e finanziamento tout court dei percorsi di inserimento
lavorativo in Cooperativa di tipo B da parte dei Comuni). Ma ecco la novità!
Invece di proporre una logica duramente sanzionatoria nei riguardi dei
Direttori Generali che non hanno attuato il progetto obiettivo (si vedrebbe
allora con quanta rapidità arriverebbero le risorse), invece di intervenire
sulla quota sociale di finanziamento delegato dai comuni alle Ulss e
riguardante handicap e minori (e da cui il paziente psichiatrico è da sempre
escluso), invece di considerare che la mancata integrazione socio-sanitaria
è l'ingranaggio che blocca "l'uscita" dai percorsi sanitari e che quindi un
intervento anche legislativo a riguardo potrebbe rendere le CTRP e le CA
luoghi di alto profilo tecnico-scientifico (con elevato turn-over, percorsi
a breve-medio termine e di contenuto una volta tanto sanitario), la bella
pensata dei riformatori consiste nell'aumentare le strutture residenziali e
spostare lì il fulcro dell'assistenza (Mi verrebbe da chiedere loro quale
sia l'obiettivo della cura). Di riabilitazione non si parla (si vede che non
è una cosa da medici.) e tanto meno di reinserimento sociale. Anzi, - udite
udite - il CSM deve provvedere a trovare un lavoro e una residenzialità ai
pazienti (non più i Servizi Sociali dei Comuni come per ogni cittadino) e
nello specifico lo psichiatra non può non provvedere al paziente se i
familiari decidono di non volerlo più in casa. Traduzione: il CSM lo mette
in una SR. In sostanza è detto proprio così! Alla faccia del restituire il
ruolo di medico allo psichiatra (che nel terzo millennio sembra dover
diventare questurino, affittacamere, amministratore di condominio, datore di
lavoro.) e alla faccia di qualsiasi valutazione e prospettiva sanitaria.
Insomma, come non evidenziare che una proposta siffatta creerebbe strutture
residenziali di tipo manicomiale dove i pazienti verrebbero confinati per il
resto della loro vita?
Un ulteriore aspetto, che priva di qualsiasi residua peculiarità medica il
ruolo dello psichiatra, sta nella frammentazione degli interventi che così
si verrebbe a creare. La nostra operatività, appunto perché siamo medici,
sta in una presa in carico complessiva consistente nell'operare formulazioni
diagnostiche, progetti terapeutici e riabilitativi, avendo in mente degli
obiettivi. In questo senso c'è ad esempio il momento delle sole visite
ambulatoriali, e/o delle visite domiciliari, quello del percorso
semiresidenziale, altre volte necessita una degenza in SPDC, al momento
giusto si propone un percorso in CTRP, viene forse il tempo di un percorso
lavorativo protetto. Tutto ciò all'interno di una presa in carico unitaria,
multiprofessionale, e in una logica di tipo sanitario e di attenta
valutazione clinica, che scelga momenti e luoghi dei vari percorsi e
trattamenti sanitari che sono finalizzati al reinserimento sociale (come per
tutte le patologie). Nella riforma è tutto invertito: i familiari scelgono
se il paziente deve andare in una struttura residenziale e anche dove,
indipendente dagli interventi di cui ha bisogno e che dovrebbe invece
valutare il medico (con il paziente). Il CSM serve solo a fare TSO
bimestrali e al massimo ha uno striminzito day hospital (dimenticavo, rimane
il Servizio di emergenza 24 ore su 24, immagino per alleggerire la polizia
da delinquenti, prostitute, litigi di coppia, etilisti.). In maniera
pretestuosa si parla di libera scelta del cittadino; pretestuosa perché l'
invio in una CTRP è in primo luogo atto medico, al pari della valutazione
sul bisogno o meno di un intervento chirurgico da parte di un chirurgo. Il
privato vuol gestire la psichiatria? Lo faccia integralmente allora. Che vi
siano DSM "privati" in competizione con DSM pubblici. Ma avendo come
riferimento il progetto obiettivo Tutela Salute Mentale e non la riforma
Burani, e assoggettandosi allo stesso controllo che subiscono i Servizi
pubblici da parte della Direzione Generale dell'Ulss (visto che è l'Ulss a
pagare). Se la sentono i finanziatori delle Case di Cura private? O
preferiscono le strutture residenziali dove si va anche direttamente, senza
alcuna stimolo alla riabilitazione e quindi alla dimissione (Non credo,
vero, che vogliamo raccontarci che si fa cura e riabilitazione per far
vivere una persona in una struttura residenziale tutta la vita.).
Potrei a lungo continuare, ma mi fermo qui. Un sola richiesta ai colleghi
medici e psicologi e a tutti gli operatori. Viene affermato che questa
proposta troverebbe ampio consenso da parte degli psichiatri. Dove? In quale
plaga desolata della nostra penisola? Nel DSM dove lavoro non c'è psichiatra
e operatore che non sia indignato. Ho sentito tanti colleghi dei DSM della
Regione Veneto e non ho trovato un solo collega favorevole a questa proposta
di Legge. Anzi, c'è già chi parla di obiezione di coscienza. Né mi risulta
che le Associazioni di categoria siano favorevoli (Domanda. Non è che il
dott. De Marco della SIRP sia favorevole a solo titolo personale?). L'
associazione dei familiari AITSAM è nettamente contraria. Forse che l'On.
Burani si sia cercata preventivamente gli estimatori e di tutti gli altri
"chi se ne frega?!" Non so, certo che di fronte a una tale rivoluzione
(involuzione) si dovrebbe pensare alla fermezza e coloro che invitano alla
serena discussione - gli estimatori della riforma - avrebbero ragione se
questa messa in discussione partisse dal progetto obbiettivo Tutela Salute
Mentale e dai risultati pubblicati dopo la "conferenza nazionale sulla
salute mentale 2001". Non si può pretendere una serena discussione su una
proposta che è una brutale inversione di centottanta gradi rispetto all'
attuale quadro normativo, che fa tabula rasa di ogni esperienza consolidata
e affermato valore scientifico e che ci riporta pari pari al 1904.
Invito tutti i colleghi e operatori dei DSM del Veneto e non, a
sottoscrivere petizioni di dissenso da far pervenire al Ministro della
Sanità, alla Camera (Commissioni) e ai principali giornali. Un buon testo è
stato inviato dalla Consulta Nazionale ed è reperibile su
www.psichiatriabrescia.it

Saluti.
Dott. Roberto Lezzi






Date: Sat, 20 Oct 2001 15:19:48 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT>
Subject: [PM-SMC] Tempismo e interventi


Gli interventi sapientemente concertati (i meriti vanno riconosciuti) sui
due argomenti che hanno polarizzato l'attenzione di Psychomedia (vale a dire
il "decoro" della M-List e la proposta di legge Burani-Procaccini) non
possono non indurre, in un impolitico, l'impressione di un gioco di squadra.

E poiché conosco l'interesse per il prossimo che hanno coloro che
intervengono sbandierando ideologie (non nego che queste idee siano
teoricamente affascinanti) rimane la triste constatazione che questi
interventi coprano in realtà, come ho sempre detto, dei grossi interessi di
lobby.

La lobby che vede nello Stato e nel potere politico dello Stato, una fonte
di guadagno ed una sicurezza economica, la lobby che in Unione Sovietica
veniva chiamata "intellighentsia".

Questa lobby svela da un lato l' impreparazione tecnica (es ist nicht genug
sich an einen bekannten Psychiater mit "lieber" anzuwenden), dall'altro
il terrore ed il panico che si scopra ciò che oramai tutti sanno. Che, cioè,
il numero degli psichiatri che aderisce al questo credo è molto ridotto e va
via via riducendosi con il diminuire della loro forza politica.Perché quando
si perde forza politica, specie in Italia, ove il consenso è fluttuante, si
perdono anche adepti e sostenitori.

Non a caso vengono sempre richiamati i principi, ma non vengono mai esposti
i risultati nella loro terrificante interezza di costo/beneficio.E nella
pregnanza di risultati terapeutici raggiunti e mantenuti.

Gli è che, sconsolatamente, del benessere dell'ammalato sembra oramai
importi poco a chi gestisce queste operazioni politiche, così come pare che,
pur che vengano smerciate autovetture, della vita degli Italiani importi
poco al Ministero dei Trasporti.

Mit diesen Betrachtungen, Betrachtungen eines Unpolitischen, gruesse ich euch.

AAR






Date: Sat, 20 Oct 2001 19:11:31 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: "Renzo Giraldi (X)" <traxx@TISCALINET.IT>
Organization: Chaos & Computers
Subject: [PM-SMC] Mentecatti e figli di mignotta.


Il pregiudizio che passa attraverso questi due antichi termini, la loro
commistione associativa porta nuova luce filologica alla comprensione della
realtà.
Mens captivus o mens captus è antica espressione tardo latina che indicava
la mancanza di libertà nel disturbo psichico, un termine scientifico dunque,
che nella sua diffusione e volgarizzazione divenne mentecatto, connotato un
giudizio di valore negativo, un insulto che indicava la pochezza della
follia. Il termine originario indicava una sorta di prigionia mentale.
Analogamente i trovatelli nella Roma papale venivano indicati nei registri
anagrafici col termine mater ignota, abbreviato m.ignota, volgarizzato in
mignotta, una condizione anagrafica, sociale, del tutto involontaria, come
la pazzia, trasformatasi in cattiva parola, insulto.
L'associazione d'idee è quella di una contesa tra mentecatti e filii di
m.ignota, oppure al contrario che i mentecatti siano trattati,
ingiustamente, come se avessero antenati non ben precisati.
Non vie è dubbio che i mentecatti abbiano bisogno di una migliore attuazione
di legge per i trattamenti sanitari obbligatori: ma lo stato dell'arte in
tema di coazione psichiatrica deriva da una legge carente nella sua
formulazione o dalla sua mancata attuazione? E una nuova legge meglio
formulata, sarebbe poi applicata dai vari burocrati?
In questo caso chi è stato i filius di mater ignota? Perché non disciplinare
la legge vigente?
Esiste tutto questo bisogno di coazione?
L'interesse del mentecatto è quello di essere curato o e non di essere
tenuto lontano dalla società e la famiglia. L'istituzione è un valido
surrogato della famiglia?
La comunità terapeutica a vita? :La madre dello schizofrenico è ben
conosciuta, ha un nome e cognome: è la cosiddetta madre schizofrenogena.Le
istituzioni non sono migliori della famiglia, un orfanotrofio non è
migliore di una mamma schizofrenogena, come ha scoperto Spitz.
In altri termini, il mentecatto, penso psicotico, può essere trattato come
un figlio di mignotta, consentendo che sia interrotto il legame con i
familiari, buono o ativo ch sia, soprattutto quello materno, e portato a
forza in un'istituzione?
E' utile questo alla sua cura?
L'attuale legislazione psichiatrica non è stata attuata perché inattuabile?
Il costo della sua attuazione è parso eccessivo?
E' stato troppo facile ai soliti ignoti rubare il diritto alla cura ai
mentecatti.
La nuova legge è più costosa o lo è meno della precedente?
Dal momento che la realtà sanitaria si esprime nella crudezza dei tetti di
spesa, investire sulle istituzioni "per cronici" sottrae risorse alla
prevenzione e della cura, in altri termini è una scelta con cui la
cosiddetta "cronicità" si autoalimenta.
Il vero compito è prevenire, ridurre ove possibile l'inabilità.
Curare, prevenire, riabilitare, essere presenti e disponibili, sempre in
ogni momento.
Un approccio esclusivamente basato sul lato biologico non è giustificato
dallo stato delle conoscenze scientifiche: l'approccio psicosociale ha
ancora un valore e deve essere considerato un patrimonio acquisito dalla
psichiatria del nostro paese, e non un'idea di parte.
Un principio che non deve essere osteggiato dalla destra e difeso dalla
sinistra!
Quando verrà scoperto l'antibiotico in grado di sterilizzare lo schizococco
e di guarire la schizofrenia, come una qualsiasi malatia infettiva, in
quindici giorni, cambierò idea. Per il momento non possiamo permetterci di
diprezzare alcuno strumento.
Certi discorsi dei legislatori ci permettono di capire il peso dei
pregiudizi nello stigma psichiatrico.
Non è vero che la malattia mentale non esiste, non solo essa è reale, ma
essa è iperreale, nel senso di Jean Baudrillard. Il rischio della virtualità
del malato mentale è che ognuno voglia definirlo secondo la propria realtà
virtuale, come mi pare stiano facendo gli atttuali proponenti le riforme
psichiatriche. Questo stesso difetto era d'altronde presente negli autori
della cosiddetta legge 180.
La domanda a cui bisogna rispondere non è: che cosa è utile al malato
mentale ( che in questo modo viene tratato da mentecatto)? La vera domanda
è: che vuole questa persona con disturbi mentali?
Il malato è una persona e deve essere il soggetto o non l'oggetto
dell'intervento, non è vero che non può esprimere la propria domanda.
Il ricorso al privato, infine, può essere considerato un mezzo e non un fine
dell'intervento. Sarebbe, infatti, del tutto iniquo che i mentecatti fossero
istituzionalizzati a vita per l'interesse di alcuni figli di m. ignota, che
poi tanto ignota non è.
Qualsiasi proposta che non valuti nella giusta misura la prevenzione e la
cura, ma che punti esclusivamente o prevalentemente sulla lunga degenza è
sopetta di provenire dalla lobby del manicomio di cui incarna l'anima.
Business is business.
Renzo Giraldi






Date: Sat, 20 Oct 2001 19:34:40 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Marco Longo <m.longo@FLASHNET.IT>
Subject: [PM-SMC] Da Petrini: Errata interpretazione?


cari colleghi,

ricevo e volentieri reinvio alle liste queste due mail, cosi' come mi viene gentilmente richiesto dal collega Petrini

m@l

--------------------------------------------------------------


From: "Piero Petrini" <pipetrin@tin.it>
To: "Francesco Bollorino" <boll001@pol-it.org>,
"Marco Longo" <m.longo@flashnet.it>, "GENNARO ESPOSITO" <genesp@FASTCOM.IT>
Subject: Errata interpretazione?
Date: Sat, 20 Oct 2001 15:34:56 +0200


La sintesi dell'intervento riportata da Gennaro Esposito non corrisponde alle mie idee e non è fedele a quanto in quella sede ho affermato.

Gennaro mi ha promesso ieri di rettificare ed inviare le proprie scuse nelle liste principali, spero lo faccia al più presto.

Siccome questa mia potrebbe apparire un "riposizionamento", chiedo a Marco Longo, che considero più serio di altri, di rimandare in lista e nelle altre liste una mia E-mail, contenente le mie preoccupazioni espresse dopo l'incontro con Tonino e la Burani, inviata a Lui, ed ad altri amici, ed ad altre persone che stimo, che non cito, ma alle quali chiedo lo stesso favore, se vogliono farlo, per correttezza.

Le associazioni e le organizzazioni di cui sono un punto di riferimento (non l'unico, per fortuna!) esprimeranno la loro posizione dopo un dibattito interno.

L'unica associazione di quelle in cui mi riconosco, COME SEMPLICE ISCRITTO, che ha espresso, fino a questo momento, in un documento il proprio pensiero, con lettera del Presidente, La SIP Nazionale, mi trova, ora più di prima perfettamente d'accordo.

Mi scuserete se dopo questa E-mail probabilmente non interverrò più ad alcun dibattito, ma sono indignato e mi sento danneggiato.

Buon Lavoro a tutti.


Dott. Piero PETRINI
Specialista in Psichiatra - Specialista in Neurologia
Psicoterapeuta
Dir. Medico Psichiatra SPDC Osp. G.B.Grassi , Roma-Ostia
Perf. in Tecniche Psicoterapiche ad indirizzo Analitico


--------------------------------------------------------------


From: "Piero Petrini" <pipetrin@tin.it>
To: "Marco Longo" <m.longo@flashnet.it>
Subject: preoccupazione
Date: Tue, 9 Oct 2001 09:37:20 +0200


Cari colleghi,

dopo la riunione di ieri sento il bisogno di fare il punto della situazione;
A me è sembrato, al di là delle buone intenzioni dell'onorevole BURANI e di Tonino, che la gente presente non avesse la padronanza delle cose che diceva; Come quando si impara una lezione di un argomento della nostra materia, ma di cui non trattiamo la patologia.

Mi è sembrato che l'attacco alla 180 fosse "ideologico" più che "politico" o "tecnico".

Mi sembra, ripetendo quello che ha detto Massimo Purpura, come paura, che a molti dei presenti poco importava di "buttare via il bambino insieme all'acqua sporca", purchè si eliminasse "lo sporco" di una legge che ha il difetto di essere stata soprannominata "Basaglia".

Tutto questo stavo pensando quando sono intervenuto; non mi sentivo a mio agio, mi sentivo molto teso e molto "fuori luogo".

Ora, vi chiedo, è il mio retaggio politico che mi ha fatto vedere il "film" in questo modo, o voi avete la mia stessa sgradevole sensazione?

La mia posizione molti di voi la conoscevano, non ero chiuso ideologicamente ad un cambiamento della 180; su alcuni punti lo ritenevo indispensabile; è paradossale che dopo questa riunione ho veramente paura che a toccarla facciamo danni.

Ripeto, al di là di Tonino o dell'On. Burani che si sono comportati molto correttamente ed hanno permesso un bel dibattito, esempio di democrazia.

Fatemi sapere.

Piero Petrini






Date: Sat, 20 Oct 2001 20:16:28 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Andrea Mazzeo <a.mazzeo@TIN.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] riassunto


Chiara Pasini scrive:

> ho potuto osservare quanto diagnosi e prognosi siano ancora strettamente
> indissolubilmente legate in una morsa pericolosa su vari livelli, per
> chiunque.

Sacrosanto. Ho notato che inquadrando per bene diagnosi e terapia
anche
in casi "cronici" si ottiene qualche cambiamento.
Ricordo in particolare due pazienti dell'ex-OP (era il 1990) con
diagnosi di schizofrenia ed ovviamente bombardati di neurolettici. Ci
rendemmo conto che si trattava invece di disturbi dell'umore (in
particolare erano due stati misti psicotici); con la sospensione dei
neurolettici e con i regolatori dell'umore andarono benissimo, perdendo
certe connotazioni di cronicita'.
In altri casi fu la sola sospensione dei neurolettici che miglioro'
il
quadro. Riuscimmo addirittura a far ritornare nella loro famiglia due
pazienti, uno ricoverato dal 1949 (ando' a vivere con un nipote) e
l'altro
ricoverato dal 1965 (torno' in case di un figlio, anche se la notte
dormiva
in casa di riposo perche' la casa del figlio era troppo piccola).

> per ... il personale, ... e' possibile prevedere l'utilita' e la
> funzionalita' di altre figure professionali? educatori, animatori,
> psicologi, logopedisti, ergoterapeuti, psicomotricisti?

Parlerei di necessita' che vi siano queste figure professionali; le
SRA, se saranno realizzate, devono avere un organico multiprofessionale
e multidisciplinare, con buon grado di autonomia professionale, sia pure
nell'ambito di ciascun progetto individualizzato.
Se ripristiniamo le gerarchie medico-infermieristiche, buona notte.

Tra l'altro, da noi si dice che "il pesce comincia ad imputridirsi
dalla testa"; la selezione dei dirigenti e' essenziale.






Date: Sat, 20 Oct 2001 21:22:13 +0200
Sender: Psychomedia Salute Mentale e Comunicazione
<PM-SMC@LISTSERVER.SICAP.IT>
From: Antonio Augusto Rizzoli <aa.rizzoli@VE.NETTUNO.IT>
Subject: Re: [PM-SMC] Mentecatti e figli di mignotta.


La scrittura di questo pezzo è ottima. Complimenti.Vorrei saper scrivere
come Giraldi.
L'analisi dei bisogni lo è meno.Il resto del pezzo si diffonde su
interrogativi retorici che, peraltro, non vengono risolti. Ma la chiusura
(vero punto forte del pezzo, che è una sorta di fugato a due voci con alcuni
stretti) è del tutto condivisibile

"Qualsiasi proposta che non valuti nella giusta misura la prevenzione e la
cura, ma che punti esclusivamente o prevalentemente sulla lunga degenza è
sospetta di provenire dalla lobby del manicomio di cui incarna l'anima."

E' un poco quello che avrei voluto dire anch'io quando parlavo della totale
assenza di prospettive scientifiche nelle riforme proposte e criticavo, come
critico, la relativa assenza di tecnici e molte inutili presenze demagogiche.
Così come critico gli appelli e le invettive e gli insulti di chi farebbe
bene a starsene zitto e presto lo sarà.

Antonio Augusto Rizzoli







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