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A. M. P.
SEMINARI 2002 - 2003
Francesco Marchioro

Sigmund Freud - Otto (Rosenfeld) Rank
Un'amicizia del tutto particolare

«Io vi dico:
bisogna avere ancora un caos dentro di sé
per partorire una stella danzante.»
Nietzsche (Così parlò Zarathustra)

Ringrazio questo dipartimento e in particolare il prof. Rocco Pisani per l'invito e l'onore di presentarVi questa sera alcune considerazioni inerenti ad un tema che mi impegna da molti anni e che affronto nella sua dimensione storica non tralasciando quella teorica: l'amicizia Freud - Rank e, strettamente collegata ad essa, la nascita della psicoanalisi applicata.


Sulla biografia del fondatore della psicoanalisi sono stati approntati molteplici lavori e compulsati molti documenti; pertanto, non ritengo di dover aggiungere nulla in proposito se non, forse, una piccola testimonianza personale in relazione ad un libro che ho tradotto e curato recentemente, ovvero l'unico lavoro biografico che sia stato redatto da un componente della famiglia Freud: Mio padre Sigmund Freud composto dal figlio Martin.
Invece per quanto riguarda la vita e l'opera di Otto Rank, le pubblicazioni in italiano sono poche, quasi inesistenti, lo stesso lavoro di Luigi De Marchi Otto Rank. Pioniere sconosciuto (Melusina, ed. 1992) giunge tardivo e sulla scorta di una minuziosa, monumantale opera di James Liebermann che culmina nel volume del 1985 Acts of will. Life and work of Otto Rank (The free Press a div. Of Macmillan, N.Y. 1985) una generosa e preziosa fonte per lo studio di Rank. Sono di particolare interesse anche i precedenti volumi: di Jassie Taft (segretaria e allieva di Rank in America) Otto Rank. A biographical study (The Julian Press, N.Y. 1958) e di Esther Menaker Otto Rank. A rediscovered Legacy (N.Y. Columbia University Press, 1982) e indirettamente di Ernest Becker The Denial of death (The free Press a div. of Macmillan, N.Y. 1973) con cui si aggiudica il premio Pulitzer del 1974.
Ecco, quindi una esposizione di alcuni tratti biografici ora ampi ora sommari del nostro Autore.

Otto Rank nasce il 22 aprile 1884, terzogenito di Simon e Karoline Fleischner Rosenfeld, in Czerningasse a Vienna. Il primogenito si chiama Paul, nato nel 1881, mentre l'anno successivo nasce la sorella Elisabeth (non vivrà che pochi mesi).
Oltre alle malattie caratteristiche dell'infanzia, Otto soffre di reumatismo articolare acuto, in conseguenza di un'infezione dovuta a streptococchi. Tale febbre reumatica lo accompagnerà per tutta la vita, al punto da costituire una delle probabili cause della sua morte, nel 1939, per gli effetti infiammatori al cuore.
La storia dell'infanzia e giovinezza di Rank è delineata in lacunosi e frammentari appunti che troviamo annotati nel suo diario. La condizione familiare è triste e opprimente: il padre, uomo di nessun valore e violento, è dedito all'alcool; la madre, donna sensibile e mite, deve prendersi carico della rovinosa situazione.
La reticenza di particolari circa la relazione del piccolo Rank con i genitori permette di intravedere conflitti parentali e contrastanti sentimenti filiali.
A rivelarlo esplicitamente è anche un particolare molto inusuale: il giovane Otto, leggiamo nel diario, cambia il proprio cognome Rosenfeld in Rank e tale rimarrà per tutta la sua vita (la sostituzione viene definitivamente legalizzata nel 1909).
Il cognome Rank è presumibilmente tratto dal dottor Rank, amante di Nora nel dramma ibseniano Casa di Bambola. Sulla figura del dottor Rank, di Nora e sul dramma di Ibsen rinvio al sottile lavoro di Georg Groddeck, Il teatro di Ibsen. Tragedia o commedia?
Faccio però notare un passo del dottor Rank, un personaggio votato alla morte a causa della sifilide ereditata da un genitore libertino, che così si rivolge a Nora: “Dover pagare per le colpe di un altro. C'è giustizia in questo? Eppure in ogni famiglia domina in un modo o nell'altro una simile inesorabile nemesi.”
Anche Otto Rank teme di aver ereditato dal padre la sifilide, dal momento che il padre, nelle sue crisi quotidiane dovute all'alcool, presenta sintomi di tal genere.
L'idea della morte lo tormenta con ossessiva insistenza, e un breve racconto del diario del gennaio 1903 s'intitola significativamente "vita e morte"; tratta di un gigante che macina instancabilmente grani di caffè con sadico piacere: parodia della condizione umana quale gli appariva allora.
Mi sembrano sufficientemente chiare le allusioni di questi brevi passi per illustrare la profonda infelicità e solitudine in cui Rank matura i suoi primi anni di "apprendistato" pur sempre con lo strenuo desiderio di approdare ad una conoscenza che gli permetta di far luce su di sé e intorno a sé.
Una simile occasione gli si presenta con la stampa delle prime opere di Freud, in particolare con l'apparizione de L'interpretazione dei sogni.
Ed una eco delle letture freudiane, di questa "amicizia" intellettuale possiamo rilevarla in un aforisma che leggiamo nel diario, il 3 dicembre 1904: “l'arte è l'interpretazione del sogno della vita.” Questo pensiero delinea già un itinerario ora immaginario più tardi psicoanalitico che impegnerà Rank per lunghi anni quale pioniere della teoria freudiana.
Nel diario trovano posto, giorno dopo giorno, annotazioni su temi mitologici, opere di poeti e scrittori, sul sogno, l'arte, la volontà.
Incontriamo autori che risultano fondamentali per la genesi della psicoanalisi stessa: Stendhal, Dostoevskij, Wedekind, Hebbel, Darwin, Schopenhauer, Nietzsche, Goethe, di cui impara a memoria il Faust.
Appropriata descrizione di questi anni giovanili potrebbe essere quanto Nietzsche scrive in Ecce homo: “Murarsi in se stesso è una delle prime accortezze dell'istinto durante la gravidanza spirituale.”
In un frammento del 1903 troviamo un'annotazione premonitrice: “C'è nella vita di molti uomini un evento occasionale che ha un'influenza determinante e indirizza il loro sviluppo.”

Nel 1906 accade quell' "evento determinante" per la vita di Rank, l'incontro con Sigmund Freud.
Non ricorre nel diario alcun riferimento a questo riguardo, ma non è difficile far risalire l'incontro alla fortuita circostanza che voleva Alfred Adler medico di casa Rosenfeld-Rank.
Adler era di quattordici anni più vecchio di Otto Rank e già dal 1902 frequentava (insieme a Kahane, Reitler, Steckel), su invito di Freud, le "Riunioni del mercoledì sera". In queste sue visite dev'essere venuto a conoscenza delle particolari letture, delle idee del giovane Rank e delle sue simpatie per la psicoanalisi; ecco, allora che gli offre la possibilità di incontrare Freud.
1906: questo nuovo periodo costituisce per Freud l'uscita dallo "splendido isolamento", dalla tregua che i primi anni del secolo gli avevano riservato. “Finora l'alba era stata molto pallida, ma nel 1906 l'orizzonte cominciò a schiarirsi.”
Inizia, infatti, la corrispondenza con C. G. Jung, e il gruppo di Vienna si collega così all'ospedale psichiatrico Burghölzli di Zurigo, diretto da Bleuler. Il 3 marzo 1907 avviene il primo incontro tra Freud e Jung e la fondazione dello Jahrbuch für psychoanalytische und psychopathologische Forschungen (1908) esprime la “stretta collaborazione scientifica instauratasi tra Vienna e Zurigo” con l'unificazione delle due scuole.
Già nel gennaio dello stesso anno un altro personaggio importante per la psicoanalisi, Max Eitingon, viene in visita da Freud; nel dicembre 1907 è la volta di Karl Abraham, seguito nel febbraio del 1908 da Sandor Ferenczi e nell'aprile da Ernst Jones. “Il periodo di latenza era trascorso e dappertutto la psicoanalisi diviene oggetto di crescente interessamento.” Nel 1909 la psicoanalisi salperà per l'America e "la peste" darà avvio al "movimento psicoanalitico" internazionale, segnando l'inizio della diffusione delle nuove idee anche oltre oceano e di riconoscimenti ufficiali.
L'incontro tra Freud e Rank viene raccontato nella Storia del movimento psicoanalitico (1914): “Un giorno un giovane diplomato di una scuola professionale si presentò da noi con un manoscritto [L'artista], che rivelava un'intelligenza eccezionale. Lo inducemmo a compiere gli studi ginnasiali, a iscriversi all'università e a dedicarsi alle applicazioni non mediche della psicoanalisi. La piccola associazione guadagnò così un segretario assiduo e fidato, e io acquistai in Otto Rank il mio aiutante e collaboratore più fedele.”
L'impressione ricavata da Freud dall'incontro con il giovane Rank è, come si legge, di forte simpatia, anzi di vivo affetto e pieno riconoscimento delle sue capacità intellettuali.
Si può considerare la trasformazione delle informali "Serate psicologiche del mercoledì sera" in "Società psicologica del mercoledì", che avvengono prima nell'abitazione privata di Freud, poi dal 1910 presso il Doktoren Kollegium, si può considerare questa trasformazione come un effetto quasi immediato di questo loro incontro.
Nella prima riunione della Società, il 3 ottobre 1906, Otto Rank viene nominato segretario stipendiato e, come scrive Hermann Nurnberg, “sebbene la qualità delle discussioni fosse molto ineguale - a volte erano logiche e coerenti, altre volte concitate e confuse - Rank assolse al suo incarico con profonda comprensione e grande abilità.”
Rank redige i verbali delle riunioni compiendo un lavoro considerevole: si tratta di tre volumi di note, resoconti, appunti dettagliati.
Ed è ancora Rank a tenere la prima relazione della Società, il 10 ottobre 1906, sul "dramma dell'incesto e le sue complicazioni" (relazione pubblicata poi nel 1912 con il titolo "Il tema dell'incesto nella poesia e nella leggenda"), come pure la seconda sul medesimo tema e, precisamente, sulla "relazione incestuosa tra fratelli e sorelle" e la terza, il 23 ottobre 1906, nella quale interviene nella discussione Freud con un lungo intervento, in cui “esprime il proprio apprezzamento per il lavoro in generale, pone in rilievo le varie indicazioni analitiche disseminate nella trattazione.”
Certo le resistenze ad un tema così centrale per la teoria psicoanalitica e per la vita psichica di ogni uomo sono evidenti nelle obiezioni e nell'accusa di scarso fondamento che vengono rivolte all'Autore.
D'altronde lo stesso Freud (L'interpretazione dei sogni) aveva annotato che “nessuna scoperta della ricerca psicoanalitica ha sollevato più aspri contrasti, più fiera opposizione e amene distorsioni da parte dei critici, di quest'accenno alle tendenze incestuose infantili, conservate nell'inconscio.”
E specificamente su quest'opera di Otto Rank scriverà (Per la storia del movimento psicoanalitico, 1914): “Tra le applicazioni rigorosamente scientifico-letterarie della psicoanalisi la più notevole è l'accurato lavoro di Rank sul tema dell'incesto, il cui contenuto è comunque tale da assicurare al suo autore la più vasta impopolarità.”
Il saggio Il tema dell'incesto nella poesia e nella leggenda rimarrà nel cassetto fino al 1912, segno che le resistenze intorno alla scoperta dell'Edipo concernevano non solo alcuni critici o seguaci di Freud, ma l'autore stesso. Le "interne inibizioni" agiranno da "spettro" nella sua immaginazione, lo costringeranno ad un'annosa esitazione e ad una approfondita ricerca.
Un ulteriore, secondo effetto dell'insegnamento di Freud si può riscontrare nell'introduzione alla prima edizione (1907) de L'artista, laddove Rank riassume lo sviluppo della teoria psicoanalitica sul tema, riportando passi di opere a cui fa riferimento o a cui ha direttamente attinto nella sua elaborazione.
Suppongo, inoltre, che Rank oltre ai testi indicati nel lavoro sia stato in qualche modo a conoscenza dello studio freudiano del 1905-1906 Personaggi psicopatici sulla scena, e questo soprattutto per le affinità che presenta la sua trattazione sull'attore.
Otto Rank, che in gioventù non aveva trovato personaggi, uomini con cui identificarsi e che nella cerchia dei primi allievi di Freud appartiene sicuramente ad un ceto assai più modesto rispetto agli altri, trova nel Professore viennese un maestro riservato e un protettore discreto, che induce il giovane agli studi universitari e li finanzia personalmente.
L'amicizia, la guida di Freud resta per Rank la più profonda e significativa di tutta la sua vita; per Freud egli rappresenta un pioniere valido e originale, colui che avrebbe curato e continuato il suo lavoro.
E proprio a Jung Freud segnala L'artista in una lettera del 5 marzo 1908, dove scrive: “L'artista, che certamente [Rank] Le avrà mandato, contiene la migliore spiegazione che finora mi sia capitata tra le mani delle mie intricate teorie. Mi aspetto molto da lui.”
Freud è così certo delle qualità del suo giovane allievo da concludere con enfasi: “Da tutti i viennesi non verrà fuori un bel nulla, solo il piccolo Rank, che è intelligente quanto onesto, ha un sicuro avvenire.”
Per la verità, Rank raggiunge presto un alto grado di cultura, divenendo il più competente studioso delle applicazioni della psicoanalisi.
Molteplici sono nelle opere di Freud i richiami all'apporto intellettuale di Rank e due suoi saggi "Sogno e poesia" e "Sogno e mito" figurano dalla 4^ alla 7^ edizione, cioè dal 1914 al 1922 (ma praticamente fino al 1930, data dell'uscita della 8^ edizione), dell'Interpretazione dei sogni.
A questo proposito Freud (lettera del 17 febbraio 1911) ammette, rispondendo agli elogi e alle osservazioni critiche rivoltegli da Jung: “Questo libro non dovrà essere ripubblicato, bensì sostituito con uno nuovo, per il quale sto raccogliendo materiale con l'aiuto di Rank nei prossimi tre anni: io esporrò il sogno presupponendo o comunicando eventualmente i risultati della teoria delle nevrosi, mentre Rank si dedicherà a mostrare le relazioni letterarie e mitologiche.”
Si tratta di un progetto e di una particolarissima collaborazione che resterà unica nella storia delle opere freudiane, a testimonianza dell'alta stima e profondo affetto che unisce i due pionieri del pensiero psicoanalitico.
Questa "ospitalità" che il Maestro nell'Interpretazione dei sogni concede all'allievo e amico rispecchia e in un certo modo ricambia l'ospitalità offerta da Rank al saggio freudiano Il romanzo familiare dei nevrotici (1905), che esce interamente nel suo Il mito della nascita dell'eroe (1909).
Molti sono i lavori rankiani (citati e ripresi a piene mani da Freud nel suo capolavoro) tra il 1911 e il 1914, che intraprendono il cammino della ricerca lungo la "via regia dell'inconscio", come: Esempio di un sogno edipico mascherato; Dimostrazioni di fantasie di salvataggio; Sogni da stimolo dentario; Impulsi sessuali attuali quale causa del sogno; Stratificazione dei simboli nei sogni e nella poesia; Atto mancato e sogno.
Ciò ad ulteriore conferma sia dell'importanza che subito Rank riconosce a “quel nuovo contributo alla psicologia che sorprese il mondo” sia di un originale progetto, comunicato come abbiamo appena letto in una lettera a Jung, di un'opera nuova, a quattro mani (Freud-Rank), sull'interpretazione dei sogni.
La ricchezza della ricerca porterà Rank a pubblicare nel 1910 lui stesso un saggio sul sogno, dall'eloquente titolo: Ein Traum der sich selbst deutet ovvero Un sogno che interpreta se stesso, nel quale la ricchezza del sogno verrà esaltata e messa in rilievo in modo tale che l'interpretazione appare come opera stessa del divenire cosciente del sogno.
Si tratta di un lavoro molto apprezzato da Freud, a tal punto che di esso scriverà in Introduzione alla psicoanalisi (1915-17): “Il più bell'esempio di un sogno è forse quello riferito da Otto Rank. (...) Impiegherei qualcosa come un intero anno accademico per guidarvi attraverso un simile lavoro.”
I frutti più importanti dell'intenso e pionieristico impegno rankiano nella psicoanalisi e nelle sue applicazioni sono, oltre a quelli già citati: Il mito della nascita dell'eroe , 1909; Die Lohengrinsage (La leggenda di Lohengrin), 1911 (questo lavoro costituisce la tesi della sua laurea in filosofia); La nudità nella leggenda e nella poesia, 1911; Ein Beitrag zum Narzissismus (Un contributo sul narcisismo), 1911; Il tema dell'incesto nella poesia e nella leggenda, 1912; Die Symbolschichtung im Wecktraum und ihre Wiederkehr in mythischen Denken (La stratificazione simbolica nel sogno di risveglio e il suo ricorrere nel pensiero mitico) 1912; Der Familienroman in der Psychologie des Attentäters (Il romanzo familiare nella psicologia dell'attentatore) 1913; Il doppio, 1914; La figura del Don Giovanni, 1922.

Il primo quaderno degli "Scritti di psicologia applicata", comparso nel 1907, presenta il lavoro di Freud Il delirio e i sogni nella Gradiva di Wilhelm Jensen.
Il quinto comprende l'opera di Rank Il mito della nascita dell'eroe, che rappresenta il tentativo di “un'interpretazione psicologica dei miti” come recita il sottotitolo.
Lo stesso Freud, curatore della collana, precisa in una nota che tali scritti rappresentano la ricerca di “applicare le conoscenza psicologiche a temi artistici e letterari, di storia della civiltà, di storia della religioni e di campi analoghi.”
Dall'iniziale ambito della pratica clinica, l'indirizzo della scienza dell'inconscio si volge con sempre maggiore interesse a tutte quelle figure, formazioni (Gestaltungen) dello spirito espresse nell'arte, nella letteratura, nei miti, nella cultura in generale.
La psicoanalisi applicata è quindi un'opportunità (Freud, Prospetto per la collana "Scritti di psicologia applicata") “per far apprezzare il significato che la scienza della mente umana assume per la comprensione e l'approfondimento della nostra vita” apporti nei quali (Freud, Introduzione alla psicoanalisi, 1915-17) “la psicoanalisi ha essenzialmente la parte di chi dà, raramente di chi riceve.”

L'applicazione freudiana è da intendersi nel senso del ripensare "le scienze dello spirito" attraverso la psicoanalisi, di un “aggiungere qualcosa di essenziale” (Introduzione alla psicoanalisi), di uno “stabilire connessioni di vasta portata” (Bisogna insegnare la psicoanalisi nell'università?), di un “offrire importanti contributi, (...) un aiuto considerevole per la soluzione dei problemi” (Autobiografia) della civiltà e della cultura.
L'elaborazione artistica costituisce una rete simbolica tra le diverse discipline umanistiche e scientifiche. La psicoanalisi in questo processo di espansione si misura con ambiti a lei prossimi e per nulla estranei al suo, lo psichico, quali la poesia e la letteratura (Il delirio e i sogni nella Gradiva di Wilhelm Jensen e di W. Stekel I sogni dei poeti), l'arte (Il Mosè di Michelangelo, Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci), l'antropologia e la religione (Totem e tabù), la sociologia, la psicologia sperimentale e clinica (A. Adler, Conoscenza dell'uomo), la neurologia, la psichiatria (K. Abraham, Le differenze psicosessuali tra isteria e dementia praecox), l'etnologia e l'antropologia culturale (Geza Roheim, L'enigma della Sfinge).
La psicoanalisi, tra l'anarchia e l'ordine, la polifonia e la monodia, incontra nelle applicazioni l'apertura all'alterità, la possibilità di porsi come opera aperta, al di qua del fraintendimento al di là del limite.
Accanto al sogno, si snodano linee analogiche che comprendono fiabe, leggende, intersecano poesie, opere d'arte; queste espressioni individuali, culturali conducono a loro volta al lavoro del sogno, si collegano alla formazione del sintomo.
La forza innovatrice della psicoanalisi si spinge ad esplorare un'esperienza che non era mai stata osservata per secoli, la sessualità, si spinge a liberare i fantasmi di un passato oscuro, il rimosso, ad avvicinare frontiere che il lapsus culturale aveva definito spirito, l'inconscio.
Nel 1913 Rank insieme all'amico Hanns Sachs pubblica il saggio Die Bedeutung der Psychoanalyse für die Geistwissenschaften (Il valore della psicoanalisi per le scienze dello spirito, da me pubblicata con il titolo Psicoanalisi e sue applicazioni), un libro, commenta Freud, che raccoglie “i risultati ottenuti fino a quel momento dall'applicazione della psicoanalisi” insomma: “un ottimo libro.”
Rank diventa anche direttore (insieme ad Hanns Sachs) sin dall'inizio dell'Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse e di Imago - Rivista per l'applicazione della psicoanalisi alle scienze dello spirito (1912); fa parte del "Comitato segreto" ovvero (E. Jones) “un piccolo gruppo di analisti fidati, una specie di vecchia guardia.”
Ai denigratori Freud risponde (in Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni, 1932): “Una delle prime applicazioni della psicoanalisi fu di insegnarci a comprendere questa ostilità che il mondo contemporaneo ci dimostra, proprio perché ci occupiamo di psicoanalisi.”
La fondazione di Imago è, perciò, dettata da un moto non più centripeto ma centrifugo delle nuove teorie.
Un movimento che dà subito i suoi frutti, come testimoniano un centinaio di titoli riportati nella bibliografia del numero della rivista.
Uno sbocco indicato e seguito da Freud, che in questa rivista pubblicherà gran parte dei suoi scritti successivi al 1912, primi fra tutti i quattro saggi che compongono Totem e tabù.
Un campo d'indagine non medico, su cui la nuova teoria dell'inconscio incontrerà ampio consenso e diffusione.
Contemporaneamente a questa esigenza di evoluzione interna (come teoria) e di sviluppo esterno (come movimento psicoanalitico), assume un rilievo sempre maggiore la questione del metodo. Per quanto riguarda Imago e gli scritti di psicoanalisi applicata, la tendenza alla divulgazione non è stata scevra di errori e banalizzazioni.
Rank e Sachs in Psicoanalisi e sue applicazioni ammoniscono che “la psicoanalisi non è un "Apriti Sesamo!" che permetta di aprire tutte le porte senza timori e fatiche.”
La psicoanalisi non svela un nuovo sapere, ma scopre un sapere già esistente, che vive nell'uomo come non saputo.
Come scienza è una scienza "di frontiera", al limite delle scienze "umane" e di quelle naturali; scienza di confine come esplicita il titolo della collana di Imago: Grenzenfragen des Nerven und Seelenslebens, ovvero questioni di frontiera della vita nervosa e spirituale.
L'irrompere dell'Unheimliche, del perturbante, illumina l'itinerario che conduce alla frontiera del moderno; oltrepassando le costruzioni dell'intelletto e le costrizioni della ragione (dialettica o no), il metodo "nuovo" della psicoanalisi procede in un pensiero itinerante e produce la verità su uno sfondo di erranza.
La psicoanalisi in quanto teoria dell'inconscio osa porre in questione il problema della conoscenza in generale, in quanto rinviene un sapere che è originato da fattori che vanno al di là della conoscenza.
Emerge con il modello psicoanalitico una nuova area di esperienza, in virtù della quale è possibile inferire che la conoscenza è prodotta da un'altra conoscenza che mette in evidenza un sapere del quale l'uomo non sa nulla.
L'interrogativo che ricorre spesso circa la legittimazione della psicoanalisi ad impegnarsi in ambiti non strettamente terapeutici, incontra una esemplare risposta nell'assunto di Wordsworth più volte citato da Freud, secondo cui “il bambino è padre dell'uomo”, e pertanto i prodotti della civiltà e della cultura ammettono un approccio da parte della psicoanalisi in quanto traggono la loro origine nell'infanzia dei popoli, di cui il mito, la leggenda, la poesia, l'opera d'arte, la nevrosi, il sogno sono la vestigia, le tracce.
Scrivono Rank e Sachs in Psicoanalisi e sue applicazioni che “l'inconscio custodisce l'intero passato della nostra specie e, come un cordone ombelicale, collega il singolo con la totalità.”
Freud dal canto suo osserva (Il problema dell'analisi condotta da non medici. Conversazione con un interlocutore imparziale, 1926): “Noi non desideriamo affatto che la psicoanalisi venga inghiottita dalla medicina (...) merita un destino migliore. L'uso terapeutico dell'analisi è soltanto una delle sue applicazioni, e l'avvenire dimostrerà forse che non è la più importante.”
Appare chiaro come, all'orda selvaggia dei primi anni del Novecento sia succeduta nel 1908 la Società di Vienna e nel 1910 l'Associazione psicoanalitica internazionale, ovvero lo "splendido isolamento" di Freud, che aveva condotto alla difficile liquidazione del transfert con Wilhelm Fliess, era sfociato nella "via del largo" e la psicoanalisi (S. Vegetti Finzi, Storia della psicoanalisi) da “sapere criptico si andava trasformando in dottrina condivisa.”
Però, il movimento di aggregazione intorno alla scienza nuova dell'inconscio non è privo di ostilità e di contrasti. Il 1911 preannuncia quindi anche accadimenti che si ripeteranno nella storia del Movimento psicoanalitico, con differenti modalità ma analoghe conseguenze: il dissenso di Alfred Adler (1911), W. Steckel (1912), C. G. Jung (1914), come di altri dissidenti (lo stesso Rank) sancisce la regola dell'espulsione dall'istituzione ufficiale dei membri non ortodossi, delle teorie pericolose per l'integrità della dottrina viennese.
Freud, fondatore, padre primitivo, si comporta come il padre dell'orda selvaggia o il Mosè, capo del popolo eletto, quando il Thanatos dell'eresia minaccia l'ordine del suo sapere.
Scrive a Jung (31 dicembre 1911): “Non intendo negare che mi piace aver ragione” e ribadisce (Per la storia del movimento psicoanalitico) che “la psicoanalisi è una mia creazione. (...) Mi ritengo quindi autorizzato a sostenere che (...) nessuno meglio di me può sapere che cosa con il suo nome si debba intendere rispetto a quello che sarebbe meglio indicare con una diversa denominazione.”
Sovvengono le righe di Jung a Freud nella lettera sopra citata: “Quando Lei, smetterà di giocare al padre coi Suoi figli, allora mi addentrerò in me e liquiderò il mio perverso dissidio con me stesso nei Suoi confronti.”
Così, la tavolozza delle differenze teoriche s'infrange presto contro la tavola delle leggi freudiane.
Indubbiamente Freud è depositario di un sapere che impone in modo carismatico e fascinoso, fondando riviste, costituendo associazioni e dotando di potere i suoi discepoli, eletti.
Ma l'entusiasmo delle origini, la libertà del pioniere diventano sempre più amministrazione degli ambiti, codificazione dei risultati.
In queste pieghe del romanzo familiare del Movimento psicoanalitico, le relazioni tra Freud e Rank scrivono capitoli significativi.
Otto Rank si decide ad esercitare solo dopo la guerra, limitandosi all'analisi dei bambini (in base alla credenza allora diffusa che riteneva questa meno impegnativa rispetto all'analisi degli adulti).
Il contatto già quotidiano con casa Freud diventa ancor più familiare dopo il matrimonio (1918) di Rank con Beate Tola Mincer (conosciuta durante il servizio bellico a Cracovia, 1915-1918) e la sua nomina a direttore amministrativo dell'Internationaler Psychoanalytischer Verlag nel 1919.

Regolarmente ogni giovedì cena in Berggasse, 19 e con lui ritorna a casa parlando dell'Associazione, degli studi in preparazione, degli impegni del "movimento" psicoanalitico.
Tola Rank diventa anche lei membro della famiglia Freud, quasi nuora adottiva, ed entra nella cerchia viennese come collaboratrice di Imago e Freud riconosce la sua collaborazione citandola in una nota del suo Perturbante.
Ma, la fedeltà ed amicizia tra Rank e Freud s'interrompe nel 1924, alla pubblicazione dell'opera rankiana Il trauma della nascita.
I dissensi con la teoria e divergenze con l'Associazione sono così liquidati da Jones: la sua "ostilità fraterna" (verso i collaboratori del Verlag), regredì a una più profonda "ostilità paterna" (nei confronti di Freud).
Alcuni anni dopo, Rank stesso ne traccia un quadro in un colloquio con l'allieva e scrittrice Anaïs Nin, da questa riportato nei suoi Diari: “Ho visto troppa psicoanalisi, con Freud e i suoi discepoli, divenire pontificale e dogmatica. Incominciai interessandomi dell'artista, di letteratura, della magia delle parole. Il linguaggio medico non mi piaceva: è sterile. Mi immersi nella mitologia, archeologia, teatro, pittura, scultura, storia: solo l'arte, infatti, è in grado di ridare vita al fenomeno scientifico.”
Memore, forse, anche dell'insegnamento di Zarathustra, secondo cui "si ripaga male un maestro, se si rimane sempre scolari."
E Freud intravede la genialità della scoperta e gli indirizza una lettera (25 agosto 1924), in cui si legge: “In nessun caso (...) Lei deve vergognarsi della Sua opera geniale e ricca di contenuti, che dona cose nuove e preziose anche a chi la critica.”


Poi, nell'ultima lettera (2 maggio 1925) indirizzata all'allievo ormai lontano, si legge: “Per il mio prossimo 69° compleanno mi auguro di vederla, con aria serena, che annunci la felice composizione dei conflitti. Cordialmente, Suo Freud.”

Il giovane che appena ventenne aveva donato al Maestro il suo primo scritto di psicoanalisi, L'artista, ricevendone in dono lode e premio di affetto, rimetterà nelle mani del medesimo, vent'anni dopo, la sua dissidenza psicoanalitica, Il trauma della nascita, con la muta dedica: “A Sigmund Freud, all'esploratore dell'inconscio, al creatore della psicoanalisi.”
Ora, la comprensione di quello che accade tra questi due atti si può ricavare sia dalla sua ricca produzione teorica sia dalle vicende personali e di discepolo "prediletto" e quindi invidiato dagli altri allievi di Freud.
Questo imbarazzo verso l'originalità della proposta rankiana e l'ostilità che egli incontra intorno a sé trova un esempio significativo in Jones: le sue velenose insinuazioni e meschine ingiurie sull'attività, la persona, la "normalità" di Rank riflettono eloquentemente il clima gelido di sospetto e isolamento di quei mesi; Jones insinua che Rank soffrisse di "ciclotimia, turbe mentali" che lo tormentavano, giungendo così ad inaugurare quella subdola modalità di liquidare il dissenso denominata giustamente in seguito "patologizzazione psichiatrica".
Ma illuminante appare la motivazione che si legge in Jassie Taft, allieva e biografa di Rank: “é superfluo sottolineare che, per i membri medici lontani, i privilegi di un giovane, non medico, relativamente inesperto e venuto dal nulla, in quasi giornaliero contatto con il Maestro e inevitabilmente in confidenza con lui, devono essere stati una continua fonte di invidia inconscia e di giustificabile irritazione, se non sempre di gelosia.”

Dalla mia lettura della corrispondenza ancora inedita tra i due, di cui ho avuto visione tramite la Columbia University di New York, ho ricavato l'idea che nonostante l'innovazione posta a tesi del suo saggio, come pure i violenti effetti psicologici verificatisi in lui e negli altri allievi in seguito alla possibile morte di Freud per cancro alla mascella, ritengo che a causare il distacco determinanti furono più di tutto le crescenti difficoltà nella direzione del Verlag (la casa editrice internazionale), con Jones, le invidie e le gelosie degli altri membri. Queste tensioni valsero così tanto da costringere e spingere il riluttante Freud ad estromettere Rank dalla cerchia dei suoi ortodossi discepoli e a non comprenderne il collettivo timor panico dell'abbandono, cui si associava in Rank il bisogno di emanciparsi, di camminare da solo.
E ricordiamo l'ammissione di Freud (lettera a Rank del 25 agosto 1924): “In nessun caso (...) lei deve vergognarsi della sua opera geniale e ricca di contenuti, che dona cose nuove e preziose anche a chi la critica.”

"Non omnis moriar" (Orazio): con questo commento Freud accetta l'omaggio che Rank gli rende con l'opera Il trauma della nascita e nello stesso tempo dà espressione al triste presagio di un'inevitabile separazione da un così amato e ammirato allievo.
Certo, il Maestro viennese non rimarrà senza discepoli né il giovane analista privo di nuovi riconoscimenti, tuttavia il dolore (sconfessato dal "non") per la possibile fine dell'amicizia ha il valore sia di una morte sia di un cominciamento (annunciato dal "non omnis"), un superamento forse inatteso, in verità temuto.
Le lettere, i chiarimenti, gli incontri di quegli anni (1924-1926), testimoniano esplicitamente il travaglio personale dei due uomini, la faticosa ricerca e la perturbante scoperta di un'autonomia personale che sfocerà lentamente in una definitiva separazione.
Rank, consapevole di quanto recita il poeta (Goethe, Faust e Urfaust): “non nell'imperturbabilità cerco la mia salvezza”, ha avuto il coraggio di afferrare (lettera di Jung a Freud, 18 dicembre 1912) il “profeta per la barba” e interrogarlo sulla sua autenticità.
Alla posizione di zelante seguace della dottrina freudiana ha preferito la difficile avventura dell'emancipazione dalla figura di un Padre provvido sì ma fondamentalmente geloso.
Velatamente Freud ha avanzato un parallelismo tra Jung e Rank quando, dopo la pubblicazione di Entwiklungsziele der Psychoanalyse (Prospettive di sviluppo della psicoanalisi, un lavoro in comune tra Rank e Ferenczi), confida a Ferenczi (Jones, Vita e opere di Freud): “Sarebbe molto triste se dopo 15-17 anni di vita insieme si dovesse andare incontro a qualche nuovo disinganno. Tutto ciò renderebbe tetra la fine di chiunque” soprattutto per il vegliardo del complesso edipico, aggiungiamo noi.
Se l'evento natale caratterizza il modello principe della reazione d'angoscia, allora i complessi di Edipo, di castrazione, le costellazioni psichiche ad essi correlate, si definiscono come formazioni secondarie rispetto al trauma della nascita: l'effetto emotivo delle situazioni minacciose che sorgerà successivamente acquisisce nel trauma della nascita il suo prototipo.
La tesi rankiana non solo getta nuova luce sul senso della sessualità e dei conflitti psichici, ma sposta anche il centro della vita psichica dalla figura paterna a quella materna, anticipando in questo le teorie della Klein, di Winnicott e Bowlby. Contemporaneamente e di conseguenza, Rank rivaluta l'immagine psicologica e il ruolo sociale della donna: ancora una volta pioniere di idee che troveranno solo successivamente accoglienza e sviluppo.
Inoltre, si deve aggiungere a questo motivo di conflittualità anche la nuova tesi elaborata da Rank e Feenczi in Prospettive di sviluppo della psicoanalisi sulla "tecnica" psicoanalitica, ovvero i due colleghi reclamano "un ruolo più attivo (dell'analisi classica) non solo nella situazione analitica ma anche nella vita del paziente, attraverso l'esperienza emozionale, proponendo in questo modo una psicologia "umanistica", come vuole Luigi De Marchi o terapia "dinamica" come la definisce Rank stesso: “Ho posto l'Io del paziente in quanto volontà al centro della situazione analitica e l'analista al rango di strumento di guarigione di cui il paziente si serve temporaneamente. (...) La mia tecnica consiste nel rifiutare ogni tecnica precostituita e nell'utilizzare il più possibile l'esperienza. Una tecnica rigida può solo esistere in una terapia ideologizzata, in cui tecnica e teoria si rispecchiano. (...) Non si tratta di adattare il paziente a questa o quella realtà esterna, ma piuttosto di adattarlo a se stesso, di aiutarlo ad accettare quella parte di sé che ha negato e continua a negare.” Ancora: “L'analista non svolge il ruolo libidico assegnatoli da Freud o superegoico, ma assume tutti i ruoli possibili, anche quelli che non può prevedere in anticipo. (...) Solo ponendo nell'Io una sua forza autonoma, si può superare il concetto sterile di resistenza, riconoscere elementi costruttivi anche alla ripetizione e apprezzare i nuovi atteggiamenti del paziente come espressine della sua volontà.”
Le nuove tesi che collegano l'angoscia con la nascita e propongono una particolare tecnica (denominata "attiva"), nella pratica analitica, producono ben presto un atteggiamento di "animata" diffidenza prima e di forte resistenza, poi, nella cerchia dell'ortodossia freudiana, non solo viennese ma anche berlinese (Abraham) e inglese (Jones, Glover), come testimoniano ad esempio le lettere tra Abraham e Jones di quegli anni.
Sono quindi comprensibili il disagio e la tensione che lo investono nel momento di superare l'ambivalenza che lo lega a Freud, di realizzare una completa autonomia individuale e che gli consenta di costruire una liberazione esistenziale unitamente ad una indipendenza professionale.
Non evita certo un dibattito con la teoria viennese, un'analisi personale della sua personale relazione con Freud, una revisione dei rapporti con i collaboratori del Verlag e i membri dell'Associazione.

Quando, però, si avvede che ogni sforzo di chiarificazione risulta non solo inutile ma anche fonte di rinnovata polemica, abbandona le derive della cultura danubiana, il continente analitico della melanconica Mitteleuropa (Joseph Roth), e si volge alle inesplorate frontiere del Pacifico, all'epica via dell'oceano americano.
Così la Finis Austriae traccia per Rank l'aurora di sviluppi impensati e il fiume della melodia, come Hölderlin definisce il Danubio, canta l'annuncio di teorie dal "nuovo mondo", di rotte aperte alla creatività del pensiero.

Segue quindi per Rank il soggiorno a Parigi e l'attività in America, dove muore (poco più di un mese dopo Freud, 23 settembre), il 31 ottobre 1939, dopo l'asportazione di un rene e un'infezione postoperatoria.

Il periodo francese e americano è costellato da una continua e originale produzione di opere, tra cui: Il trauma della nascita (1924), Technik der Psychoanalyse (1926), Grundzüge einer genetischen Psychologie auf Grund der Psychoanalyse der Ich-Struktur (1927-1929), Seelenglaube und Psychologie (1930), Art and Artist (1932), Beyond Psychology (uscita postuma, 1941).

Nel 1965 viene costituita in California la Fondazione Otto Rank, che tra l'altro redige una rivista di psicoanalisi.

La penetrazione nel periodo preedipico, nella profondità abissale di questo legame con la madre sorprende Freud come una nuova scoperta nella sua inaugurale scoperta dell'Edipo: il fantasma prenatale si presenta alle porte di Tebe, all'Edipo re freudiano. Secondo la nuova teoria, l'angoscia scaturisce dal trauma iniziale.
Il ritrovamento dell'evento natale, quale esperienza di pericolo, di impotenza e perciò traumatica, specifica il modello principe della reazione d'angoscia. L'effetto emotivo delle situazioni minacciose che sorgerà successivamente acquisisce nel trauma della nascita il suo prototipo.
La pionieristica intuizione sulla situazione prenatale illumina di nuova luce il significato della sessualità e dei conflitti psichici. Ferenczi, dopo il lavoro steso unitamente a Rank Prospettive e sviluppo della psicoanalisi (1924), nello stesso anno sostiene la tesi dell'amico con un altro saggio, Thalassa, sottolineando la necessità di far prendere coscienza al paziente del transfert come attaccamento alla madre.
In Inibizione, sintomo e angoscia (1925) Freud discute a lungo la tesi rankiana per far prevalere la propria: il prototipo dell'angoscia è quella di castrazione e in questo modello si possono articolare i due atti mitici dell'incesto e del parricidio. Ma la questione rimane aperta e molto problematica.

Gli "errori" dei discepoli costituiscono un apporto innegabile ai lavori di Freud. Probabilmente
-senza Jung egli non avrebbe composto Totem e tabù, Per la storia del movimento psicoanalitico;
-senza Rank non avrebbe scritto Inibizione, sintomo e angoscia;
-senza gli sviluppi di Ferenczi non esisterebbe Analisi terminabile e interminabile;
-infine, senza l'Es di Groddeck non sarebbe apparso L'Io e l'Es.
Riservato circa il lato tecnico del proprio lavoro, Freud in una lettera a Groddeck osserva: “Che senso può avere la lotta per la priorità contro una generazione più anziana? Non potrebbe darsi che Lei abbia acquisito le idee per via criptomnestica?”
Questo sospetto che Freud nutre per Groddeck, del "furto delle idee", nasce da un rimprovero che Fliess aveva mosso un tempo all'amico (a proposito della sessualità) e ricompare all'indirizzo di Rank come velata accusa nell'Introduzione alla psicoanalisi: “Aveva trovato già pronto il nucleo della sua teoria.”
La preoccupazione di assicurare il mantenimento del suo pensiero nella completezza (difesa che la scissione di Jung rende impellente) aveva indotto Freud ad organizzare un'Associazione che, sostenendo la forma di autorità destinata a prevalere, fosse definita nei minimi dettagli dell'istituzione per l'esercizio e la trasmissione dei poteri.

Pur rifiutando il tono dell'infallibilità, tuttavia era questo l'attributo che maggiormente circolata e che passò i eredità ai suoi primi allievi, accolti come autorità intermedie di quel Circolo, ormai mitico, di Berggasse 19.
La teoria freudiana fungeva da schibolet, dottrina che all'occorrenza poteva predominare sul valore di verità.
Ma l'alba del 1924 non era più così serena come agli inizi del secolo, allorquando una schiera "selvaggia" si riuniva la sera per inventare una scienza nuova: “La piccola cerchia si caratterizzava per la ricchezza e varietà di talenti. (...) Ci si radunava, si discuteva secondo certe regole, cercando di orientarci in questo campo di indagine sconosciute per la sua novità.” (Freud, Per la storia del movimento psicoanalitico).
E se nel 1908 la Società psicologica annoverava ben ventisei nuovi iscritti (tra cui, S. Ferenczi, V. Tausk, O.L. Binswanger, E. Weiss), la Società psicoanalitica già all'origine aveva sofferto di un inevitabile gigantismo.
I problemi non tardarono ad emergere, anzi erano sorti fin dalle "serate del mercoledì", come testimonia lo stesso Freud: “Di cattivo auspicio erano due circostanze, che finirono per estraniarmi intimamente da quella cerchia. Non riuscii a stabilire tra i membri quell'amichevole accordo né a soffocare le dispute di priorità.”
Si deve notare che egli lascerà trascorre ben dieci anni prima di dedicarsi alla Psicologia delle masse e analisi dell'Io (1921), cioè al modo in cui si costituisce il collettivo, ai meccanismi per cui un gruppo organico partecipa della folla, al processo di identificazione dell'Io individuale a una medesima immagine ideale del cui miraggio la figura del capo fa da supporto.
Sebbene l'Associazione sorga con l'intento di costruire l'unità del Movimento psicoanalitico, l'effetto che ne deriva è ritmato da invidie, gelosie: ben presto il dissidio rovina nel conflitto.

Le defezioni più significative sono quelle di A. Adler (1911), W. Steckel (1912), C. G. Jung (1914), O. Rank (19124), mentre altri (esempio eccellente V. Tausk, denominato "bestia selvatica") verranno combattuti come nemici e abbandonato come disertori (questo è l'appellativo che conia Jones per designarli).
Il rapporto tra Freud e Rank di stima e piena collaborazione delineerebbe la migliore immagine della relazione tra maestro e allievo se l'incontro del talento di Rank con il genio di Freud non avesse racchiuso il germe inevitabile della tragedia.
Sembra pertinente il giudizio di Lou Andreas-Salomé, secondo cui ogni tentativo di autonomia nei confronti del maestro cozzava involontariamente contro il suo nobile egoismo di ricercatore.
Riferisce (in I miei anni con Freud), l'osservazione annotatale da Freud sul tema del regicidio: “R. elimina, con questo suo interesse, la parte negativa del proprio amor filiale nei miei confronti.”
La teoria del trauma della nascita, idea principe elaborata nella solitudine e presentata in omaggio al re dell'inconscio, dapprima stupisce ed interroga per originalità ed ingegno, poi abbandona il Ring viennese e riprende il largo della conoscenza per affrontare l'oceano burrascoso della indipendenza e libertà creativa.
Rank viene sostituito l'anno successivo con Anna Freud.
Il seguito della vita di Rank è segnato dall'allontanamento della cerchia degli allievi di Freud e dal suo abbandono di Freud (1923-1926).

Il giovane che appena ventenne aveva donato al Maestro il suo primo scritto di psicoanalisi, L'artista, ricevendone in dono lode e premio di affetto, rimetterà nelle mani del medesimo, vent'anni dopo, la sua dissidenza psicoanalitica, Il trauma della nascita, con la muta dedica: “A Sigmund Freud, all'esploratore dell'inconscio, al creatore della psicoanalisi.”
Ora, la comprensione di quello che accade tra questi due atti si può ricavare sia dalla sua ricca produzione teorica sia dalle vicende personali e di discepolo "prediletto" e quindi invidiato dagli altri allievi di Freud.
Questo imbarazzo verso l'originalità della proposta rankiana e l'ostilità che egli incontra intorno a sé trova un esempio significativo in Jones: le sue velenose insinuazioni e meschine ingiurie sull'attività, la persona, la "normalità" di Rank riflettono eloquentemente il clima gelido di sospetto e isolamento di quei mesi; Jones insinua che Rank soffrisse di "ciclotimia, turbe mentali" che lo tormentavano, giungendo così ad inaugurare quella subdola modalità di liquidare il dissenso denominata giustamente "patologizzazione psichiatrica".
Ma illuminante appare la motivazione che si legge in Jassie Taft, allieva e biografa di Rank: “é superfluo sottolineare che, per i membri medici lontani, i privilegi di un giovane, non medico, relativamente inesperto e venuto dal nulla, in quasi giornaliero contatto con il Maestro e inevitabilmente in confidenza con lui, devono essere stati una continua fonte di invidia inconscia e di giustificabile irritazione, se non sempre di gelosia.”

Dalla mia lettura della corrispondenza ancora inedita tra i due, di cui ho avuto visione tra mite la Columbia University di New York, ho ricavato l'idea che nonostante l'innovazione posta a tesi del suo saggio, come pure i violenti effetti psicologici verificatisi in lui e negli altri allievi in seguito alla possibile morte di Freud per cancro alla mascella, ritengo che a causare il distacco determinanti furono più di tutto le crescenti difficoltà nella direzione del Verlag (la casa editrice internazionale), con Jones, le invidie e le gelosie degli altri membri. Queste tensioni valsero così tanto da costringere e spingere il riluttante Freud ad estromettere Rank dalla cerchia dei suoi ortodossi discepoli e a non comprenderne il collettivo timor panico dell'abbandono, cui si associava in Rank il bisogno di emanciparsi, di camminare da solo.

Nei suoi primi viaggi, spesso brevi ma sempre intensi, a Parigi e New York egli tiene conferenze, organizza seminari, partecipa a congressi di psicoanalisi, psichiatria, medicina.
Ben presto intesse nuovi contatti, accoglie domande di analisi provenienti dagli stessi psichiatri, come ricorda Abram Kardiner.
Il 3 giugno 1924 viene eletto membro onorario dell'American Psychoanalytic Association ad Atlantic City (ne sarà successivamente espulso nel 1930, per mano di Brill e H. Stack Sullivan), dove ad ascoltare la sua relazione sul trauma della nascita c'è anche Jassie Taft, psicologa, che diviene ben presto sua paziente, allieva e segretaria operosissima.
A lei dobbiamo il prezioso lavoro di raccolta, cura e diffusione delle opere di Rank, nonché la biografia su di lui.
Durante un soggiorno parigino del 1925, incontra in casa di Laforgue (promotore e presidente della Société psychanalytique de Paris) Marie Bonaparte, che diventerà paziente di Freud e sua liebe Prinzessin.
Ed ancora, l'8 novembre 1933 riceve nel suo studio di New York Anaïs Nin, scrittrice trentenne che così lo descrive (nel suo Diario): “Intuii l'espansione del suo pensiero al di là della medicina, nell'universo creativo e filosofico. Ci capimmo rapidamente. (...) Non era né solenne né grave. Era agile, pronto, come se ogni parola pronunciata fosse oggetto prezioso dissotterrato, che era felice di aver svelato. Prevaleva in lui la curiosità non l'impulso a classificare. Improvvisava.”
Anche Hanry Miller, amico e nuovo amore di Anaïs Nin, aveva incontrato Rank nel marzo dello stesso anno e gli aveva donato il manoscritto di Tropico del cancro. Dal canto loro i due scrittori avevano letto con avidità e passione l'opera appena uscita di Rank, Art and artist.
Sono, questi, solo alcuni significativi esempi delle numerose e continue occasioni che si offrono a Rank per esporre la sua elaborazione del pensiero freudiano, per sviluppare una propria teoria e dare inizio ad un attivo insegnamento della psicoanalisi.
La sua influenza in Francia sarà duratura ed è testimoniata in scritti di vari autori, tra i quali lo stesso René Laforgue (suo il "trauma dello svezzamento") ed Eugénie Sokolincka (Quelques problème de technique psychoanalytique).
Un'ulteriore prova del successo è fornita dalle numerose edizioni francesi già allora approntate delle sue opere (Le traumatisme de la naissance (1928), Don Juan et le double (1932), La volonté du bonheur (1934), Le thème de l'inceste dans la poésie et la légende (1934), seguite da ristampe e nuove traduzioni (Si pensi che in quegli anni in Francia erano state tradotte soltanto tre opere: L'interprétation des rêves, 1926, Essais de psychanalyse, 1936 e Nouvelles conférences sur la psychanalyse, 1936).

Indubbiamente il fascino che le tesi di Rank suscitano a Parigi, nonostante l'incipiente vassallaggio della Bonaparte alla dottrina freudiana, la vivacità che sorregge la creatività rankiana destano grande interesse negli ambienti medici, culturali e, insieme alle formulazioni di Adler e Ferenczi, segnano profondamente il giovane Movimento psicoanalitico francese.
A dieci anni dal suo primo viaggio in America (22 aprile 1924) e dopo continui spostamenti fra l'Europa e l'America, Parigi, Philadelphia e molte altre città del Pacifico, nel 1934 Rank si stabilisce definitivamente a New York: nonostante la diffidenza di alcuni e le gelosie di altri, cinquantenne e famoso egli è richiesto da pazienti sempre più numerosi, stimato dalle personalità più influenti della psicoanalisi dell'epoca (tra cui F. Alexander, F. Williams, A. E. Newton), seguito e consultato dalle maggiori associazioni psicologiche, dai più avanzati centri pedagogico-sociali e da istituti di psichiatria americani.
Molti analisti dopo Rank, ad esempio H. Hartmann, W. R. D. Fairbairn, H. Kohut, O. F. Kerber, M. Mahler nonché Melanine Klein, lavorando sul terreno che egli stesso aveva iniziato a dissodare, saranno direttamente o inconsapevolmente suoi allievi.
Agli inizi del 1930, inoltre, numerosi sono i lavori già noti e pubblicati in America, come: the Myth of the birth of the hero (1914), The significance of psychoanalysis for the mental sciences (scritto con Hanns Sachs, 1915), The practical bearing of psychoanalysis (1926), The trauma of birth (1929), Modern education (1932) ed il già ricordato Art and artist (1932).
Nella vecchia Europa, in preda al delirio hitleriano, non sono rimasti che Jones e Freud, del Comitato segreto: S. Ferenczi e K. Abraham sono morti, H. Sachs è a Boston, M. Eitingon è in Palestina.
Anche oltre oceano, però, le difficoltà non mancano: i freudiani combattono una bassa guerra intestina, incoraggiati forse dall'improvvisa immigrazione di analisti europei (S. Rado a New York; F. Alexander e K. Hoorney a Chicago; E. Rimmel e O. Fenichel a Los Angeles; H. Numberg a Philadelphia, H. Deutsch a Boston; S. Bernfeld a San Francisco; ed ancora H. Hartmann, E. H. Erikson, ecc.) analisti europei che vengono ad infoltire il ridotto gruppo di analisti autoctoni (composto da A. Brill, S. E. Jelliffe, C. Obendorf, T. Feigenbaum e pochi altri).
L'influsso, più o meno deformato, della psicoanalisi viennese si estende al di là del mondo psicoanalitico vero e proprio, tra gli psicologi, i consulenti, gli assistenti sociali, gli psicoterapeuti.
Tuttavia, come dimostra l'idea che maggiormente accende l'illusione "modernista", ovvero la tendenza all'adattamento, le sorti della psicoanalisi in America erano già state ampiamente segnate dall'impatto che gli studi di Emil Kraepelin avevano avuto nel primo decennio del Novecento sulla psichiatria e sugli sviluppi teorici e terapeutici in medicina.
Perciò, dopo le conferenze dello stesso Freud, nel 1909 presso la Clark University a Worcester, la "peste" era stata facilmente neutralizzata dalla psichiatria, docilmente assorbita e resa inoffensiva dalla cultura medica più generale.
E così, invece di rinnovare la psichiatria e di trasformare le ricerche psicologiche, la psicoanalisi è immediatamente integrata nella pratica, abilmente "acculturata" nell'insegnamento.


Non si intende qui spiegare l'inizio della psicoanalisi negli Stati Uniti, bensì alludere all'estrema novità che la teoria di Rank rappresenta nel panorama culturale, scientifico e filosofico di quel continente.
Ecco un'annotazione molto illuminante di Anaïs Nin: “Avverto in lui un artista, un'intelligenza resa chiaroveggente dal sentimento. (...) Adopera lo stesso linguaggio degli altri ma va oltre le loro teorie: scrive da filosofo.”
E proprio in filosofia Rank si era laureato a Vienna, con La leggenda di Lohengrin (1911), la prima tesi redatta su un tema psicoanalitico.
Significativamente il 12 aprile 1926, nell'incontro d'addio, Rank porta in dono a Freud l'edizione completa delle Opere di F. Nietzsche, uscita da poco in 23 volumi rilegati in cuoio bianco (che Freud porterà con sé a Londra), a conferma della comune radice intellettuale.
Infatti, benché Freud abbia, a differenza di Jung (frequentatore di Dante, Schopenhauer, Nietzsche), a più riprese disconosciuto il proprio debito con Nietzsche, rimane tuttavia inconfutabile il fatto che questo filosofo, insieme a Empedocle e Schopenhauer, ha profondamente plasmato il pensiero psicoanalitico.
In una lettera a Fliess (12 gennaio 1900), si legge: “Ho appena comperato Nietzsche, nel quale spero di trovare le parole per tutto quanto in me resta muto.”
E precedentemente aveva scritto a Fliess (1 dicembre 1896): “La filosofia: questo volevo infatti in origine, quando ancora non mi era per nulla chiaro per qual fine fossi al mondo.”
Mentre, nella Storia del movimento psicoanalitico si premura di sottolineare: “Sono certo di aver elaborato autonomamente la teoria della rimozione; non so di alcuna fonte che mi abbia influenzato (...) fino a quando Rank ha segnalato il passo del Mondo come volontà e rappresentazione dove il filosofo tenta una spiegazione della follia.”
Quindi aggiunge: “Più tardi mi sono interdetto l'alto godimento delle opere di Nietzsche.”
Il citato apporto di Rank si riferisce al breve scritto (da me introdotto in Appendice alla edizione italiana de La volontà di essere felici), intitolato Schopenhauer: Sulla pazzia (1910), dove l'autore pone in evidenza i luoghi schopenhaueriani (in particolare nel cap. 36 del libro terzo e XXXII dei Supplementi, il processo della rimozione e la formazione della psicosi allucinatoria), della “spiegazione filosofica dei meccanismi psichici”, simile alla freudiana interpretazione della psiche.
Una lettera, però, ad Arnold Zweig, riguardo al progetto di comporre un libro sulla follia di Nietzsche, reca questa ammissione di Freud: “Quand'ero giovane Nietzsche significava per me una nobiltà irraggiungibile. Un mio amico, il dottor Paneth che lo aveva conosciuto in Engadina, soleva scrivermi a lungo di lui.”
L'ambivalenza di Freud nei confronti di Nietzsche e Schopenhauer può essere intesa come la denegazione di un debito verso i predecessori delle sue scoperte, sebbene ammesso in termini di analogia e camuffato da “necessità del programma di ricerca”, ma con l'inconfondibile sapore di un “eccesso d'interesse” (come si legge a proposito del "caso" Nietzsche nei verbali del 1° aprile 1908 della Società psicologica del mercoledì).
Lo stesso riconoscimento di Rank, quale mediatore tra lui e i filosofi, più che un'espressione di stima per l'intelligenza dell'allievo suona come giustificazione di un intervento esterno, indesiderato forse, della filosofia sulla sua costruzione teorica.
Appare comunque evidente come Freud abbia cercato in Nietzsche molte parole per far risuonare ciò che in lui restava muto, analogamente al "grande silenzio" di Zarathustra, dall'Al di là del principio del piacere, che sin dal titolo richiama L'al di là del bene e del male; al Disagio nella civiltà, che riprende i temi della Genealogia della morale.
é difficile evitare l'impressione, scrive P. Ricoeur, che “la metapsicologia non sia soltanto la messa in opera di un modello, ma anche penetrazione e immersione in una profondità di esistenza in cui Freud si congiunge con Schopenhauer, von Hartmann e Nietzsche.”
Questi rimane il più grande precursore della psicoanalisi culturale, dall'interpretazione dell'arte a quella della scienza, alla culminante analisi della moralità e della norma sociale.
Si osservi che lo stesso termine Es, deriva da Groddeck e viene da Freud adottato “adeguandoci all'uso linguistico di Nietzsche”; nietzschiano è pure il concetto di “trasmutazione di tutti i valori psichici” dell'Interpretazione dei sogni, come kantiana è la "via regia" Königsweg dell'inconscio rappresentata dal sogno.
Rank, al contrario, non fa mistero della sua frequentazione di testi filosofici: la "ancilla psychologiae" (per dirla con Nietzsche) costituisce insieme a letteratura e poesia la compagna preferita dell'adolescenza (vedi gli aforismi del diario), e la base della formazione intellettuale dello psicoanalista, come si desume dalla prima opera, L'artista.
Il sottotitolo apposto all'opera del 1929 Wahrheit und Wirklichkeit (da me tradotto in La volontà di essere felice) recita: “filosofia della vita psichica” ad indicare come incessante e celata scorra sotterranea una corrente inconscia che, dalle tesi antirazionali della psicologia della fine del XVIII secolo, fluttua in filosofia e letteratura (Novalis, Schelley, Poe, Baudelaire, Victor Hugo, Kant, Herbart, Schopenhauer, Nietzsche, Kierkegaard), fino al mondo della sessualità e degli affetti interiori dell'uomo psicoanalitico.
“Il sogno è una breve follia” scrive Schopenhauer “e la follia un lungo sogno.” Gli fa eco un intermezzo di Nietzsche: “"Io ho fatto questo" dice la mia memoria. "Io non posso aver fatto questo" dice il mio orgoglio e resta inamovibile. Alla fine, è la memoria ad arrendersi!”
Jassie Taft ricorda: “Produsse un forte shock tra gli uditori la parola "volontà", improvvisamente adottata [da Rank] dopo un lungo tabù imposto dai circoli accademici di psicologia.”
Nietzsche non conosce Freud e parla di "al di là dell'uomo"; Freud conosce Nietzsche e Schopenhauer e tratta di "inconscio e sessualità"; Rank ha frequentato queste figure inquietanti e scrive di "volontà e creatività".
La filosofia, dalle Upanisad a Platone fino a Nietzsche, conservava a sua insaputa una dimensione di pensiero irriducibile alla dicotomia razionale-irrazionale; è stato merito di Rank, sulla riluttanza di Freud, ripercorrere i sentieri tracciati dalla speculazione senza smarrirsi nelle truffe della razionalità, negli inganni della metafisica o nelle illusioni della dialettica.
Attraverso l'interpretazione dell'inconscio e la teoria della volontà creativa, il sogno, la rimozione, il dualismo delle pulsione, l'amore e la morte, dalla "visione del mondo" filosofica sfociano nella concezione terapeutica costruttiva dell' "umano troppo umano".
Affascinato dal mito, l'arte, la letteratura, la storia del pensiero, Rank non teme il giudizio sfavorevole della scienza accademica, interroga con coraggio le forme della razionalità, le tesi della psicoanalisi ufficiale, giungendo a proporre una personale filosofia dello psichico.
Così, “dai lampi nietzschiani precorritori di Freud” come scrive T. Mann, dal pessimismo melanconico di Schopenhauer, dal cristiano intuito psicologico di Kierkegaard, nonché dal dispotico privilegio assegnato all'Es, Rank tesse dall'antico al Moderno un ricco e ramificato percorso intellettuale, di cui La volontà di essere felice è testimonianza pregiata e traccia essenziale: trasferendo all'arena inquieta dei conflitti psichici il rilievo filosofico attribuito alla volontà, procede ad un profondo riesame dell'onnipotente problema della colpa e dell'angoscia.
La volontà rankiana ha il carattere dell'affermazione di sé nell'esperienza di superamento dell'eredità familiare, del milieu sociale, dell'insuccesso e caduta di credenze religiose, ideologie miticizzanti, ideali amorosi, dei molteplici problemi esistenziali e nevrotici della modernità.
Se il volere nello psichico nasce da un'originaria negazione, sorge cioè come controvolontà nel senso che il bambino si oppone al volere della madre per imporre la propria individualità e lotta contro la dipendenza parentale per ricavare una propria via verso la crescita e l'autonomia, e anche nella storia dell'evoluzione della specie si presenta negativamente come costrizione, sottomissione a forze esterne ed estranee (natura, esigenze della civiltà, norme morali), nella storia dell'umanità da un lato la volizione rappresenta la forza di adattamento e conciliazione con le leggi etico-sociali, dall'altro, quando ciò non riesce, è fonte di disagio, infelicità, angoscia, colpa.
Tra queste due rive della volontà un tempo feconde e ora sempre più brucianti, Rank fa scorrere nuovo vigore e inattese potenzialità: la volizione nello sviluppo individuale e nella pratica analitica diviene forza trasformativa, potenza liberatrice che operando all'interno del soggetto lo conduce ad affrontare la realtà in forma creativa, a inventare una concezione della vita in termini di affermazione di Sé e di costruttiva elaborazione dei conflitti e dell'esperienza individuale.
L'eterno tentativo di superare l'angoscia è testimoniato da miti, leggende, religioni, opere di artisti, letterati, filosofi, nei quali i popoli si sono di volta in volta identificati.
Paradossalmente l'angoscia di morte e, all'opposto, il desiderio di immortalità cooperano alla ricerca individuale per la autoaffermazione e la completa espressione della volontà personale.

Nella duplice lotta tra processo di individuazione e di separazione, tra angoscia di morte e desiderio di creazione, la volontà individuale opera al fine di creare il Sé, costruire la personalità, sostenere la vita senza negare la morte.
L'incapacità di affermare la volontà personale, di assumere la responsabilità e agire indipendentemente dalle limitazione e liberamente rispetto alle determinazioni strutturali del soggetto, caratterizzano il tipo-nevrotico.
Allora, il compito etico della psicoanalisi diviene quello di operare affinché il paziente superi l'angoscia e la colpa che frenano e limitano la sua volontà, di mutare, insomma, la forza inibente in capacità di liberazione, l'angoscia di separazione in espressioni creative dell'individualità.
L'artista deve costruire più che analizzare, far emergere la volontà creativa al posto di cucire interpretazioni significative.
Rank tratteggia così un nuovo tipo-d'uomo forgiato sull'immagine dell'artista, dotato di capacità non tanto utilizzate per la formazione di opere d'arte, quanto piuttosto indirizzate allo sviluppo creativo della personalità, in grado di rinunciare alla sicurezza che gli apportava l'arte per dirigere il vigore della forza creatrice alla vita, all'espressione della propria individualità e alla ricerca di una liberazione felice.
Da forza di separazione tra sé e gli altri, di differenziazione tra l'individuo e la massa, la volontà si costituisce quale superamento delle concezioni causali, deterministe, riduzioniste, presenti nel pensiero razionalistico di inizio secolo.

Rank, trovando le linee interpretative per considerare le forme di coscienza e l'inconscio come espressioni dell'esistenza sociale in quanto costitutive del rapporto degli atti dei soggetti, realizza l'integrazione e il superamento della comprensione psicoanalitica con il continente più vasto della conoscenza storico-sociale e dell'esistenza reale dell'uomo contemporaneo.
Se il pensiero condanna la tradizione chiamandola malattia, la grande stanchezza del dionisiaco e dello spirito tragico (Nietzsche), Rank intuisce che l'analisi dell'individuo e la soluzione del disagio contemporaneo possono avvenire solo nell'esperienza concreta, nella consapevolezza creativa di felicità e infelicità, angoscia e colpa, costrizione e liberazione.
In ciò si dimostra la sua attualità di grande "inattuale" per "spiriti liberi", dalla volontà di passare oltre, al di là del bene e del male.
Non c'è opposizione tra filosofia e psicoanalisi, poiché il compito della psicoanalisi non è quello di riempire i buchi del sociale, porre rimedio al disagio della civiltà, costruire un dio personale come terapia alle nevrosi e rimedio al tramonto degli idoli, insomma non opera come il filosofo di Heine, il quale "con berretti da notte e cenci ottura / alla mole del mondo ogni fessura."
La psicoanalisi insegna che non c'è un sapere assoluto, che ogni sapere comporta un non sapere; la sua pratica opera al fine di rendere abitabile quell'aperto in cui il soggetto viene gettato nel superamento della propria forclusione come essere nel mondo.
La "morte di dio" sfocia per Nietzsche nel nichilismo, e "l'abbagliante grandiosità di un'esaltazione del suo pensiero si vanifica nell'idea del superuomo" (Lou Andreas Salomé); il "crepuscolo dell'Io" analizzato da Rank prelude invece ad una terapia "psicopoeitica", alla nascita della soggettività, il suo concetto di volontà passa, come già aveva anticipato Aristotele, attraverso il desiderio.

Otto Rank si risposa (estate 1939) con Estelle Buel e muore il 31 ottobre 1939 (poco più di un mese dopo Freud, 23 settembre).
La sua continua e originale produzione di opere è formata da: Technik der Psychoanalyse (1926), Grundzüge einer genetischen Psychologie auf Grund der Psychoanalyse der Ich-Struktur (1927-1929), Seelenglaube und Psychologie (1930), Art and Artist (1932), Beyond Psychology (uscita postuma, 1941).
Freud scrive di lui (L'uomo Mosè e la religione monoteistica: tre saggi): “Un giovane al quale toccò la sorte di crescere accanto a un padre che non valeva nulla, divenne in un primo tempo, malgrado il padre, un uomo capace, meritevole di fiducia e rispetto. Nel pieno della vita il suo carattere cambiò radicalmente e da allora si comportò come se avesse preso a modello proprio suo padre. (...) All'inizio di tali avvenimenti c'è sempre un'identificazione del bambino piccolo con il padre. Questa è poi ripudiata, o persino sovracompensata, ma alla fine torna a farsi valere.”
E il figlio Rank si ribellò al padre, al Maestro, all'ideale dell'Io. Si legge in Jassie Taft: “Può interessare voi, come interessò me, quando ebbi l'opportunità di ricordare il mio personale sviluppo, che già nel 1905, quando per la prima volta venni a conoscenza di Freud e della sua teoria, la mia prima reazione fu un piccolo libro, un pamphlet, in cui rilevo questa mancanza della teoria freudiana [né Freud né Jung né Adler avevano preso in seria considerazione la parte creativa della personalità dell'individuo]. Io cercai di spiegare l'uomo creativo usando la psicologia di Freud e la sua terminologia, ma scoprii che non potevo farlo senza andare oltre Freud.”

Così nell'ultima sua opera, Beyond Psychology può affermare con soddisfazione: “La mia ricerca è conclusa; i miei interessi principali, l'artista, l'eroe, la nevrosi appaiono una volta di più attuali e validi, non solo in quanto attori nell'eterno dramma della vita, (...) ma anche come individui, fenomeni che non hanno bisogno più di essere interpretati.”

Tacciato come eretico, senza possibilità di salvezza nell'ortodossia rassicurante, Rank è rimasto ingiustamente relegato alla teoria del "trauma della nascita": il suo progetto è radicalmente diverso da un ritorno all'uterino "paradiso perduto".
Il suo è stato un apporto determinante, unico, originalissimo per gli inizi, lo sviluppo e l'applicazione della psicoanalisi: è un'apertura sull'avvenire e la volontà creatrice, e L'artista diviene così Arte e artista fino ad una visione più ampia e completa, Al di là della psicologia, sua ultima creazione.
Rank ci sorprende con intuizioni rivelatrici e, anche se i suoi sentieri non incontreranno sempre i "pozzi" freudiani, le tracce del suo talento dischiudono di volta in volta fresche sorgenti di fascinosa vivacità, a cui non esitiamo con disincantato pudore ad attingere, ancora.

Nel 1965 viene costituita in California la Fondazione Otto Rank, che tra l'altro redige una rivista di psicoanalisi.


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