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Anno III - N° 1 - Gennaio 2003

L’articolo del maestro




Dall’adolescente alla donna

Samuel Ritvo*



Come inizia l’adolescenza e come finisce? Possiamo assumere la pubertà come punto di partenza perché i cambiamenti psicologici dell’adolescenza devono essere compresi in relazione alla biologia della pubertà. I cambiamenti nel corpo che accompagnano lo sviluppo sessuale e la maturità riproduttiva costringono a un cambiamento nell’immagine del corpo con conseguenze psicologiche di lunga portata. Con i cambiamenti del corpo sopraggiunge una intensificazione delle spinte sessuali e aggressive che hanno poche alternative se non entrare in una sgradita connessione con gli oggetti infantili ed incestuosi. I legami con gli oggetti dell’infanzia devono essere sciolti e spostati su qualcuno della generazione dei pari. Quando la ragazza adolescente scioglie il legame con i genitori, perde il supporto e l’organizzazione che aveva tratto dall’avere l’Io, l’Ideale dell’Io ed il SuperIo genitoriali come ausiliari dei propri (Lampl de Groot, 1960). In questo stato di vulnerabilità lo sconvolgimento adolescenziale, che è necessario e perfino auspicabile per l’approfondimento della personalità e per l’indipendenza adulta finale, è fortemente influenzato dalla storia dei conflitti infantili -come sono stati risolti, quale propensione alla regressione è rimasta e verso quali punti di fissazione precoce- quali difese preferenziali contro l’ansia sono state istituite, quali tratti di carattere si sono formati. Nel valutare gli adolescenti, dobbiamo esplorare anche il loro potenziale progressivo, creativo, la loro abilità a trovare nuove soluzioni sia per i vecchi che per i nuovi problemi.
Come potremmo formulare una prospettiva psicoanalitica sulla fine dell’adolescenza e la transizione dall’adolescente alla donna ? Nella sua vita sessuale la donna dovrà aver stabilito o essere ben avviata sulla via della rispondenza genitale in una relazione scambievolmente soddisfacente. Essa dovrà essere capace di avviare, mantenere e ricavare soddisfazione da una relazione durevole e stabile, in grado di superare le tensioni mediamente normali della vita quotidiana, articolandole con un Ideale dell’Io adeguato alla realtà, che includerà l’immagine di sé come madre, ma anche il proprio posto nella società in qualsiasi altra capacità abbia scelto e acquisito. Questa è ovviamente una ricetta ideale irraggiungibile, ma ci servirà come concetto guida.
La prima linea di sviluppo che considererò è quella relativa a ciò che l’adolescente prova e come reagisce alla forma e all’immagine del proprio corpo. Cominciamo dall’impatto del menarca e dei cambiamenti corporei della pubertà. Il menarca è un importante punto di riferimento nella prima adolescenza perché ha tutte le caratteristiche di una normale crisi evolutiva. Questa crisi può essere uno stimolo o un ostacolo al progresso dello sviluppo; le attitudini e le abilità possono diventare più fruibili per la personalità mentre contemporaneamente la suscettibilità e la vulnerabilità possono innalzarsi. E’ un tempo di progresso quanto di regressione. Sul fronte regressivo, il menarca tende a risvegliare antichi conflitti anali e di castrazione. La ragazza percepisce in un primo tempo l’arrivo delle mestruazioni come un fenomeno escretorio sul modello delle vecchie familiari funzioni anali e urinarie. Ragazze predisposte da un precoce conflitto neurotico lo percepiscono anche come un danno o una mutilazione e quindi lo legano all’antica preoccupazione relativa al danneggiamento genitale, alla castrazione e all’insoddisfazione per la propria immagine corporea. I ricordi della pubertà nell’analisi di alcune donne mostrano che l’esperienza del flusso mestruale, il quale a differenza di quanto sperimentato con le urine e le feci non può essere controllato dagli sfinteri volontari, contribuisce ai tratti caratteriali di impotenza e passività.
La compiacenza verso una madre che persiste nel guardare al menarca in termini di funzione anale può ulteriormente soffocare la capacità della ragazza di trovare una soluzione egosintonica ed evolutivamente progressiva. Questo è uno dei modi in cui l’atteggiamento di una donna verso la propria femminilità può trasmettersi da una generazione all’altra. Una donna presentava una quasi continua connessione tra i clisteri di tutta la sua infanzia, la visione anale che sua madre aveva delle mestruazioni, il suo disgusto verso i propri genitali e le sue fantasie di rapporto sessuale come clistere. Ciò era una delle origini della sua frigidità.
Sul fronte progressivo, molte ragazze che in precedenza potevano essere state timide, diffidenti e insicure di sé, mostrano una fiducia in sé stesse molto più grande e ricavano più orgoglio dalla propria femminilità. Contemporaneamente diventano più assertive ed espressive della loro personalità. Il modo in cui la ragazza pubere sente e si comporta è fortemente influenzato dalla risposta dell’Io alle originarie spinte istintuali pregenitali e falliche e dalla qualità della relazione oggettuale con i genitori. Vergogna, paura e disgusto seguite da formazioni reattive possono far parte della reazione iniziale. Ragazze con una precedente intensa invidia del pene e sentimenti di castrazione sono predisposte a reagire alla pubertà -la conferma fisica della loro femminilità biologica- con gravi disturbi dell’immagine corporea.
Non abbiamo dato sufficiente attenzione agli effetti del progressivo abbassamento dell’età della pubertà nella nostra società negli ultimi decenni. Alcune delle più gravi reazioni si presentano in ragazze che hanno la prima mestruazione all’età di 8 o 9 anni. E’ probabile che esse reagiscano con rabbia, attacchi di collera, vergogna e bizzarri tentativi di nascondere le mestruazioni, trattando gli assorbenti come evidenza del fallimento del controllo sfinterico. Esse non hanno avuto un periodo di latenza abbastanza lungo da consolidare stabili strutture dell’Io atte a sostenere una sicura difesa contro gli impulsi pregenitali. Lo sviluppo del seno può essere fonte di orgoglio e piacere, oppure un focus per la rabbia e la vergogna, a seconda se l’immagine che la ragazza ha del proprio corpo è soddisfacente o accettabile, o se è il focus di un intenso conflitto di origine precedente.
L’occultamento è, credo, una reazione al menarca ampiamente se non universalmente estesa. E’ una reazione che dobbiamo comprendere più a fondo perché è importante nella psicoanalisi delle donne. L’occultamento, in particolare delle fantasie e delle attività masturbatorie, è più pronunciato nell’analisi delle donne che in quella degli uomini. Può essere una reticenza determinata, conscia in qualche caso, accompagnata da dichiarazioni come “non parlerò mai di queste cose con lei”, o “ non mi tirerai mai fuori questo”. Oppure l’occultamento può essere contenuto in un sentimento o stato della mente vuoto, o nella dichiarazione della paziente che non sta pensando a nulla (Lewin, 1948). L’attitudine alla segretezza e all’occultamento ha le sue più precoci radici nella più potente rimozione da parte della ragazza degli impulsi pregenitali, in particolare l’impulso anale, che inizia nel periodo pre edipico e si estende per tutta l’infanzia. Un dato clinico correlato in psichiatria infantile è la rarità di ritenzione fecale e di soiling nelle bambine rispetto alla frequenza nei maschi. La forte repressione degli impulsi pregenitali nelle ragazze è di solito attribuita alla reazione della ragazza all’assenza del pene, che viene quasi regolarmente sperimentata come ferita narcisistica e punto focale per sentimenti di inferiorità e vergogna, che possono essere tenuti a bada dalle formazioni reattive dispiegate contro gli interessi anali. Nelle donne nevrotiche la formazione reattiva e la caratteristica correlata dell’occultamento si intensificano alla pubertà e in adolescenza in risposta al menarca, sperimentato come un incontrollabile soiling che può tradire la ragazza se non è adeguatamente occultato. Tali atteggiamenti possono sussistere fianco a fianco con sentimenti di orgoglio, confidenza, sicurezza di sé e adeguamento al nuovo sviluppo. L’emergere nella ragazza di interessi erotici e di spinte genitali sopraggiunge sulla intensa e minacciosa reviviscenza dell’analità, così che l’Io è costretto a patteggiare con entrambi allo stesso tempo. Un’ulteriore difficoltà sorge dal fatto che l’intensificarsi degli impulsi pregenitali porta con sé una recrudescenza del tipo pre edipico di relazioni oggettuali con le quali gli impulsi pregenitali erano originariamente connessi. Ciò sfocia in manifestazioni di aggressività, legami oggettuali anaclitici, ambivalenti, e difese eccessive o perfino patologiche contro di essi.
La maniera in cui l’adolescente risolve la questione della sua immagine corporea e dell’atteggiamento verso il proprio corpo è cruciale per la sua sessualità di donna. La maturità biologica che rende possibile la riproduzione richiede anche che il piacere sessuale sia sperimentato direttamente sul corpo del partner. A queste nuove condizioni, i sentimenti della ragazza adolescente e le sue fantasie sul proprio corpo diventano potenti determinanti per le specifiche condizioni nelle quali ella sperimenterà il piacere sessuale. Sentimenti di orgoglio, vergogna, tenerezza, invidia, ostilità hanno una origine nell’immagine che la ragazza ha del proprio corpo e di quello dell’uomo. Questi sentimenti sono intimamente connessi con la risposta sessuale. Possono innalzare o intensificare la risposta erotica sessuale o inibirla fino al fastidio, dolore, frigidità ed evitamento del contatto corporeo e dell’esporsi. Dove il contatto corporeo è piacevole, può diventare la base di un forte attaccamento al partner sul modello del contatto infantile con la madre, producendo comfort, sollievo e rassicurazione oltre al piacere erotico.
L’adolescenza è anche il momento in cui la ragazza deve portare le sue fantasie masturbatorie in uno scambio dinamico con la realtà della relazione sessuale. E’ questo il momento in cui si manifestano l’assenza di risposta sessuale e la frigidità. Se fantasia e realtà non possono essere conciliate o integrate entro la fine dell’adolescenza, la donna può divenire consapevole di una stabile inibizione nevrotica della propria sessualità e trovare difficoltà nell’instaurare relazioni durevoli e soddisfacenti con l’uomo.
Fantasie masochistiche che contengono sia il capovolgimento dell’aggressività che i resti mascherati delle spinte pre edipiche, con le fantasie masturbatorie loro associate, interferiscono frequentemente con lo stabilirsi della sessualità adolescente e adulta, e sono un fattore che contribuisce alla frigidità. Anche l’antica reazione all’assenza del pene che appartiene al periodo fallico-edipico può dare un importante contributo alle difficoltà dell’adolescente.
La reazione all’assenza di un pene è universale. L’invidia del pene può semplicemente contribuire al normale sviluppo della ragazza o può costituire un fattore principale della nevrosi o nella formazione di alcuni tipi di carattere, a seconda se il contesto infantile in cui ha fatto la sua prima comparsa è stato traumatico. In alcune adolescenti l’invidia del pene si combina con un aumentato narcisismo del corpo in modo da creare una seduttività assertiva e provocante in cui l’interesse sessuale per il maschio si focalizza sul pene. I rapporti sessuali assumono una qualità competitiva e la ragazza diviene ansiosa e frustrata per la sua incapacità di raggiungere l’orgasmo. Un’efficace e soddisfacente sublimazione dell’invidia del pene, come si osserva in particolare nelle studentesse di college, sta nel funzionamento e nelle acquisizioni intellettuali. La mente è considerata come una parte idealizzata dell’immagine corporea ed il suo buon funzionamento è fonte di orgoglio e soddisfazione.
Come la risposta sessuale è costruita pezzo per pezzo durante l’adolescenza, nello stesso modo la forma adulta delle relazioni oggettuali è costruita a partire dalle relazioni con i passati oggetti. La ragazza adolescente ha il compito di spostarsi dall’oggetto originario, la madre, all’uomo. Una prima versione di questo spostamento si verifica nel periodo edipico. La modalità di risposta del padre all’amore della bambina sarà significativa per i tentativi adolescenziali di quest’ultima di rivolgersi all’uomo. In ogni caso, la regressione alla pregenitalità nella pubertà riattiva la relazione pre-edipica con la madre. In alcune ragazze la regressione assume la forma di gravi disturbi dell’alimentazione, che contengono intensi impulsi aggressivi verso la madre.
Nelle forme gravi di anoressia nervosa dell’adolescenza, molto più frequenti nelle ragazze che nei ragazzi, la rabbia verso la madre che è stata esternalizzata e spostata sul cibo, trova le sue radici nei conflitti sadomasochistici orali repressi con la madre. I sintomi si manifestano spesso in occasione della separazione dalla madre, quando l’adolescente si allontana da casa. E’ la madre introiettata che la ragazza sta affamando e cercando di controllare e punire. Nelle forme più lievi, i disturbi dell’alimentazione di tipo bulimico e anoressico sono uno dei problemi più frequenti che le studentesse lamentano ai servizi sanitari scolastici.
Quando il legame ambivalente e infantile con la madre si deve sciogliere o rompere, il primo rivolgersi verso l’uomo nella pubertà può rappresentare soprattutto un tentativo di sostituire la perdita della madre. L’analisi di una ragazza adolescente ce ne fornisce un esempio.
La paziente venne in analisi poco prima dei venti anni a causa di depressione, sintomi ipocondriaci e preoccupazioni circa l’adeguatezza della propria risposta sessuale. La ragazza era libera e aperta nelle sue relazioni sociali e sessuali, e traeva dal proprio corpo grande orgoglio e piacere. Sebbene fosse stata consapevole durante la sua infanzia di un leggero disgusto per gli odori e le feci, rimase sorpresa nello scoprire durante l’analisi quanto fossero stati forti questi atteggiamenti e quante difese e formazioni reattive avesse eretto contro di essi. Ancora più sorprendente fu per lei scoprire che alcuni di questi stessi atteggiamenti erano connessi ai suoi genitali e che il suo disagio per la propria vagina era presente fin dalla pubertà. A quell’epoca la paziente era molto franca con i coetanei e con i sostituti della madre sulle sue attività e interessi sessuali, ma li nascondeva alla madre, anche se l’atteggiamento di questa non era proibitivo, ma piuttosto del genere laissez-faire. Poco dopo il menarca vi fu con la madre uno dei litigi intensamente emotivi che avevano punteggiato la loro relazione fondamentalmente positiva. Dopo la lite la paziente andò nella sua stanza e scrisse un racconto su un litigio tra amanti. L’uomo dopo il litigio se ne va, la donna non riesce a stare nel letto vuoto ed esce piangendo sotto la pioggia a cercarlo. Un adulto, ignorando cosa aveva preceduto il racconto, commentò la sorprendente capacità di comprensione di una giovane adolescente per le complesse relazioni amorose eterosessuali degli adulti. L’incidente introdusse nel giro di alcuni mesi un rapido spostamento nelle relazioni della ragazza dalla madre agli uomini. Sebbene il passaggio dalla madre agli uomini fosse avvenuto direttamente e rapidamente, il legame con la madre e le donne rimase molto forte. In effetti, le relazioni con gli uomini avevano una caratteristica aggiuntiva nei termini delle sue relazioni con le donne. Per tutta la vita era stato importante per lei essere speciale. Nell’adolescenza essere speciale consisteva nell’essere originale e adulta nel sesso. Essere importante per gli uomini la rendeva speciale anche agli occhi delle donne, dei suoi coetanei e della madre. In effetti, la sua sessualità in quel periodo era in diretta competizione con la madre. La relazione sessuale con gli uomini non era pienamente o costantemente soddisfacente. Il desiderio sottostante più insistente era di essere tenuta e confortata da un uomo come una bambina piccola. La relazione con l’uomo nella prima adolescenza iniziò pertanto come una sostituzione del legame regressivo e ambivalente con la madre, servendo allo stesso tempo sia come un modo per avere una posizione speciale agli occhi delle donne, sia per continuare a cercare negli uomini la soddisfazione degli antichi desideri per la madre.
Ritengo che questa modalità di spostamento dalla madre, o dalla donna, all’uomo, con una persistenza della madre nell’uomo, sia una evenienza molto frequente, se non regolare. I dettagli specifici e le caratteristiche del processo hanno una grande variabilità individuale. Molto di quanto è considerato come comportamento sessuale a livello genitale adulto tra gli adolescenti in realtà è proprio questo tenere ed essere tenuti. E’ il tentativo di riuscire a trovare e fornire un sentimento di sicurezza e di intimità sul modello delle antiche esperienze e fantasie con la madre durante la fase di estraneità, incertezza e angoscia che costituisce tanta parte dell’adolescenza. Se, intorno alla fine dell’adolescenza, la donna non è stata capace di mantenere la relazione con l’uomo sufficientemente libera da questa eredità materna, la probabilità di stabilire un matrimonio soddisfacente o accettabile è notevolmente ridotta.
Il desiderio di un figlio e della maternità cambia durante l’adolescenza e nell’evolversi dall’adolescente alla donna. Il desiderio di un figlio, che appare dapprima nella fantasia dell’infanzia in identificazione con la madre e come parte del complesso edipico, si approfondisce e diventa più specifica con lo stabilizzarsi del ciclo mestruale. Diventa parte dell’immagine corporea. Una manifestazione del desiderio di maternità e di un bambino appare nell’atteggiamento di molte ragazze verso gli animali e i cuccioli. Come si vede in analisi, il desiderio di un figlio è stabilmente presente come un tema continuo, ma non come un desiderio o bisogno che necessiti di decisione o azione. Per dirla con una giovane ventenne: “Quando avevo 15 o 16 anni il mio sogno era di sposare un fattore, avere bambini, allevare cavalli, mucche e cani.” A vent’anni voleva ancora essere un’allevatrice di animali e stava sviluppando progetti di carriera in questa direzione, ma la sua nevrosi le stava impedendo la possibilità di instaurare una relazione intima e stabile con un uomo che avrebbe potuto rendere realizzabile il desiderio di un figlio. Questo desiderio era tenuto in sospeso ed ella lo considerava come una fantasia ingenua o idilliaca con una minore priorità rispetto all’analisi dei problemi masochistici, nevrotici e caratteriali che le rendevano difficile la vita.
Nella ragazza adolescente il desiderio di un figlio è ancora fortemente colorito da origini edipiche e pregenitali. Se queste permangono nella personalità con le loro intense qualità sessuali ed aggressive rivolte agli oggetti infantili, la potenziale difficoltà per la relazione madre-bambino può essere seria. Nei gravi disturbi alimentari descritti più sopra, se i desideri di divorare, distruggere ed incorporare non sono risolti o stabilizzati da un’adeguata formazione e funzionamento del SuperIo, il rischio psicologico nella gestazione e nella maternità è grande. Il desiderio inconscio del bambino e la sua paura di divorare o di essere divorato minaccia la gravidanza e la relazione madre-bambino. In alcune donne questi conflitti intrudono rapidamente nell’allattamento al seno. Una madre dovette abbandonare il tentativo dopo pochi giorni perché sentiva che il bambino era come un coniglio che la brucava e lei aborriva il disordine. La sua aggressività verso il bambino dominò nei primi anni il suo maternage. Un’altra madre rinunciò il tentativo, benché tenesse all’idea, perché le sensazioni erotiche che il bambino le provocava con il succhiare erano troppo minacciose per la barriera di inibizione che essa aveva eretto contro la propria sessualità come risultato del modo in cui lei stessa era stata cresciuta.
Il concetto di Ideale dell’Io offre un’altra posizione da cui guardare al passaggio dall’adolescente alla donna. La ristrutturazione della psiche con la prevalenza dell’Io, che prende il posto del tumulto dell’adolescenza, è accompagnata da una più salda affermazione dell’Ideale dell’Io adulto -che l’adolescente è motivato a realizzare per essere amato e approvato dal SuperIo. Per gli scopi di questa discussione conviene separare l’Ideale dell’Io della giovane donna in due parti: una più correlata al fronte biologico e l’altra più vicina al lato sociale della sua vita.
La maternità è un ideale che ha le sue prime radici nell’identificazione della ragazza con la propria madre e con il desiderio infantile di un figlio. Come ha detto Freud, niente dà più piacere e soddisfazione della realizzazione di un antico desiderio o sogno. Molte donne la considerano l’esperienza più commovente, arricchente e profonda di tutta la loro vita. L’opposto è una questione oggi molto discussa: l’esperienza dell’eterosessualità, della gravidanza, della nascita di un figlio, della maternità è essenziale per il completamento della femminilità di una donna ? E’ senza dubbio importante per il tipo di soddisfazione che è vicina agli antichi sogni e desideri, che in questo caso vuol dire vicino agli impulsi istintuali biologicamente radicati nelle esperienze e nei ritmi del corpo. La risposta alla questione risiede nella capacità della singola donna di sublimare, capacità che è correlata alle qualità e alla storia delle sue relazioni oggettuali, delle sue identificazioni e al grado di fissazione in rapporto al potenziale di sviluppo progressivo delle cariche istintuali.
Un’altra sfaccettatura di questa questione serve come transizione verso il lato sociale dell’Ideale dell’Io. La totalità dell’esperienza psicologica della maternità è anche influenzata dal valore, riconoscimento e prestigio che la società pone sulla maternità. In un epoca in cui la fertilità della donna e le funzioni generative avevano un alto valore economico, il suo prestigio e il suo valore dipendevano moltissimo dalla sua fertilità. La fertilità femminile non ha più oggi nella nostra società quel valore. Generare bambini è necessario per la sopravvivenza umana in un senso ultimo, ma nella nostra società non è necessario per l’immediata sopravvivenza o per il benessere economico come lo era un tempo. Piuttosto, i figli rappresentano un onere economico. Questo è un fattore importante nel riassetto della visione della donna di se stessa e del proprio posto nella società. Se queste condizioni prevalessero per un tempo prolungato, potremmo avere l’opportunità di osservare l’impatto di questi fattori della realtà esterna sui desideri e sulle fantasie inconsce.
Fra quelle donne per le quali il lato sociale dell’Ideale dell’Io comprende una carriera o una professione che richiede una lunga preparazione e un grande impegno continuativo, il conflitto può non essere nevrotico, ma piuttosto tra i normali desideri femminili e le richieste della realtà. La limitatezza del tempo biologico è il più irriducibile dei vari elementi che la giovane donna adulta deve integrare.
Dal punto di vista psicoanalitico i desideri e le fantasie inconsce non danno segni di cambiamento. Né vi è alcun segno che la donna moderna sia stata capace di attingere nuove fonti di forza dell’Io o di flessibilità nel suo sforzo di adattarsi ad un mutato “ambiente mediamente normale”.
(Traduzione dall’inglese di Eleda Spano)

Note:
*che qui si ringrazia sentitamenete





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