PSYCHOMEDIA --> HOME PAGE
AMP --> HOME PAGE --> SEMINARI 1997 - '98

A. M. P.
SEMINARI 1997 - '98
Parthenope Bion Talamo

Il sogno


Cominciamo con lo "accecarci" in maniera da poter sognare meglio.
Bion in realtà non ha mai scritto niente di specifico o sistematico sul sogno. Dopo gli anni '60 ha scritto poco di sistematico in apparenza. La famosa "trilogia" non è affatto una sistematizzazione, anche se tira molto i fili del suo pensiero precedente. Però in questa "trilogia" una delle cose chiare, che lascia cadere ad un certo punto, permette d'intravedere che Bion aveva delle idee diverse sul sogno da quelle di Freud. Cito dal IIo volume (di "memorie del futuro", n. d. c.):
"Non vi auguro dolci sogni," dice Alice, perché come direbbe lo Psicoanalista, che è un altro dei personaggi, i sogni sono sempre dolci quando li abbiamo ormai verbalizzati, allora lo Psicoanalista che è Bion risponde:
"Non io! Freud". Cioè l'idea di Freud del sogno era che una volta che siamo arrivati a verbalizzare il sogno lo abbiamo dolcificato chi con lo zucchero, chi con un dolcificante più artificiale, ma comunque facciamo sì che ci vada relativamente bene. Bion dice che questo è qualcosa che dice Freud e non lui e da qui discende la sua idea di che cos'è un sogno, di che cos'è la funzione del sogno e di come funziona il sogno. Per Freud i sogni avevano due funzioni principali: uno era quello di salvaguardare il sonno. L'idea era che il sogno ci permettesse di rimanere addormentati, perché altrimenti saremmo stati risvegliati da un afflusso eccessivo di ansia che ci avrebbe fatto saltare su; e qualche volta ci sono i sogni ansiosi da cui ci si risveglia con un balzo di solito estremamente sgradevole. L'altra funzione che Freud ascriveva ai sogni era quella di gestire, di digerire, direi in termini più bioniani, i desideri sessuali dell'infanzia che erano stati rimossi perché inaccettabili. Freud diceva che nel nocciolo di ogni sogno c'era un desiderio infantile rimosso. Poi ha dovuto fare molte acrobazie per fare i conti con i sogni che sono estremamente sgradevoli, sogni angosciosi che sembrano non avere a che fare con i desideri né sessuali né infantili. In alcuni casi di quelli che riporta nell' "Interpretazione dei sogni" riesce a fare un aggiustamento abbastanza tollerabile sul piano logico, ma in altri in realtà no. Già la teoria freudiana del 1900 mostra, secondo me, delle crepe, delle lacune anche se Freud era molto bravo a far sembrare che le cose andassero bene mentre in realtà in quel caso non tanto.
Bion ha approcciato il problema dei sogni da diverse direzioni contemporaneamente; una era certamente il suo lavoro come psicoanalista, che soprattutto agli inizi della carriera, ma credo anche più in là, aveva in trattamento parecchi pazienti borderline o francamente psicotici, i cui sogni presentavano delle situazioni anomale rispetto ai sogni dei pazienti di Freud accompagnati da associazioni; anche perché molto spesso i pazienti psicotici non associano e Bion dice molto categoricamente "non puoi interpretare un sogno se non ci sono le associazioni". Il motivo di questo è ovvio in realtà. Il sogno non può essere enucleato dal suo contesto mentale, ma questo ci porta ad una delle idee di Bion, e cioè il sogno effettivamente fa sempre parte di un contesto mentale, non è mai una cosa a sé stante, non è mai un qualcosa inviato dagli dei per esempio. E' sempre parte della vita mentale dell'individuo e Bion qui riprende un'idea che Freud esprime (an passant), credo, nel sesto capitolo dell' "Interpretazione dei sogni". Freud parla del sogno come qualcosa che fa parte del pensiero notturno e nello stesso contesto parla anche del pensiero inconscio della veglia. Per Bion l'idea di pensiero inconscio della veglia era un'idea molto importante perché permetteva di pensare a quello che James Joyce in "Ulisse" e poi in tanti altri testi, descrive come un "flusso di coscienza". Bion aveva l'idea di un flusso di inconscienza, non nel seno di essere incosciente ma nel senso di non essere consapevole. Ci sono alcuni bambini che danno l'impressione di avere un flusso di incoscienza, nell'altro senso del termine, ma questo non ci riguarda. In realtà per Bion il sogno faceva parte del pensiero inconscio dell'individuo sempre! 24 ore su 24! Se si prende questo come punto di partenza si può dire che noi sogniamo sempre, ma non siamo sempre consapevoli dei nostri sogni. Una parte dei sogni notturni spiccano come cime delle montagne in mezzo ad una giornata nuvolosa, o come un iceberg nel mare: una grossa parte sommersa e le cime che si vedono. Sono i sogni. A rigor di logica si dovrebbe dire che si può anche sognare durante il giorno e forse qualche volta essere anche consapevoli dei nostri sogni. Questo credo sia qualcosa che di fatto succeda in psicoanalisi e credo che succeda anche durante l'analisi di gruppo; non necessariamente soltanto nella mente dell'analista o del conduttore del gruppo, ma anche nelle menti dei pazienti, soprattutto quando hanno più esperienza del lavoro terapeutico, di solito quando sono avanti negli anni. Bion ha teorizzato un concetto che ha mutuato da un'idea francese che è quello della "reverie", cioè del pensiero che giracchia, ma non si pensa a niente in particolare. Ha utilizzato questo concetto legandolo all'idea dello stato d'animo, direi quasi di uno stato di grazia, della mamma che allatta, in cui la mamma non è lì consapevole di tutto quello che sta succedendo, ma si permette di rilassarsi molto e di avere un flusso di pensieri di cui in parte è consapevole in parte no. Bion ha preso questa idea e l'ha importata dentro la psicoanalisi con l'idea di lavorare senza memoria, né desiderio. In realtà questo concetto vuol dire permetterti di stare in uno stato mentale, e anche in un uno stato fisico, in cui si è molto rilassati. Per questo è importante avere anche una poltrona comoda, in cui ci si può adagiare e permettere ai propri pensieri di fluire senza bloccarli, senza spingerli, senza interromperli se è possibile. Questo permette all'analista di poter beccare ogni tanto un proprio pensiero inconscio che arriva un po' più vicino alla superficie, perché lo stato fisico è più simile allo stato fisico che si ha quando si dorme e lo stato mentale pure è più simile a quello che si ha quando si sta dormendo. Non so quanto simile perché credo che bisognerebbe fare tutta una serie di esami, come si fanno sul sonno, su persone preferibilmente esperte nel lavoro analitico in uno stato di reverie. Sarebbe molto interessante fare i vari elettroencefalogrammi e gli altri studi che si fanno sulle persone dormienti in questa situazione. Comunque non sono stati fatti e questo è per il momento fantascienza. Cosa diceva Bion che succede quando si è in uno stato di reverie o in uno stato di pensiero inconscio della veglia? Diceva che si formano dei pensieri prima di tutto, il più delle volte sotto forma di quello che lui chiama elementi alfa, cioè tasselli di mosaico; in realtà più complessi dei tasselli di mosaico perché sono già pensieri formati. Molto spesso l'elemento alfa è un'immagine visiva, il più delle volte per la maggior parte delle persone, ma non è sempre così, perché qualche volta può essere la sensazione di un suono, l'idea di un suono, l'idea di un profumo, di un odore, l'idea di una sensazione tattile. Sono comunque delle cose che passano attraverso i ricordi dei nostri sensi e con ogni probabilità, penso che si possa dire, sempre basati su un'esperienza sensoriale antecedente che però non ha niente a che fare con quella situazione presente. L'esempio grosso di questo nella letteratura è l'esempio in Proust dell'inzuppare il biscottino, la piccola madeleine, nella tazza di tisana di tiglio e il profumo del biscottino che sa di mandorla con il tiglio, improvvisamente porta alla memoria del giovanotto tutta la sua infanzia, tutti e dieci i volumi. No, comunque una immagine di questa città, una immagine della sua zia e di là poi discende tutto il resto della ricerca del tempo perduto. E' interessante vedere che da questo ricordo somatico e sensoriale, che poi diventa pensabile, Proust fa discendere un intero libro, un enorme libro, tutta la sua vita. Questo è interessante perché in realtà noi non smettiamo il nostro processo di pensiero quando arriviamo al livello di aver colto un elemento alfa, un'idea, un'immagine visiva che ci è venuta in mente. Lì comincia il pensiero razionale, cominciamo a giudicare, ci diciamo "questa cosa qui che mi è venuta in mente ora mi dice qualcosa sul paziente e ha colto in qualche modo per esempio il clima della seduta?" E poi possiamo paragonare la seduta precedente magari con quella in cui stiamo in quel momento, possiamo tornare indietro a quello che il paziente ha detto all'inizio della seduta in cui ha raccontato un sogno fino a quel punto assolutamente non interpretabile. E se siamo fortunati possiamo usare tutte i vari processi delle procedure del pensiero logico per produrre alla fine un'interpretazione. Quindi c'è una sorta di continuum dal pensiero inconscio, attraverso la formazione dell'elemento alfa, fino ai livelli anche più sofisticati, se si vuole, del pensiero più astratto come una matematizzazione, per esempio della situazione in seduta. Anche se questo succede raramente qualche volta capita. Questo fa parte di un'operazione che Bion ha fatto sul lavoro di Freud che avrebbe dato scandalo se qualcuno se ne fosse accorto; ma per fortuna nessuno se ne è accorto quando Bion ha scritto questo pezzo, credo nel '63. Ormai Bion è stato accettato come membro del Pantheon per cui non dà più scandalo, forse perché la gente comunque continua a non leggerlo più di tanto. Quello che Bion dice che dovrebbe dare scandalo, è che la sua teoria della funzione alfa, e cioè questa capacità di creare elementi alfa e poi di usarli per pensare, può tranquillamente sostituire la teoria freudiana del processo primario e del processo secondario. Freud dice che vige nell'inconscio il processo primario che fa uso di certi tipi di comportamenti mentali: la condensazione, per cui due o più cose si sovrappongono e diventano un'unica cosa, come per esempio in un sogno quando il paziente dice: " Ah già! la persona che era con me nel treno era una ragazzina era giovane, carina, simpatica però dopo è diventata anche quel mio amico stronzo", c'è una sovrapposizione cioè tra queste due figure, è una sorta di condensazione, poi nell'amico stronzo che è anche una ragazzina. Interpretando il sogno si vede che ci sono
anch'io, c'è anche la mamma, tutta un'altra serie di persone che lui ritiene cattive nei suoi confronti. Poi Freud parla dello spostamento, cioè che qualcosa invece di essere qui è là e
viceversa, e di varie altre cose nel sesto e settimo capitolo dell' "interpretazione dei sogni", Freud tira fuori cioè tutta una serie di considerazioni su come funziona il pensiero inconscio nei sogni e poi dice però che c'è il processo secondario che è quello del pensiero logico, matematico, artistico, quello più pensato, più razionale. Quello che Bion dice che in realtà non c'è questa differenza, non c'è bisogno di ipotizzare due sistemi diversi che poi fanno fatica a toccarsi, basta pensare a questo continuum come un qualcosa che gira la manopola che fa contatto, in un certo senso, che questa funzione alfa, che rende gli elementi alfa cose che possono essere usate per pensare consciamente. L'implicazione di questo è che per Bion, in realtà, il sogno fa semplicemente parte dei processi mentali normali e quindi può essere utilizzato per risolvere dei problemi; cioè che durante il sogni si risolvono problemi.
Problemi di un certo tipo, perché il problema che viene risolto è comunque un problema emotivo, un'emozione che forse è sorta nel corso della giornata anche se Bion non mette la
mano sul fuoco su questo. Freud è più preciso, ci deve essere il residuo diurno in un sogno. Non sempre c'è un residuo diurno di quel giorno stesso, qualche volta abbiamo residui diurni di parecchio tempo prima nei sogni o non ce ne sono affatto o non sono riconoscibili in quanto tali. Ma l'elemento alfa è sempre qualcosa che0 ha comunque un suo nucleo emotivo. Siamo fondamentalmente pigri, voglio dire mentalmente, e non ci diamo la pena o la fatica necessaria per costruire un elemento alfa se non è emotivamente significativo; il che vuol dire che c'è un nucleo di emozione in ogni elemento alfa. Per cui quello che dice Bion, grosso modo, è che i sogni servono per risolvere i problemi che hanno una componente emotiva importante. Se si va a guardare questo poi non è così diverso da quello che ha detto Freud rispetto al fatto che i sogni servono a gestire desideri sessuali infantili rimossi. In realtà questi sono casi particolari, una classe particolare della condizione più generale che suggerisce Bion. Io penso che Bion suggeriva questa cosa più generale per vari motivi: uno era certamente la sua esperienza con i pazienti, un'altra però era la lettura del testo di Poincarè, matematico francese, che è un testo del 1908, che si chiama "Scienza e metodo" e che è molto interessante. E' un testo in vari volumi di cui uno è "scienza e metodo". In questo particolare volume Poincarè, che era un matematico molto stimato, che non aveva letto quasi niente di Freud,( forse non aveva letto niente, anche perché nel 1908 non c'era molto da leggere), afferma che i sogni lo hanno aiutato a risolvere problemi matematici e ne dà diversi esempi. Anche Poincarè, che ha prima di tutti dato voce all'idea del "fatto selezionato", dice che quando ti trovi davanti ad una massa d'informazioni non sai dove andare, ti senti smarrito, confuso, hai un casino in testa, ad un certo punto uno dei fatti che ai davanti a te conferisce a tutti gli altri significato, e forma e rende pensabile la situazione. Ora Bion ha adottato molto volentieri, a piene mani, questa idea del "fatto selezionato". Cita sempre lo stesso pezzo di Poincarè. Ma io credo che fosse stato influenzato anche dal resto del libro in cui ci sono questi sogni .In essi Poincarè spiega come ha risolto questi problemi matematici attraverso non la matematica, ma attraverso immagini visive simili al famoso sogno di Kekulè sull'anello
di benzene . Kekulè non riusciva a capire come poteva essere la formula chimica dell'anello di benzene; poi ha sognato, in un'altra notte, un serpente che si mangiava la coda e ha capito che la formula aveva una forma tale invece di essere lineare. Quindi i sogni ci servono e ci servono moltissimo per gestire i problemi emotivi, ma anche per gestire problemi intellettuali che hanno però probabilmente forti componenti emotive. Io credo che possiamo vedere che Freud aveva buoni motivi per pensare che i sogni avessero a che fare sempre con la sessualità per un buon motivo che una buona parte della nostra attività mentale si occupa della sessualità, che è, per un mammifero, forse non per una ameba, ma comunque per un mammifero una delle cose più importanti che esiste, se non la più importante che ci piaccia o no! Di conseguenza era facile per Freud limitare quello che lui vedeva dei sogni, anche tenendo conto del suo <parco pazienti>, per usare un termine orrendo, che era composto in grande parte di isteriche, donne, nel 1898 soprattutto. Per cui credo che è molto facile che la maggior parte dei sogni che queste persone presentavano erano sogni con forti componenti sessuali. La cosa interessante però è che nella "Interpretazione dei sogni" Freud per correttezza nei confronti dei pazienti non parla dei sogni dei pazienti, parla dei propri sogni, se non in rari casi specificati; il che fa pensare che fosse un uomo con un grande senso di onestà e un grande candore, quasi. Bisogna anche ricordarsi che è comunque un libro che, stampato in seicento copie, ne ha venduto duecento della prima tiratura; non piaceva! In realtà è un libro assolutamente affascinante; bellissimo vedere come Freud gestisce l'interpretazione dei propri sogni e le associazioni e tutto il resto. Secondo me, però, l'idea del sogno come sistema per risolvere i problemi non è un'idea soltanto bioniana o soltanto freudiana. Se avete presente il film di Kurosawa, "Sogni", io ho l'impressione che in quel film lì si vede che Kurosawa aveva un'idea molto simile. Se praticato ad un poco di sogni dei vostri pazienti o anche vostri, anche nostri, possiamo vedere come tendiamo a finire il sogno nel momento in cui in qualche modo abbiamo la sensazione che un problema è stato risolto. Se non sbaglio nel primo sogno del film c'è il bambino che deve andare a scusarsi con la volpe perché ha visto lo sposalizio della volpe e per fare questo deve arrivare in fondo all'arcobaleno. Infatti quel sogno finisce col bambino improvvisamente in una vallata fiorita con l'arcobaleno che finisce là. Cioè è' finito nel momento in cui non c'è più bisogno di sognare oltre. Credo che questo sia un elemento importante anche nella formazione dei sogni; sogniamo perché abbiamo bisogno e smettiamo quando non ne abbiamo più. Allora si pone il problema del perché certi sogni si ricordano ed altri no. Si pone anche un altro problema e chiederò, dopo, il vostro aiuto. Io credo che certi sogni si ricordano, e molti sogni non si ricordano, se è vero che noi sogniamo sempre quando siamo in fase REM; la logica ci dice che sogniamo tutte le notti. Ora su questo fatto del sognare in fase REM recentemente ci sono stati anche dei dubbi espressi e devo dire che io ho alcuni pazienti che tendono a sognare in un punto della notte, cioè subito prima del risveglio; il che non sembra compatibile con l'idea che sia una fase REM, anche perché sono persone che si svegliano spontaneamente e non con la sveglia. Se fosse con la sveglia uno direbbe: "la sveglia ha suonato mentre loro erano in fase REM", ma sono persone che in genere non usano la sveglia per cui io comincio, e ho sentito anche dire
da qualcun altro molto più esperto di me, credo che fosse Mancia, che forse in realtà si sogna in fase che non sono fasi REM. Però se è vero che comunque in fase REM sogniamo, questo
lascia fuori dalla porta un sacco di sogni di cui non ci ricordiamo mai e la mia idea, non la idea di Bion, è che forse questi sono sogni che riescono a fare adeguatamente il loro lavoro, cioè
non hanno bisogno di sforare nel conscio perché noi ci lavoriamo su ulteriormente perché hanno già fatto quello che avrebbero dovuto fare, hanno già fatto il loro dovere si può dire in un certo senso. Cioè il sogno che funziona bene è il sogno che non ci ricordiamo. Come non siamo consapevoli del nostro fegato, dei reni o di qualsiasi altra cosa quando stanno funzionando correttamente. Allora ci troviamo in una situazione in cui probabilmente ci sono molti sogni che fanno parte del pensiero inconscio notturno e diurno che rimane inconscio. Abbiamo alcune cose che noi chiamiamo sogni che emergono durante la notte tanto che ce li ricordiamo di giorno e abbiamo alcuni protosogni, gli elementi alfa, che possono emergere quando stiamo lavorando con i nostri pazienti e che possiamo utilizzare nel lavoro con i pazienti. Cosa succede quando un paziente sogna e porta un sogno in analisi? Una delle cose che Bion dice è che se non si interpreta il sogno, la mancata interpretazione è un importantissimo fattore nella produzione di acting out: cioè se il paziente e l'analista insieme non riescono a sbrogliare ulteriormente quel particolare sogno lì, il paziente sarà, in un certo senso, costretto ad agire il sogno. Questo è qualcosa che succede abbastanza spesso, non è una rarità; molti sogni, non saprei dire quanti, dieci venti per cento, raccontati all'inizio di una seduta sembrano essere una sorte di progetto per come quella seduta si svilupperà nella mente del paziente.
Non sempre è facile per i pazienti anche in punti dell'analisi molto avanzate tollerare i propri sogni e soprattutto se sono sogni angosciosi e si vede proprio la funzione dell'analista nell'essere lì come altra mente che può verbalizzare qualcosa che non era, anche se era stato pensato, non era verbalizzabile.
Ci vogliono due persone per molti sogni ci vuole qualcuno che lo sogna e qualcuno che lo riceve e che tollera di pensarlo.

DISCUSSIONE

Giampà.
E' stato pubblicato, nel 1976, un libro scritto da Julian Jaynes, professore di psicologia all'Università di Princeton, dal titolo "Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza" egli sostiene che in origine l'emisfero destro sia stato abitato dalle "voci degli dèi" mentre il sinistro dominava la vita cosciente. Ancora, ai tempi degli Assiro - Babilonesi, si pensava con l' emisfero sinistro e con il destro si facevano dei sogni da svegli (le voci degli dei). Molti anni fa quando hanno cominciato a fare i neurofisiologi gli studi sui sogni, e svegliavano le persone mentre stavano sognando (per chiedere il contenuto del sogno), queste persone nelle notti successive cominciavano a fare sogni il cui contenuto era di aggressività verso gli osservatori, in qualche modo il sogno deve anche proteggere il sonno.

Parthenope
Sicuramente sì. E' molto interessante quello che stai dicendo. Io adesso sto leggendo un po' sull'Australia e pare che gli aborigeni australiani hanno questa idea di un tempo primordiale che era il tempo dei sogni.

Domanda: Vorrei un chiarimento riguardo a ciò che lei ha detto sui sogni che non ricordiamo, sono quelli che più degli altri soddisfano i nostri sogni?

Parthenope:
Noi pretendiamo di non fare di più della quantità del lavoro necessario in genere; questo è il motore dietro la celerità, ma credo che la mente funzioni così come anche il corpo: cioè quando le cose stanno andando bene non ci facciamo caso, quando siamo ben oleati, quando tutto gira "a regime". Andiamo dal medico quando qualcosa si inceppa. Io dico che questa cosa che ho detto è del tutto teorica ma a me sembra logica perché se è vero che sogniamo sempre in fase REM perché non ricordiamo tutti i nostri sogni? Dovremmo ricordali molti di più, perché ricordiamo solo alcuni? Perché non tutti i sogni che ricordiamo sono così spaventosamente sgradevoli?

Domanda: Io mi sono fatta un'idea che questi sogni sono i sogni che non riescono ad arrivare ... (registrazione non comprensibile)

Parthenope:
. Questa è un'ipotesi altrettanto valida credo, è vero che qualche volta noi facciamo dei sogni che non ... (registrazione non comprensibile) bene e ci ritroviamo nella stessa notte a risvegliarci e poi sognare lo stesso sogno finchè non arriva a una conclusione migliore; questa è una esperienza abbastanza comune, però, siccome c'è anche questa possibilità, continuo a pensare che ci sono anche dei sogni che esaudiscono il loro compito. Infatti il nostro pensiero inconscio rimane inconscio; credo che siamo consapevoli o consci di una parte molto piccola del nostro processo mentale. Credo che ci siano tantissime cose che noi facciamo abitualmente a cui non pensiamo, gesti automatizzati però sono sicuramente inconsci.

Domanda: (registrazione poco comprensibile) sul sogno come contenuto.

Parthenope:
Non lo vedo così veramente perché mi sembra che il sogno sia autoreferenziale in un certo senso, così come diceva ....( incomprensibile il nome citato) "una rosa è una rosa è una rosa" e un sogno è un sogno è un sogno. Nell'idea di contenitore e contenuto. C'è sempre l'idea di
una certa tensione tra i due termini, non sono necessariamente in opposizione, ma possono esserlo e possono esserlo anche in maniera molto violenta; mentre ho l'impressione che il sogno sia qualcosa di più simile a un animale unicellulare, cioè è qualcosa che nasce contenuto e contenuto (?) è un tutt'uno senza quella linea di demarcazione che i due termini implicano tra l'uno e l'altro. Non mi viene bene pensare ad un sogno in termini di contenitore - contenuto; ha più a che fare con il processo schizoparanoide - depressivo, con quella oscillazione lì, in cui i vari pezzi possono essere portati assieme anche attraverso la scelta di un fatto selezionato per creare un sogno; ma non mi trovo bene con quest'idea, non vorrei dire che cosa Bion pensasse al riguardo perché non lo so, non mi sovviene nessun punto in cui lui ha messo in rapporto questi due tipi di concetti.

Domanda: non comprensibile nella registrazione.

Parthenope:
Quello che lei dice però sul narrativo invece è molto pertinente al discorso. Perché Bion dice, non mi ricordo dove , non credo sia in "Cogitations" ma in qualcuno dei seminari clinici, difficile da rintracciare in quanto non hanno indice, che la narrazione di un sogno in cui apparentemente le cose vengono in sequenza è a volte ciò che il paziente impone sul materiale che sequenziale in realtà non è. Ma la narrazione forma una sorta di malta che appiccica assieme i vari pezzettini. Qualche volta mi è capitato di dire a un paziente che avevo l'impressione che lui avesse raccontato un sogno come se fosse una storia, ma in realtà erano, mettiamo, tre scene diverse che raccontavano la stessa cosa su livelli diversi della mente o rispetto ad aspetti diversi della sua vita e quindi la forma narrativa era in realtà, in un certo senso, un falso. Però noi abbiamo la tendenza a preferire la narratività su qualsiasi altra cosa. E' vero che nel '900 questo sta cambiando, ci stiamo ad abituare a cose che non raccontano necessariamente una storia; per questo motivo io sono un poco preoccupata, è troppo! Insomma un poco dubbiosa rispetto all'influsso di <narratologia> in psicoanalisi e nell'interpretazioni psicoanalitiche perché ho l'impressione che stiamo prendendo una cantonata, che prediligiamo, come se fosse qualcosa di importante, qualcosa che è soltanto un'abitudine del nostro modo di pensare.

PISANI. Ti volevo chiedere se io ho ben capito, quanto sia importante l'atteggiamento dell'analista nei confronti del paziente, che è l'atteggiamento di reverie, che in definitiva è un atteggiamento di estrema recettività che ti permette tal'altro attraverso delle intuizioni immediate, mentre tu stai seguendo i tuoi pensieri, di trovarne una che è la chiave di volta del significato del sogno. Credo che questo è l'elemento nuovo di Bion rispetto a Freud, però per quanto riguarda i contenuti, i contenuti che hanno a che fare con la sessualità infantile e con la relazione primaria madre - bambino, mi chiedo se i contenuti poi non continuino ad essere molto importanti quelli freudiani.

Parthenope:
Assolutamente sono estremamente importanti, però è cambiato molto il nostro modo di avvicinarci a questi contenuti. Per esempio Freud nell'interpretazione dei sogni lascia molto
spazio al simbolismo; come se i simboli fossero eterni, fissi, immutabili e validi per tutti! Oggi non la pensiamo più così.

PISANI: A mio avviso è un grandissimo errore che non ci sia un punto d'incontro tra le varie correnti psicoanalitiche e tra l'altro contraddice lo spirito dell'analisi. Il sogno di Kekulè., quello del benzene e serpente, ancora una volta, mi chiedo, quanto possa avere a che fare con gli archetipi junghiani e se si avvicinano molto agli elementi beta bioniani o al protomentale.

Parthenope:
Io sono pienamente d'accordo che gli analisti devono parlare con tutti, infatti a Torino ci sono degli adleriani, con cui l'anno scorso abbiamo fatto un piccolo convegno. Stiamo insieme producendo una pubblicazione sulla depressione perché riteniamo che tutti quanti abbiamo delle cose da dirci a vicenda e che solo mettendo insieme le nostre forze possiamo tirare fuori anche idee nuove. Io so che mio padre alla fine dei suoi giorni stava leggendo di nuovo Jung proprio in riferimento agli archetipi. Perché era molto preso dall'idea che erano un tipo di pensiero che a lui era familiare, che suonava bene con il suo modo di pensare.

Domanda non totalmente comprensibile nella registrazione:
Mi chiedo se la narrazione col paziente, il suo linguaggio sia veramente referenziale in quanto la narrazione di un discorso può essere fatta attraverso emozioni apprese, condizionate e quindi...

Parthenope:
Sì, probabilmente ho fatto male ad usare il termine referenziale. Quello che io volevo dire è che volevo dare soltanto l'impressione di un sogno come una unità coerente al suo interno; può non essere coerente con altri pensieri consci del paziente, può non essere accettabile per il paziente. Mi sembra che è soltanto attraverso il lavoro analitico in profondità con i pazienti che si può dare una risposta che è diversa per ogni paziente. Tutti quanti noi usiamo quello che ci troviamo di fronte, con cui costruire i nostri pensieri, i nostri sogni, è chiaro che un individuo che ha una vita emotiva, intellettuale o culturale più ricca farà dei sogni probabilmente più significativi. Non so se si può prendere l'esempio del sogno di Anna Freud bambina che aveva fatto una indigestione di fragole e durante la notte parlava nel sonno e diceva "fragole, fragole, fragole", quello è un sogno molto primitivo, in un certo senso, poco formato.

Domanda non comprensibile nella registrazione.

Parthenope:
Sì ma Wittgenstein non aveva pazienti in analisi e non sapeva niente di identificazione proiettiva. (caso clinico: omissis) Per cui il verbale è estremamente importante ma è un punto di arrivo di un processo che comincia assolutamente non verbale e che può essere amplificato, nutrito, come processo da molte altre cose che non sono verbali.

Domanda non comprensibile nella registrazione.

Parthenope:
... Gli psicoanalisti non devono leggere solo di psicoanalisi, non devono leggere solo tra di loro, devono leggere queste persone terribili come quelli di Palo Alto; c'è un testo molto interessante di ...[registrazione non comprensibile] "Cosa si dice dopo che si è detto ciao?" in cui descrive alcune sedute filmate a grande velocità e tenendo le videocamere sul viso delle persone e poi hanno decodificato e catalogato i micromovimenti dei visi. Io penso che una buona parte dell'identificazione proiettiva è effettivamente veicolate da cambiamenti di posizione fisiche ed espressioni visive che sono così rapide che non li cogliamo consciamente ma li percepiamo inconsciamente e reagiamo di conseguenza. Queste non sono verbali e non saranno mai verbali se li vedeste cento anni non riuscireste a dire quello che hanno detto con la faccia. Abbiamo delle comunicazioni che sono straordinarie. Recentemente al Centro di Torino sono venuti due neonatologi che fanno parte della campagna piemontese per l'allattamento materno e ci hanno spiegato tutti i vari cambiamenti ormonali quando il neonato è allattato; ed era chiaro che una grande parte di una comunicazione fondamentale è fisica e noi tendiamo a far finta che non siamo fisici.


PSYCHOMEDIA --> HOME PAGE
AMP --> HOME PAGE --> SEMINARI 1997 - '98