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Valeria Medda. Un ricordo


Mariavaleria Medda (1940-2009)

Ogni volta che penso a Valeria, mi viene incontro l'immagine di una gran dama del Seicento o Settecento francesi. Non me la immagino vestita con gli abiti sobri dell'oggi, ma con le vesti vaporose, ampie, sontuose di quell'epoca in cui alcune signore svolsero un ruolo fondamentale nella cultura. Aprendo salotti dove brillavano ottimi parlatori e grandi scrittori, o dando vita, come Madame de Scudéry, al movimento delle Précieuses.
La avrei vista bene amica o tutrice o analista di Roxane, l'eroina di "Cirano de Bergerac", la bella preziosa che si innamora delle parole di Cirano. E Valeria era una maestra della parola, siccome godeva nel parlar bene faceva godere chi l'ascoltava.

Valeria ha scritto poco: la sua opera è stata per lo più una Festa della Parola. Anche se una parola intrisa e nutrita di tanti libri letti: Lacan, Deleuze, Foucault, la letteratura, tutto il cosiddetto post-strutturalismo francese erano passati attraverso di lei transustanziandosi nella sua lingua così improntata all'etica del "bien dire". Lei non enunciava solo teoricamente il primato del linguaggio: lo praticava.

Un'etica del "bien dire" che non aveva nulla di frivolo o di affettato, e che anzi ha dato vita a un esempio ammirevole di "bien mourir". Da anni malata, ha affrontato la sua malattia e morte annunciata con le armi ironiche della verità: non "se l'è raccontata", è andata incontro al suo destino con lucidità e senso dell'humour, all'altezza degli exploits degli stoici antichi. Ogni tanto scherzava dicendo che le piaceva stupire i medici, che la davano morta già da anni, mentre lei si ostinava a sopravvivere...
A lei certamente non si applica la famosa notifica di Proust - l'incroyable frivolité des mourants. Al contrario, ha continuato ad esser seria e costruttiva fino alla fine, a lavorare a quel Forum du Bien Dire a cui si era consacrata. Non e' un caso se una delle sue creazioni si chiami proprio Forum Lou Salomé. Il foro, appunto, dove si parla, si scambia, si declama, si protesta. E non è casuale nemmeno la scelta di Lou Salomé, piuttosto che - volendo restare tra le psicoanaliste - di Melanie Klein, di Anna Freud, di Françoise Dolto, di Karen Horney, o di tante altre: Lou, una donna in fondo come Valeria, colta e aperta a tutto, che canta fuori dal coro, affascinante, poliedrica.

Ho l'impressione che con la scomparsa di Valeria sparisca un'epoca, una forma di vita, un'etica della parola colta e raffinata, un'arte del "bien vivre".

Sergio Benvenuto




Cari colleghi,

ho appena appreso la notizia della morte di Valeria Medda, avvenuta ieri sera, venerdì 9 ottobre.
Valeria è stata un personaggio di grande rilievo intellettuale, prima a Milano e poi in tutta Italia, almeno per quanto io l'abbia potuta conoscere negli ultimi vent'anni. Nonostante fosse segnata da qualche anno da un male incurabile, Valeria ha continuato il suo lavoro di ricerca e di insegnamento senza sosta.

Negli ultimi due anni fra me e lei è avvenuta una riconciliazione, perché ci sarebbe sembrato improprio e disumano macchiare una lunga conoscenza e un'amicizia coi nostri dissidi di scuola. Voglio ricordare che Valeria è stata con noi Membro Fondatore de La Ginestra Associazione di cultura psicoanalitica cui ha partecipato attivamente fino ai primi anni del 2000. Ha scritto diversi saggi sulla nostra rivista "La Ginestra. Quaderni di cultura psicanalitica" di cui è anche stata redattrice fra il 1996 e il 2002. Non posso dimenticare che il suo spirito intraprendente e la sua cultura profondamente improntata ai classici, assieme a una forte passione per i temi legati all'arte, alla letteratura e alla filosofia hanno dato uno stimolo prezioso alle nostre iniziative.

La cultura marcatamente lacaniana di Valeria ha costituito forse una scommessa e una sfida per molti di noi che hanno voluto misurarsi (e non hanno mai smesso) con un autore affascinante ma ostico e complesso come Lacan. Non posso dimenticare in quest'occasione alcune parole che mi ricordano gli aforismi di Valeria: Lacan, parlando dell'Esodo cita ciò che Dio disse a Mosé: "Quand tu iras vers eux, tu leur diras que je m'appelle Ehyeh acher ehyeh, Je suis ce que je suis". Porteremo nel nostro ricordo Valeria che è Valeria.

Pietro Andujar




Lo stile di Valeria era inconfondibile.
Un timbro vocale squillante come un richiamo di trombe, un fiume di parole in piena, un flusso del pensiero colto, articolato, impossibile da limitare nel contenuto e nella temporalità.
Una sorta di regime di anarchia intelligente, impertinente di fronte all’inevitabile castrazione che la parola impone nel dover scegliere cosa dire e cosa sottacere; la referenza tematica risultava un pretesto per dire dell’altro, come lacanianamente avrebbe detto.
Valeria non amava scrivere; si preparava appunti di citazioni e riferimenti etimologici, densi di senso per quanto ermetici ad una semplice lettura.
La sua capacità oratoria era invece ineccepibile: era in grado di esemplificare contenuti alquanto complessi e di esercitare un potere quasi ipnotico sull’altro.
Lasciarsi sorprendere dall’inconscio nel linguaggio era per lei un godimento erotico.
Una sublimatrice per eccellenza; sarei tentata di tratteggiarla così.
Citava spesso Lacan nel suo dire “quando parlo non so quel che dico… vado à lacan tonnade”; credo si riferisse ad uno di quei giochi sui significanti che hanno reso famoso l’analista francese.
Ascoltarla dava l’impressione di ubriacarsi di sapere , rammaricandosi per la consapevolezza di aver colto solo frammenti del suo discorso.
Credo godesse del lasciare a bocca aperta i suoi interlocutori.
Faceva spesso riferimento alla “parola piena e alla parola vuota”.
Sosteneva che per “essere parlati” da un discorso di valore si dovessero intrecciare almeno tre significanti differenti.
Avevo l’impressione che avesse un po’ compassione del mio ricercare un unico filo del discorso.
Si riconosceva nello stile di Lacan, anch’egli oratore eccezionale, cresciuto come lei in un erudito collegio di gesuiti, nutrendosi di cultura greco-romana e della potenza simbolica del cristianesimo.
Lacan, per lasciar impressi i suoi detti memorabili, aveva costretto , dopo la sua morte, innumerevoli allievi a sbobinare le registrazioni dei suoi seminari, che Valeria aveva seguito a Parigi durante la sua formazione. Valeria credo ci abbia fatto lo stesso scherzo, non premurandosi peraltro che ci fosse sempre qualcuno a registrare.
La sua intensa attività professionale, fino agli anni ’70, si è svolta sotto il nome di Mariavaleria Pagliaro, dal cognome del suo primo compagno, prima di recuperare e mantenere, anche dopo il secondo matrimonio, il cognome da ragazza Medda; ciò può rendere ad alcuni colleghi difficile ricostruire l’intero suo percorso professionale.
Del resto a Valeria non interessava la sua memoria scritta e il riconoscimento che ciò avrebbe comportato.
“Autorità senza monumenti” direbbero alcune teoriche del femminismo italiano.
Raccontava che al liceo i suoi compagni, per la passione etimologica che la distingueva, riferendosi al suo arrivo, usavano ironicamente proclamare “Ecco sta arrivando il Palazzi!”.
Citava il pathos cristiano come precursore del godimento lacaniano.
Era certamente una donna passionale, sia sul versante della vitalità che del patire.
Il corpo le ha dato certo del filo da torcere.
Operata in giovane età per un tumore mammario, era stata da ciò resa un’amazzone; si era sempre rifiutata di indossare una protesi, sottolineando con fierezza che “non intendeva negare la propria castrazione”.
Della propria capacità invece di “velare l’osceno del corpo” andava orgogliosa.
I suoi abiti, spesso da lei confezionati attraverso la tessitura di ricercate stoffe orientali, la rendevano bellissima.
Riconosceva in ciò l’eredità di eleganza e stile della madre, abituata ai salotti della borghesia industriale del nord Italia.
Uno di questi abiti, col colletto coreano, in cui è stata incastonata come una pietra preziosa dalle figlie dopo essere spirata, le attribuiva quell’aria saggia e rigorosa dei Guru orientali.
Aveva lottato per quattro anni contro quello che senza tabù chiamava pubblicamente “il suo cancro all’ovaio”.
Valeria pareva non curarsi del suo corpo e parlava in modo epicureo della sua morte.
A chi obiettava che , nella sua passione per il linguaggio, si era dimenticata di avere un corpo, ricordava le sue quattro gravidanze, che le avevano donato i suoi dieci nipoti.
Nella confidenza di una seduta analitica con me aveva peraltro ammesso di provare “un odio logico per il corpo”.
Valeria non aveva un carattere semplice.
In modo tranchant era in grado di zittire, con la sua cultura, un interlocutore dissenziente.
Ho sempre trovato in ciò qualcosa di quasi “sleale”: ognuno usa le parole che ha per dire la sua verità, le obiettavo.
La sua generosità e la ricchezza del suo pensiero mi hanno sempre portata a perdonarla.
Dopo aver conseguito la laurea in lettere classiche con una tesi in archeologia, la sua ecletticità l’ha condotta, professionalmente, da insegnante di greco e latino al liceo alla “vocazione” di psicoanalista, freudiana e lacaniana come amava specificare.
Nella teoria del nome del padre di Lacan credo avesse ritrovato l’importanza che per lei aveva avuto suo padre.
Per quanto citasse Lacan, ho sempre pensato che le sue teorizzazioni avessero un’impronta femminile e forse anche femminista, anche se Valeria ha sempre rifiutato questo appellativo.
La sottolineatura della fallicità femminile, e materna in particolare, l’importanza “del nome della clitoride”, come aveva scritto, nonché il suo misconoscimento del godimento femminile, l’affermazione teorica che il nome del padre possa essere incarnato da una donna, l’attenzione per il rimosso nella psicoanalisi, ovvero gli studi sull’omosessualità maschile e femminile, mi portano a pensarla come una sovversiva, forse l’eretica o la strega di un tempo.
La stessa sua avventura creativa, il Forum Lou Salomé, associazione di donne psicoanaliste in rete, fondata nel marzo 2001, di cui è rimasta Presidente fino a poco prima della sua morte, è stata un vero “campo di battaglia” in relazione ai temi della conflittualità femminile, frutto di quel che definiva “il corpo a corpo madre-figlia”.
Valeria era profondamente convinta dell’eccezionale valore delle donne anche nei termini di una eccedenza indomabile: nell’isteria ciò dava vita alla “parresia”, a quel dire ogni verità sottaciuta, che nel suo pensiero era all’origine del timore e del rifiuto maschile a riconoscere una soggettività femminile. In un gruppo di lavoro tra donne ciò poteva essere invece fonte di resistenza al riconoscimento reciproco di un inevitabile differente posizionamento.
Nonostante tutte le burrasche affettive e amicali in cui Valeria, a volte, pareva essere una sorta di Tsunami, mi ha sempre colpita il suo continuo autentico riferimento all’etica, al patto e al debito simbolico.
Rimane per me un insegnamento impagabile l’aver assistito al fatto che sabato 3 ottobre, pochi giorni prima della sua morte, avvenuta il venerdì 9, Valeria abbia raccolto le poche forze rimaste per convocare la sua ultima riunione del Forum.
In questa sede si è dimessa dalla carica di Presidente e ha confermato la fiducia che il Forum continuasse a vivere attraverso di me, che ho avuto l’onore di averla come analista e che,come ben sapeva , osavo utilizzare il sapere psicoanalitico come bussola nel mio lavoro di psichiatra in carcere.
Sapeva bene Valeria che lo stile del Forum sarebbe mutato, ma credeva nella possibilità che noi socie concretizzassimo progetti clinici che avrebbero mantenuto l’aspetto sovversivo che lei gli aveva impresso.
In ciò leggo il coraggio nell’investire in una nuova generazione, ribadendo peraltro i propri convincimenti in relazione ai principi cardine della psicoanalisi.
Questa era Valeria.
Una donna non ideologica capace di riconoscere lo sguardo del discorso psicoanalitico sulla polis e di sostenere sempre con audacia di “non cedere mai sul proprio desiderio”.
Un’eredità incalcolabile.

Chantal Podio
Presidente Forum Lou Salomè
(www.forumlousalome.net)




I n s i s t a n c e

Chers amis,

Valeria Medda, membre d'Insistance, nous a quittés après de longues années de lutte. Avec elle, nous avons perdu une amie et une grande analyste, protagoniste d'envergure de la vie intellectuelle italienne. Passionnée de psychanalyse, d'art et de philosophie elle est arrivée à interroger et transmettre jusqu'à la fin de sa vie la pensée lacanienne et le goût du savoir. Femme engagée, elle a fondé le Forum Lou Salomé, femmes psychanalystes en réseau, pour encourager la recherche d'une pensée féminine.

Pour rendre hommage à son travail et son engagement, un memorial est organisé par ses amis à Spazio Tadini à Milan, via Jommelli 24, le samedi 21 novembre de 16h à 18h30. Ceux qui souhaitent faire une brève contribution le 21, doivent écrire à
Paola Mieli parolapm@yahoo.com
ou à Tamara Landau landau.tamara@gmail.com
jusqu'au 5 novembre.




Ho saputo della morte di Valeria da un amico comune, Giovanni Sias. Poche ore dopo Pietro Andujar, presidente in carica di OPIFER, ce ne dava comunicazione ufficiale. Valeria già non faceva più parte della nostra Associazione ma, finché presente, era stata al suo interno un personaggio di rilievo. E tanti fra noi hanno voluto ricordarla: come compagna di viaggio, come fonte di sollecitazioni, come amica.
L'avevo conosciuta, anche prima del suo passaggio per OPIFER, nella redazione della "Ginestra" e poi in alcune iniziative milanesi. Due cose mi colpirono, e mi piacquero: primo, l'enfasi da lei messa sulla teoria (a cospetto dell'empirismo dilagante da qualche anno); secondo, l'amore per la parola (che si manifestava sul piano teorico come discussione filologica dei testi e, sul piano clinico, come esplorazione senza fine dei livelli di significazione).
In questi tempi in cui tutti dicono di rifuggire le etichette (ma a volte solo le nascondono o, peggio, le ignorano) Valeria si riconosceva "lacaniana", con orgoglio. E tale certo fu, ma credo che sia stata anche altro, e di più. Era culturalmente "francese", sempre animata dal "piacere del testo": Barthes, Blanchot, Derrida, Foucault, Jabès, Roussel, non meno che Lacan, con dio sa quante altre diramazioni filosofiche e letterarie.
Fra noialtri stufi di ortodossie e fin troppo problematici (nella "Ginestra" prima, in OPIFER poi) Valeria poteva sembrare, qualche volta, una persona anche troppo sicura di sé. Però, era talmente colta e intelligente che se lo poteva permettere. Potevi non essere del tutto d'accordo con quello che diceva, ma ti faceva comunque venire in mente un sacco di cose. E valeva sempre la pena starla a sentire.
A conoscerla meglio, poi, Valeria era - nelle piccole cose, quelle che contano soprattutto - una donna attenta, gentile e affettuosa. Mi stringe il cuore pensare che non c'è più.

Sergio Caruso
Past President OPIFER (Organizzazione di Psicoanalisti Italiani Federazione e Registro)




"La morte ( o la sua allusione) rende preziosi e patetici gli uomini. Questi commuovono per la loro condizione di fantasmi....
Tra gli Immortali , invece, ogni atto ( e ogni pensiero) è l'eco di altri che nel passato lo precedettero, senza principio visibile. O il fedele presagio di altri che nel futuro lo ripeteranno fino alla vertigine.
Non c'è cosa che non sia come perduta tra infaticabili specchi.... "

" L'immortale" da "L'Aleph" (J.L Borghes)

Laura Montani




Siccome io non ho parole, letteralmente, prendo in prestito quelle del grande Sergej Esenin, che voglio dedicare a Valeria, donna sapiente, gran signora "inattuale", amica per troppo poco tempo:

"Innevata pianura, bianca luna, è calato
il lenzuolo dei morti sulla nostra contrada.
Le betulle nel bianco per i boschi si dolgono.
Chi giace qui perduto? Morto? Ma non son io?"

Ciao Valeria.

Cristiana Cimino




J'ai connu Valeria à l'Aire Méditerranéenne de Psychanalyse à Avignon. Nous étions ensemble dans un groupe de travail sur la nomination. Plus tard, elle m'a invité à participer au colloque « LaKlein »,organisé par le forum Lou Salomé. J'y ai encore parlé de la nomination.
La dernière fois que je l'ai vue, c'était à Paris, chez Tamara Landau. Elle m'a parlé de sa maladie.
Je venais de lui envoyer un courrier pour lui proposer de venir à notre séminaire de Marseille, lorsque j'ai appris la nouvelle de sa mort.
Je l'ai donc peu connue, pourtant sa disparition me touche beaucoup.
Sa personnalité, son intelligence sans doute, mais aussi quelque chose d'autre, plus difficile à dire, un lien plus profond.
Valeriava nous manquer.

Dominique Boukhabza




C´est avec regret qui nous avons reçu au Brésil l´annonce du
décès de Valeria Medda. L´opportunité que nous avons eu, ces
dernières années, de nous rapprocher à elle, à sa pensée, à sa tendresse, a
été une expérience précieuse pour nous tous. Non pas seulement à cause de sa vision
vigoureuse de la psychanalyse, du féminin et de l´art, mais aussi par
la façon enthousiaste par laquelle, dans sa transmission de la
psychanalyse, elle transmettait surtout, de manière généreuse, l´amour de la vie. Son passage en 2007 par le Corpo Freudiano - Escola
de Psicanálise au Rio de Janeiro - a été inoubliable. Moi, et tous mes
collègues, nous nous rallions à tous ceux qui souffrent pour la perte de cette
grande psychanalyste et de cette grande femme.

Denise Maurano




Il ricordo di Valeria è per me indissolubilmente legato al Forum di Lou Salomè, nel quale mi ha accolta con grande affetto. Ha aperto le porte della sua splendida casa, favorendo il dialogo, il dibattito e la conoscenza. Ospitale e generosa, offriva stuzzichini salati, dolci, vino, bibite ed organizzò anche una fantastica cena con altri analisti, unendo alle tartine speziate il cus-cus cucinato da lei. Padrona di casa perfetta, madre e nonna affettuosa, creatrice di abiti in stile orientale che indossava con grande disinvoltura, riusciva ad introdurti in un ambiente quasi magico, nel quale sperimentare le capacità relazionali, sia a livello umano che professionale.
Grazie a lei sono riuscita ad intraprendere un percorso di crescita che mi ha vista, dapprima, presentare uno dei Convegni del Forum, e, poi, relazionare a Firenze, nel novembre del 2007, nella giornata dedicata ad Alice Munro. A Firenze parlai della morte, sintetizzando alcuni libri della bravissima scrittrice canadese, che affrontava questo argomento nei vari aspetti, della malattia, dell'incidente, del suicidio, ma anche del delitto.
È doloroso, ora, ricordare questo tema, perchè Valeria ha convissuto con la malattia per anni ed ha lottato oltre ogni limite, continuando a lavorare e ad occuparsi della sua famiglia. Un grande esempio di determinazione e di forza, nel quale ritrovo le sue origini sarde, che sono anche mie.
Cara Valeria, tu sai che sono credente, laica nella pratica quotidiana, ma fiduciosa in Dio e forse sorriderai e forse penserai al Super io e sorriderà con te, nel ringraziarti per tutto quello che hai donato a me ed a tutte noi del Forum di Lou Salomè !

Clara Terrosu




Preziose e rare parole antiche
Ricordo di Valeria Medda

Oggi chi dà ancora valore a una morte ben fatta? il desiderio di avere una propria morte diventa sempre più raro. Ancora un po’, e diventerà rara come una propria vita.
(R.M. Rilke)

Con “propria morte” Rilke intende “un morire che scaturisca da una vita in cui ciascuno abbia avuto amore, senso e pena”, Valeria Medda ci ha mostrato che ciò è ancora possibile.
Colpiva la sua grande forza, sembrava abitata dalla violenza di una passione che non lasciava tregua, indomabile. Quando mi ha invitata a far parte del Forum Lou Salomé, ho esitato. Ho temuto di essere travolta da quel “fiume in piena” che evoca Chantal Podio? Ho risposto che non pensavo che avrei trovato il tempo e lo spazio necessari. Era vero, ma forse non era tutto. Valeria è qualcuno con cui puoi avere uno scambio fecondo soltanto da una distanza di sicurezza - mi pareva.
Era affascinante e irritante come può esserlo chi si autorizza al proprio desiderio. Affascinante, colta e sapiente, capace di rapire in vorticosi percorsi in mare aperto; irritante perché osava, incurante dell’orologio. Generosa, straripante, godeva, senza vergogna. Questo, forse, era insopportabile. A volte - se il demone quel giorno era particolarmente affamato - poteva risultare inascoltabile (e questo era un vero peccato, le dissi), le parole si trasformavano in suoni che si rincorrevano. Restava il ritmo, incessante, dal quale, sempre, zampillavano preziose e rare parole antiche.
Senza misura. Senza pudore?
Mi piace ricordarla in una situazione privata, grata e sensibile ospite, con un gruppo di colleghi ed amici a casa mia alla vigilia di un convegno. Mia figlia, allora quasi undicenne, ne fu impressionata e parlando di lei, fino a pochi giorni fa ancora con il verbo al presente, così si esprimeva con rinnovata meraviglia: “Valeria, quella che sa tutto?”
Scriveva poco, si è detto che non amava scrivere.
Nella mia esperienza di incontro con Valeria non è stato così. La sua partecipazione a due dei convegni del Laboratorio di Ricerca Freudiana, nel 2006 e nel 2008 a Firenze, ha lasciato una traccia scritta, pubblicata. L’ultimo contributo è in libreria in questi primi giorni di novembre: Il paterno svuotato si chiama e mi ha ricordato come una sera a cena, al “Paradiso matematico” nella campagna senese, Valeria avesse parlato, dolorosamente, di suo padre.
Lo scritto di Valeria, l’ultimo a mia conoscenza, termina in questo modo:
“Se il Nome ha un’efficienza, bisogna che qualcuno si alzi per rispondere, ha scritto Lacan”. Parafrasandola dico: Valeria Medda ha risposto da par suo.
Grazie Valeria.

Giuliana Bertelloni
Firenze, 9 novembre 2009




Per Valeria

La mia storia professionale e di amicizia con Valeria è stata lunga, intensa, travagliata e molto complessa. Perciò, per un principio inversamente proporzionale, dirò poche parole.

Desidero ringraziare Valeria per avermi onorato della sua amicizia, della sua stima e &Mac183;anche di alcune sue viscerali liti. In fondo, litigare con qualcuno è un modo appassionato di convocarlo, evocarlo e invocarlo.
E poi un maestro con cui si può litigare è, in un certo senso, proprio un maestro: nel senso che sostiene &Mac246; forse anche senza volerlo - l&Mac226;autonomia dell&Mac226;altro. Lei era così, una maestra che sapeva lasciare e farsi lasciare. In ogni senso, una maestra rara.

Una maestra che prediligeva l&Mac226;oralità alla scrittura: allora mi viene spontanea, in questo momento del ricordo, una nota sulla sua voce, perché risuoni ancora un po&Mac226; tra noi.
La sua era una voce musicale e possedeva alte e cristalline frequenze. L&Mac226;acuto è il registro del grido finale della Diva dell&Mac226;Opera, laddove si è fuori linguaggio (ed è in forse se ci si trovi ancora nella musica), è il grido dell&Mac226;angelo, è l&Mac226;attimo supremo che si colloca sul bordo dell&Mac226;abisso di un godimento indicibile. E&Mac226; l&Mac226;eccesso che la riguardava e che anche ci riguarda tutti. E&Mac226; il mettersi a nudo della voce, è la sua mise en abîme.
Ma l&Mac226;acuto è anche il registro della rivolta, della sovversione, è la voce che dissente.
La sua voce acuta era controcorrente per molti aspetti e anche rispetto alle voci femminili moderne, sempre più in migrazione verso il registro grave, verso il modello sommesso-sottomesso della voce mediaticamente erotizzata.

La sua prosodia era, invece, ricca di intonazione e di accenti, proprio come la sua parola. La sua voce era piena &Mac246; non era possibile non sentirla - in analogia al suo amore per la „parresia‰, l&Mac226;arte di dire tutto che lei individuava come tratto del femminile e che al femminile &Mac246; e molte volte anche a lei - ha provocato non poche opposizioni. Un&Mac226;arte contro ogni potere, un&Mac226;arte che evoca anche l&Mac226;ostinazione di Antigone.

Quello che Valeria diceva, i suoi pensieri lucidi, originali e pungenti, non poteva che dirli con quella voce, una voce che in qualche modo si era - lei, la voce - incaricata di trasmettere il corpo di un pensiero alto, intellettuale e raffinato. Una voce acuta e forte: la voce di una ragazza.
La sua voce era come il suo spirito.

Laura Pigozzi

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