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Libri patrocinati dall'A.F.P.P.


Linda Root Fortini e Marzia Gannucci Cancellieri

Fantasia e funzionamento psichico
Il video film come strumento conoscitivo dei processi mentali


Pisa, Edizione ETS, 2003


Recensione di Antonio Suman
pubblicato sulla rivista dell'Associazione Fiorentina di Psicoterapia Psicoanalitica
Il Contrappunto n. 34



Nella difficile impresa di coinvolgere e interessare un gruppo di persone tossicodipendenti, fra le più gravi, l'iniziativa di promuovere un'attività espressiva come l'organizzazione di videofilm, mi pare assolutamente rilevante da un punto di vista terapeutico e scientifico. Un impegno di questo tipo si basa su alcune premesse generali che derivano dalle difficoltà specifiche relative alla tossicodipendenza, dall'empirica conoscenza dei soggetti coinvolti e dalla consapevolezza dell'efficacia trasformativa di una narrazione filmica ispirata a elementi autobiografici.
Quando andiamo a vedere un film che ci interessa e ci coinvolge prendiamo spunto per riflettere su alcune scene o contenuti in libertà e tranquillità, utilizziamo un testo che ci stimola a "giocare" con le libere associazioni. Un pensiero sospeso tra coinvolgimento empatico, rêverie e riflessione, che si sviluppa tra l'azione della simbolizzazione, l'identificazione con le immagini e la razionalizzazione.
Ben diverso è il caso di chi si pone dall'altra parte della macchina da presa che scrive il testo, si assume il compito del regista e lo interpreta. Qui è tutto da creare: è una esperienza nuova che può intimorire chiunque, all'inizio, ma che poi incuriosisce, stimola, evoca immagini e ricordi, pone l'autore al centro dell'attenzione di tutti gli altri (ospiti del centro e d operatori) che si dispongono a collaborare con lui per il suo progetto.
Mentre un film si rivolge ad un pubblico spettatore e deve rispondere a certe necessità di gradimento e narrative, il video film non ha questo scopo.
Ma allora a chi è diretto, chi sono gli spettatori immaginari o reali e a quali basi narrative attinge? Che peso ha il valore estetico? E infine che valore terapeutico dare a questa attività?
Il lavoro di Linda Fortini e Marzia Cancellieri ce lo descrivono in modo essenziale e chiaro con l'intento di fornire una traccia a chi fosse interessato a mettere in atto una tecnica simile. Infatti esperienze analoghe potrebbero essere proponibili anche in strutture a cui afferiscono soggetti con altri tipo di patologie psichiche per la fertilità dei contenuti fantasmatici e l'attivazione dei rapporti interpersonali che sono in grado di suscitare, per es. per adolescenti in cui la personalità è ancora in fase evolutiva o per psicotici non troppo regrediti.
H. Segal ci ha mostrato come esistano due vie di formazione del simbolo e di funzione simbolica: una è l'equazione simbolica in cui significante e significato sono interscambiabili e equivalenti ed è propria del pensiero psicotico, l'altra è la rappresentazione simbolica, il simbolismo vero e proprio, in cui significante e significato sono uniti da collegamenti analogici, su cui si fonda il pensiero più evoluto, compreso quello artistico. Vi sono poi vari livelli di transizione fra un tipo e l'altro di simbolo tra i quali si colloca la rappresentazione per immagini. E' una forma primitiva e concreta del pensiero inconscio perché attraverso di essa le emozioni possono essere tradotte in simboli. Un processo di questo genere accade comunemente nel sogno in cui l'immagine perde la sua staticità, diviene labile, ma quando viene inserita in una sequenza narrativa racconta una storia.
E' l'immagine che si pone all'inizio di ogni racconto dando vita a qualcosa che altrimenti sarebbe finito e morto. Il guardare è il riguardare, il ripetere cose viste o immaginate che riprendono vita e si animano sullo schermo. Ma l'immagine serba l'identità e diviene mezzo di scambio. L'immagine del corpo è anche specchio delle disposizioni interne dell'individuo permettendo l'accesso all'interiorità dell'anima. Il cinema è una sonda psicologica, uno strumento per l'esplorazione attraverso le immagini della psiche umana e del comportamento. "come la musica, il cinema racchiude in sè la percezione immediata dell'anima" dice E. Morin.
La sceneggiatura dei casi illustrati nel libro attinge sempre in modo più o meno esplicito o simbolico a elementi autobiografici che proprio perché sono trasformati in narrazione, come il sogno un po' nascondono e un po' svelano non tanto la biografia storica reale del soggetto quanto l'agitarsi di fantasmi consci e inconsci che l'autore alberga in se stesso connessi con eventi traumatici della vita.
Queste considerazioni ci inducono a credere che le narrazioni filmiche, quali quelle presentate nel libro che hanno un forte contenuto autobiografico, anche senza velleità artistiche in senso stretto, sono in grado di comunicare comunque emozioni perché la messa in scena degli elementi biografici spesso drammatici, stabilisce un legame tra fantasma e realtà, seppure virtuale perchè scenica. Ogni atto creativo è anche un atto riparativo rispetto ad una realtà brutta e frammentata, e, secondo H Segal ha a che vedere "con un ricordo inconscio interno armonioso e con l'esperienza della sua distruzione. L'impulso è di recuperare e ricreare questo mondo perduto". Il fatto che il risultato finale dell'opera creata sia artistica o non raggiunga un tale livello potrebbe dipendere dalla gravità dei danni del mondo interno (per es. dall'estensione della parte psicotica della personalità), dalla forza dell'Io messa in atto nel processo di riparazione, dalla sufficiente fiducia del soggetto in se stesso per poter tentare concretamente una tale impresa (per es. cimentarsi nella messa in atto del videofilm).
Linda Fortini e Marzia Cancellieri hanno dato un preciso e definito ordine al libro proprio per renderlo un modello duttile a cui ispirarsi.
La prima parte tratta dei rapporti tra tossicomania e disturbo della personalità e, pur affermando che non esiste un rapporto fisso tra loro, hanno scelto pazienti gravi che rientrano nella categoria diagnostica dei borderline.
I capitoli riguardano quelle tematiche specificamente psicoanalitiche che sono in gioco nel collegare eventi biografici, sintomi psicopatologici e video film. Vengono passati in rassegna particolarmente i concetti di fantasia conscia e inconscia, di fantasia evasiva e creativa e le loro specifiche funzioni nel funzionamento della mente. Sono prese in esame, sinteticamente, alcune tecniche che privilegiano l'accesso alla fantasia inconscia come il gioco, il disegno, la narrazione, lo spicodramma di Moreno per chiudere la rassegna con i teatri della mente di J. Mac Dougall.
La seconda parte del libro è dedicata ai sei casi clinici: dopo la descrizione del programma terapeutico come si svolge nei suoi passaggio e articolazioni, le autrici giungono all'illustrazione dei passi necessari per la realizzazione del videofilm di cui l'ospite di turno scriverà la storia, la sceneggiatura, sceglierà la musica, sarà il regista facendosi aiutare da un operatore esperto in videoriprese e dagli altri ospiti e educatori. Come accade nel sogno egli sarà anche il protagonista della storia. Ma non avrebbe senso un attore se non ci fossero anche gli spettatori, destinatari immaginari prima, reali poi, durante la stesura del racconto e l'allestimento del video film. Al termine del lavoro la proiezione verrà effettuata in una serata riservata agli altri ospiti del centro, agli educatori, ai parenti e agli amici. Con saggia prudenza viene sottolineato che il film non sarà oggetto né di pubblici commenti né di interpretazioni per evitare qualsiasi intervento intrusivo e "selvaggio". Il videofilm rimane come oggetto nell'area transizionale descritta da Winnicott, il quale ammoniva che neppure nel setting psicoterapico si dovesse avere troppa fretta nell'interpretare l'oggetto transizionale.
Ma se non ci sono interpretazioni in che modo il videofilm esplica una funzione terapeutica? Se osserviamo la descrizione dei lavori riportati nel testo ci accorgiamo facilmente che la storia descritta ha forti agganci ai fantasmi, spesso inquietanti, depressivo, persecutori e mortiferi che si agitano nelle menti degli autori. La possibilità di esternarli attraverso il mezzo audiovisivo narrante una storia, avvia una riflessione autoconoscitiva e può svolgere una funzione organizzativa, se pur limitata del Sé. Il soggetto, rappresentandosi al centro del proprio mondo scenico attraverso la trama delle interazioni, proiettando all'esterno personaggi interni, riesamina la propria identità confrontandosi, riunificandosi e separandosi con e dagli altri. Viene in mente ciò che Lacan aveva denominato lo stadio dello specchio in cui il bambino osservandosi prende coscienza di sé. Ma qui si passa da uno specchio infranto ad uno che tenta di riconnetterne i frammenti, oggettiva un "me" che non è altro che l'Io che guarda, l'io soggetto si confronta con l'oggetto che osserva. E' come il doppio messaggio dei sogni in cui si giace inerti mentre la rappresentazione del soggetto si muove e interagisce.
Come dicevo si tratta di casi gravi in cui la patologia psichica è la premessa all'uso di sostanze, verrebbe da dire che è quasi necessitato lo sbocco alla tossicodipendenza tanto sono disastrose le esperienze e la vita e distrutte o fallimentari le figure di riferimento, di questi pazienti. La capacità di fantasticare e di riflettere sulla propria condizione di solitudine e sull'esperienza dolorosa della tossicodipendenza, segnala la presenza di risorse psichiche che in favorevoli circostanze protettive e di supporto, può essere al servizio di un miglioramento o di una liberazione dalla dipendenza tossicomanica.
Il libro ci mostra le enormi difficoltà della cura dei pazienti tossicodipendenti gravi e l'abilità con cui è stata affrontata ma evoca immagini e sentimenti perché nasce da un'esperienza viva, vissuta con passione che solo in un secondo tempo è stata tradotta, come era necessario, nel linguaggio tecnico scientifico: fortunatamente non ha perso la vitalità dell'esperienza originaria.


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