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C.P.A.T. --> HOME PAGE --> N. 34/2001

QUADERNI DI PSICOLOGIA,
ANALISI TRANSAZIONALE
E SCIENZE UMANE

Dal n° 34 - 2001


A Eric Berne. Puntualizzando l’editoriale

Anna Rotondo




Il copione: un sistema di attaccamento
La mia esperienza clinica e didattica conferma quanto scrive Susanna Ligabue nel suo editoriale: sempre più, in questi anni, sono portata a considerare il copione di cui parla Eric Berne come un vero e proprio “sistema di attaccamento”, che il bambino si costruisce a partire dalla prime, significative interazioni con il suo ambiente; sistema di attaccamento che contiene in sé le qualità relazionali e interattive destinate a essere ripetute nelle varie esperienze interpersonali future, diventando “modello” inconsapevole di rapporto con il mondo.
La sottolineatura degli aspetti necessariamente interpersonali del processo di costruzione dei copioni di vita è evidente, a mio parere, soprattutto in What do you say after you say hello (1972) tradotto in italiano da Bompiani con il titolo Ciao!...e poi?.
Eric Berne scrive Ciao!... e poi? negli ultimi anni della sua vita, in un momento in cui, probabilmente, si interroga sul significato delle relazioni importanti della propria esistenza, sulla effettiva possibilità di costruire relazioni durature di intimità e di amore e sull’influenza che, in questo, hanno avuto alcune sue durissime esperienze infantili. Questo periodo della vita di Berne coincide con la crisi del suo secondo matrimonio (il più stabile) con Dorothy De Mass, con il suo terzo matrimonio (durato due-tre anni) e con il terzo divorzio.
Eric Berne, quindi, alla ricerca di un amore profondo e duraturo, patriarca, per desiderio, di una grande ed articolata famiglia, sempre più assorto nei suoi impegni professionali (che costituiscono anche la struttura portante della sua esperienza di vita) si ritrova solo, vicino ai settanta anni, con tre matrimoni falliti alle spalle, ma anche con la sua Analisi Transazionale che sempre più ottiene riconoscimenti in tutto il mondo.
C’è, quindi, una ripetizione nelle storie che le persone vivono con altre persone? Si ripetono alcune modalità di relazioni che abbiamo vissuto e ri-vissuto e su cui ciascuno di noi ha preso delle decisioni, stabilito delle strategie, spinto da un bisogno di sopravvivenza? Sembrerebbe di poter rispondere affermativamente a queste semplici domande. Anche il ragazzino Eric Berne, che conosceva il significato di “separazione” attraverso la perdita del suo amatissimo padre, aveva imparato, probabilmente, a sopravvivere a questo grave lutto usando le proprie risorse di intuizione, di creatività, di capacità professionale.
A Eric Berne va la mia solidarietà di essere umano, l’ammirazione per ciò che ha saputo costruire partendo da esperienze dolorose, il rispetto per “quel” ragazzino che ha deciso che, piuttosto che lasciarsi sopraffare dalle sofferenza della perdita, della mancanza, ne avrebbe usato il significato a favore di centinaia e centinaia di altre persone.
Ecco: Ciao!...e poi? riflette, a mio parere, ciò che Eric Berne stava attraversando negli ultimi anni della sua vita, ripensando ai primi. Forse anche per questo è un libro di grande umanità, e nella prefazione Berne scrive: «Questo libro può essere considerato come un trattato di psicoterapia ... ma è anche un libro per i non specialisti, in quanto ho cercato di rendere il testo accessibile a tutti: richiederà solo di essere letto con un po’ di attenzione».

Alcune definizioni di copione
Ripercorrendo gli scritti più importanti di Berne troviamo più di una definizione di copione: questa “ridondanza” concettuale è un po’ una sua caratteristica e riflette anche, a mio parere, la sua evoluzione, il passaggio dalla cultura psicoanalitica a una visione interpersonale, transazionale, delle vicende psicologiche.
In uno scritto pubblicato nel 1958 sul 12 di «The American Journal of Psychotherapy» e inserito in italiano tra gli articoli che compongono Intuizione e stati dell’io, Berne scrive: «Un copione è un tentativo di ripetere in forma derivata non una reazione di transfert o una situazione di transfert, ma un dramma transferale, spesso suddiviso in atti, esattamente come i copioni teatrali che sono derivati artistici, intuitivi di questi drammi primari dell’infanzia».
Una definizione molto simile di copione compare in «Transactional Analysis in Psychotherapy» del 1961, tradotto in italiano nel 1971 con il titolo Analisi Transazionale e psicoterapia. Qui Berne scrive: «Il copione appartiene al regno dei fenomeni di transfert, cioè è un derivato o più propriamente un adattamento di reazioni ed esperienze infantili. Esso però non si occupa semplicemente di una reazione di transfert: è un tentativo di ripetere in forma derivata un intero dramma transferenziale, spesso suddiviso in atti, esattamente come i copioni teatrali».
In queste due definizioni di copione, tra loro molto simili, è evidente la radice psicoanalitica del pensiero di Eric Berne, ed anche il suo desiderio di differenziarsi. In questo senso, a mio parere, Eric Berne ci tiene a sottolineare la complessità del copione: non è un solo “gesto” di transfert che lo caratterizza, ma un insieme di gesti tra loro connessi, un intero dramma suddiviso in atti.
Il copione, quindi, come storia dinamica dello sviluppo infantile, ri-petuta e ri-recitata nella vita e, in particolare, nella stanza dell’analisi. Eric Berne, nella nota al cap. XI di Analisi Transazionale e Psicoterapia, stabilisce un collegamento tra il copione e le affermazioni di Glover sulla nevrosi di transfert, che egli sente come le più vicine alla sua idea di copione. Il copione di cui scrive Eric Berne riguarda una complessità, una storia, un modo di “narrarsi” da parte del bambino ciò che sta avvenendo nel mondo intorno a lui, cosa ci si aspetta da lui, come può rispondere a queste attese senza tradire troppo i suoi bisogni, come può cavarsela se le cose non dovessero funzionare, e così via.
Accanto alla radice psicoanalitica molto chiara nelle due definizioni precedenti di copione, Berne sottolinea l’insieme complesso di relazioni su cui si costruisce un copione e l’aspetto “conclusivo” della costruzione copionale: un inizio, un insieme di atti tra loro dinamicamente connessi, un esito finale. Una storia completa, come una pièce teatrale.
In Principles of Group Treatment del 1966, tradotto in italiano venti anni dopo con il titolo Principi di terapia di gruppo, Eric Berne scrive: «il copione, o programma di vita inconscio della persona, può non venire alla luce se non in gruppi molto avanzati. Si scoprirà allora che il paziente in realtà sta trascorrendo tutta la propria vita in modo predeterminato, basato sulle decisioni prese nella prima infanzia, quando era di gran lunga troppo piccolo per assumersi impegni così onerosi». Questa definizione di copione ci introduce a ciò che Berne scriverà in seguito in Ciao!... e poi?: il copione come piano di vita inconscio, deciso dal bambino in un momento in cui le sue capacità di osservazione e le sue risorse di conoscenza non sono ancora così sicure come quelle di un adulto; anche un momento della vita, l’infanzia, in cui si è come “costretti” a cercare delle risposte, anche intuitivamente, che permettano di continuare a esserci, a essere importante, a svolgere comunque un ruolo significativo nell’ambiente in cui si vive.
In Principi di terapia di gruppo Eric Berne sottolinea il concetto di copione come “piano di vita” e ci dice che l’insieme delle decisioni che hanno portato il bambino a costruire “quel” piano di vita sono state prese da un bambino piccolo, durante i suoi primi anni, quando non c’era consapevolezza piena e le risposte all’ambiente avvenivano più su intuizioni e necessità del bambino di creare adattamenti che potessero garantire una sopravvivenza che non su ipotesi verificate e consapevoli.
Mi sembra che qui Eric Berne ci indichi il luogo in cui si “costruisce” il copione, il “piano di vita inconscio”: noi analisti transazionali diciamo che è nella struttura di secondo grado del B che avviene questo movimento, in una continua mediazione che il bambino fa tra i suoi bisogni vitali e ciò che egli percepisce come richieste ambientali. Da una parte il bambino non può rinunciare ai suoi bisogni, soprattutto ad alcuni, dall’altra parte non può pensare di sopravvivere se non è amato ed accettato dal suo ambiente.
é la funzione intuitiva del piccolo adulto del B che si mette in moto e attraverso continue mediazioni tra ciò che intuisce come richiesta ambientale e ciò che sente irrinunciabile per sé, attraverso ripetute messe in scena di comportamenti provati e riprovati, crea infine le decisioni di copione. Le decisioni di copione sono/diventano automatismi comportamentali completi e svolgono la funzione di vere e proprie strategie di sopravvivenza.
Una strategia di sopravvivenza nasce, quindi, come la risposta creativa, la migliore in quel momento, che il bambino riesce a dare per mettere insieme, integrare, sé e l’ambiente. Ciao!... e poi? sottolinea questo aspetto, profondamente interpersonale, della costruzione dinamica e creativa del copione. All’inizio del II capitolo Eric Berne scrive: «Il destino di ogni essere umano viene deciso da quanto succede dentro la sua testa, dopo che si è confrontato con quanto avviene fuori di essa». In Ciao!... e poi? il copione per Eric Berne è «un piano di vita che si basa su una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi e che culmina in una scelta decisiva».
Rimangono, qui, i concetti di “piano di vita” e di “decisione presa durante l’infanzia”. Negli ultimi anni della sua vita Eric Berne conferma quanto ha visto precedentemente: il copione è una storia (un piano di vita) che il bambino racconta a se stesso nei suoi primi anni di vita. Non è un singolo gesto, né un atto unico: è un insieme di atti, ben articolato e complesso: un sistema.
In questa definizione di Ciao!... e poi? emergono, forse in modo più evidente che altrove, i co-protagonisti che, insieme al bambino, costruiscono le decisioni che lo porteranno al suo “piano di vita”. Emerge la visione interpersonale di Eric Berne, forse anche sollecitata dal clima culturale che si respira al Carmel e inserita nella sua “revisione” del pensiero psicoanalitico in funzione di una maggiore comprensione clinica.
L’ambiente primario del bambino è il primo co-protagonista: le relazioni parentali rinforzano le decisioni prese dal bambino, le confermano, le legittimano; così, gli avvenimenti successivi sono inconsapevolmente scelti e vissuti per “giustificare”, dare senso alla storia che il bambino si è raccontata sul suo piano di vita.
Il copione di vita in Ciao!... e poi? riguarda, dunque, l’impostazione complessiva della vita, il “programma” che un essere umano si è dato, le strategie che hanno aiutato il bambino prima, l’adolescente e l’adulto poi, a sopravvivere.
Normalmente, il sistema di decisioni che costituisce il copione di vita è funzionale, almeno per un certo tempo dell’esistenza, a sopravvivere proprio lì, nell’ambiente in cui le decisioni sono state prese. Il punto debole delle decisioni di copione sta nella “ripetizione”: diventando un automatismo, restringono sia l’ambito dell’apprendimento che il mondo del sentire della persona, provocando così delle limitazioni dell’esperienza. Se vogliamo usare un metafora, è come un vestito confezionato per andare bene a una certa età che poi, col tempo, diventa stretto, si strappa in qualche punto, non ci si entra più...
Le limitazioni degli aspetti cognitivi e affettivi dell’esperienza influenzano in modo particolare l’universo degli attaccamenti. In qualche modo, e Ciao!... e poi? è una miniera di esempi, siamo “costretti” a ricostituire, nelle esperienze della vita, i modelli di attaccamento che ci sono stati utili tanto tempo fa, che avevano funzionato allora e che, forse, oggi sono diventati inadeguati e un po’ stretti, disfunzionali.
L’avventura analitica inizia da questo “sentire”; dal senso di ripetizione e di limitazione che in un certo punto ci coglie; dalla sofferenza nell’intravedere delle risorse che poi, in pratica, non riusciamo a utilizzare, ricadendo nella solita vecchia storia.
Durante il percorso analitico si sperimenta la possibilità di dare un senso a ciò che è avvenuto “prima”, contestualizzando e legittimando le decisioni prese e, contemporaneamente, ci si permette di intravedere, di aprire spazi relazionali, cognitivi ed affettivi, più adeguati a ciò che oggi siamo.
Le strategie di sopravvivenza copionali che col tempo sono diventate strette e limitanti si leggono nel corpo e, a volte, “costringono” il corpo; emergono nei sogni che si presentano al ricordo; sono evidenti nelle ripetizioni di modelli relazionali interni ed esterni.
Per un analista transazionale l’analisi del copione è un campo fertile di osservazione e di intervento.
Di questo siamo grati a Eric Berne.



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