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Anno II - N° 3 -Setttembre 2002


Seminari romani di F. Ladame e M. Perret-Catipovic




Vicissitudini dell'identità sessuale in adolescenza
SEMINARI ROMANI DI FRANÇOIS LADAME E MAJA PERRET-CATIPOVIC

Giornata di studio ARPAD 9 Marzo 2002



Gianluigi Monniello
DISCUSSIONE DEL LAVORO DI Q. COCCIANTE


Premessa

Il paziente e tenace lavoro terapeutico condotto dalla Dr.ssa Cocciante descrive con sensibilità e onestà il difficile percorso di realizzazione della condizione di separatezza e la conseguente rinuncia alla fusionalità con l'oggetto primario materno da parte di Dario, grazie alla terapia.
Due elementi clinici soprattutto mi sembra che attestino le difficoltà separative operanti in Dario: la grande facilità all'identificazione tout court, al diventare l'altro (è facilmente l'altro, solo a tratti come l'altro) e la mancanza, in lui, di ogni manifestazione aggressiva, affermativa di sé, segno della sua non predisposizione alla crescita psichica.
La posta in gioco per la cura, in questo caso, non è solo di accompagnare un processo di sviluppo, di togliere gli impedimenti al processo di soggettivazione ma di suggerire, proporre una differenziazione in chi, chiamato a realizzarla dai suoi compiti evolutivi adolescenziali, non ha il materiale, i componenti di base per ipotizzarla. La forza trainante risiede allora nel sicuro convincimento della terapeuta che l'adolescente alberghi comunque in sé, anche solo inconsapevolmente, un ideale di sviluppo, un augurio segreto e personale di realizzare appieno la propria adolescenza.

Cenni teorici e riflessioni personali

Fatta questa premessa psicopatologica, è mia intenzione proporre qualche riflessione sul materiale clinico, vista la complessità dell'argomento che stiamo trattando in questa Giornata di studio. Propongo due temi teorici principali: a) il ruolo della madre, del sessuale materno (cioè la rilevanza del piacere nella sua economia psichica (Birraux, 1988), nel riconoscimento della mascolinità del proprio figlio maschio; b) la qualità della relazione diadica, preedipica con la figura paterna (Blos, 1985; 1988), esperienza psichica essenziale per l'identità maschile, che mostra i suoi effetti proprio in adolescenza.
Seguendo questi concetti riprenderò alcuni passaggi del ricco materiale clinico. Mi soffermerò poi su di una questione di tecnica, affrontata in questo trattamento ed in particolare sulla decisione della terapeuta di rivelare qualcosa di sé, intervento di tecnica inquadrabile come self-disclosure controtransferale, che a mio avviso costituisce un passaggio di grande interesse per la cura di Dario, oltre che un argomento di grande attualità nella letteratura psicoanalitica (Levenson, 2001).

Ho l'impressione che quando affrontiamo il tema dell'identità sessuale nell'incontro clinico o nella cura di un adolescente con una propensione omofilica, siamo chiamati a confrontarci con un peculiare aspetto di complessità. Parlando di complessità non mi riferisco, certo, ad aspetti della vita di relazione o a reazioni di tipo culturale o ad idiosincrasie che nascono da atteggiamenti che possiamo definire di "polizia eterosessuale del desiderio" (Gutton, 2001).
Credo che la complessità della cura e la ricchezza che ad essa si associa, stia nel fatto che ciò che viene chiamato in causa, rimesso in gioco, interrogato nel terapeuta, siano non solo le sue basi narcisistiche, il suo assetto identitario, ma anche e soprattutto una parte irriducibile del suo essere, una componente inanalizzabile di se stessi, rappresentata secondo Freud, dal fatto di essere maschio o femmina.

Già dal titolo del suo lavoro la Dr.ssa Cocciante parla di scoperta dell'identità: "il difficile cammino alla scoperta della propria identità", da parte di Dario.
Sappiamo che per poter fare l'esperienza di scoprire qualcosa, l'oggetto della scoperta deve essere "già là", come ci ha realisticamente insegnato Winnicott. Realisticamente e quindi anche con crudezza, perché il "già là" può rappresentare una eredità psichica limitata, di poco conto e di poca qualità, troppo rigidamente definita. Come chi, contadino, avesse ereditato dai propri genitori solo un piccolo pezzetto di terra roccioso, e quindi non coltivabile.
Allora quando abbiamo di fronte una psicopatologia che riguarda le basi narcisistiche e l'identità sessuale, come nel caso di Dario, la possibilità di scoprire l'oggetto diventa legata a quanto il terapeuta può mettere al servizio del paziente per via del suo livello di funzionamento psichico, raggiunto attraverso la propria storia, la propria formazione e la propria analisi personale. Ma non solo. Il terapeuta, nei casi che presentano gravi impedimenti al loro processo di soggettivazione, allo sviluppo del sé, è chiamato ad interrogarsi, a verificare se ha raggiunto o meno quella particolare condizione interna, necessaria e sufficiente per permettergli di provare lui stesso, nella relazione con il paziente, "il piacere di essere l'oggetto dei bisogni di un altro". Scrive Vergine (2001): "Il "piacere di essere l'oggetto dei bisogni di un altro", può costituirsi solo al di là della colpa e della vendetta, non per un bisogno proprio sospeso e poi proiettato sull'altro, ma per rinnovare il piacere acquisto di un bene sperimentato che è diventato qualità e quantità... quindi deve necessariamente comprendere (per il terapeuta), "il piacere di essere stato soggetto accudito ed è di questo di cui egli deve sempre tenere conto, sia come fonte di energia per alimentare la funzione di essere oggetto per l'altro, sia come punto di riferimento autoconservativo".
E' quindi in gioco una particolare personale disposizione conscia, preconscia ed inconscia al costante lavoro autoanalitico, che prosegua oltre la propria analisi, sull'interiorizzazione di quell'esperienza e anche sui suoi limiti. Solo se sono attivamente operanti i processi di interiorizzazione nell'analista, allora la cura può offrire l'opportunità di un secondo tempo, di una seconda occasione: si può ereditare qualcosa da qualcun altro. Ci si può aspettare una eredità psichica da qualcun altro che non sia il proprio genitore reale o interno che sia.

Tempo fa ho avuto l'opportunità di avventurarmi in percorsi psicoterapeuti con adolescenti transessuali che richiedevano insistentemente di cambiare sesso (Monniello, 1991; 1997). Sull'argomento la teoria propone ipotesi complicate e contraddittorie. Le difficoltà di reperire una visione teorica coerente ha comunque un vantaggio: rende ancora più indispensabile l'ascolto dell'altro, lo alleggerisce dal peso delle previsioni. Sono questi ragazzi ad aiutarci a capire. La loro storia è caratterizzata da potenti deprivazioni e da eccessi di intrusioni; sembra che per loro sia meglio rimandare più in là possibile lo svelamento di una eredità psichica povera, disastrata, inutilizzabile e dunque restare in una condizione di inglobamento nel corpo e nel mondo psichico dell'oggetto primario assunto come proprio.
C'è però un elemento importante che può fungere da bussola. Il genitore che ha lasciato di meno, in termini di eredità psichica, è proprio quello dello stesso sesso. Così le ricerche ed i lavori di Moberly (1983) sostengono l'ipotesi che gli omosessuali non hanno avuto una relazione di accudimento e processi identificativi sufficientemente buoni con il genitore dello stesso sesso. Queste persone allora vanno alla ricerca apparente di una sessualità vissuta con un membro del loro sesso, ma ricercano soprattutto dei legami di tenerezza. Ecco che allora si tratta di considerare con attenzione il tempo del narcisismo primario da un lato e delle relazioni precoci, per il maschio, come nel casi di Dario, con il proprio padre.
Mi riferisco a quanto Blos ha concettualizzato riguardo alla relazione duale padre-figlio, precoce, preedipica. Il bambino deve infatti poter attingere a sufficienza dalla figura forte e rassicurante del padre per svincolarsi dalla madre prima e per entrare nella conflittualità edipica con il padre stesso poi.
Cito Blos (1988): "Tutto comincia durante la fase di separazione-individuazione quando il bambino, sotto l'influenza di una spinta innata di crescita e di maturazione, cerca di svincolarsi dall'unità simbiotica che ha con la madre. Nel corso di questo processo, il bambino piccolo si rivolge verso suo padre come un altro familiare. Questo nuovo altro, tuttavia separato, che è il padre diventerà un agente facilitante assolutamente essenziale nel processo di separazione-individuazione. Il padre non è un oggetto di timore edipico in questa fase quando l'attaccamento genitoriale scivola dalla madre verso il padre, restando tutti e due detentori di una funzione di appoggio. Il padre non rappresenta nessuna minaccia in direzione di un'eventuale regressione o di un rivolgimento regressivo della differenziazione progressiva dell'Io dell'organismo".

Discussione del materiale clinico

Alla luce di queste considerazioni, passo ora a commentare in dettaglio il materiale clinico, ampiamente offerto dalla Dr.ssa Cocciante.
Dario, dice la terapeuta, sarebbe un bel ragazzo ma, di fatto, non lo è neppure per lei che, quindi, subito segnala i limiti che incontra il suo investimento. Riconosce cioè fin dove, in quel momento, può arrivare il suo forte desiderio, la sua aspettativa di investire libidicamente questo medio adolescente. Forse le piacerebbe che fosse diverso, le piacerebbe sospingerlo in avanti. Ma perché ciò avvenga il rischio è quello di dover per così dire traviare il suo giovane paziente. Alcuni compagni di scuola hanno cercato di farlo. Lo hanno traviato, quindi allontanato dalla sua orbita (materna) nella quale era collocato quando era un ragazzo obbediente e rispettoso.
Ci sono insomma gli indizi di un desiderio di trasformarlo in un bel ragazzo, ammorbidirlo, ridurre le sue rigidità falliche (capelli immobili e testa troppo rigida) e gli indizi di una tentazione vitale di suggerirgli il valore di una soddisfatta morbidezza.
Dal canto suo, però, Dario non sembra volerne sapere di produrre un tenero investimento libidico. All'oggetto, all'altro ci si deve appiccicare, aggrappare perché è così che può essere evitata l'invasione. Se si produce una certa distanza dall'oggetto, se si definisce una differenza, allora l'oggetto è subito sentito come minaccioso (le fobie) o massicciamente intrusivo.
Il passato viene rifuggito da Dario ma esso continuamente si attualizza nel suo timore di sprofondare in un baratro, eco del suo breakdown. Winnicott ci suggerisce che la paura di sperimentare un crollo psichico indica che il crollo è, in realtà, già stato sperimentato. Pertanto, ora, si tratta piano piano di risollevarsi, di fare luce e quindi di affrontare un percorso di cura.
Ma Dario come se lo immagina questo percorso? Arriva alla terapia con una sua idea già definita: dovrebbe essere come la fede, cioè un orientamento di vita, un qualcosa che ti entra dentro e non ti abbandona più.
Il cassetto che si apre del primo sogno può rappresentare la possibilità di sciogliere la rimozione, può alludere ad una apertura sull'inconscio, ma ho l'impressione che segnali soprattutto la sua identificazione con la madre e con il corpo femminile: c'è l'attesa che il cassetto sia riempito, penetrato per ricevere così la mascolinità dal padre.
Verrebbe da chiedersi: perché ha scelto una terapeuta donna per riempire il cassetto? Non era più logico affidarsi ad un uomo?
Direi che si è sentito troppo solo e spaventato di fronte alle trasformazioni della pubertà, al suo corpo sessuato, all'attività masturbatoria che lo ha gettato nel panico, nel timore che "il santino" si rompesse. Gli è necessario qualcuno che lui possa sentire molto familiare, che possa essere per lui una figura di riferimento, di appoggio psichico.
Segnalo un altro passaggio a mio avviso molto significativo. Nel momento in cui viene traviato Dario scopre la dimensione incestuosa insita nell'essere come la madre e la sua mente si paralizza (la bocciatura). Così il contatto con le ragazze, per il senso di separatezza che produce, lo sospinge al riconoscimento dell'altro, dell'altra persona, dell'alterità e allora è inevitabilmente confrontato con la presa di coscienza dell'universo materno incestuoso nel quale è immerso. Sono i primi sguardi verso qualcosa di differenziato.
Dario inizia così un lungo corpo a corpo con la sua terapeuta che scrive: "Mi sommerge di parole come un libro stampato, e mette a dura prova la mia tenuta e sopportazione". La tenuta del setting e la regressione che ne deriva fa emergere il bisogno di fusionalità con un oggetto che protegga, rassicuri e rafforzi.
Sembra essere presente la fantasia, la terapeuta vi allude puntualmente, di potersi generare nuovamente grazie all'esperienza della cura e così avvicinarsi alla domanda sulla propria identità di genere: sarò maschio o femmina?
Per questo, mi sembra, i genitori reali mancano, non sappiamo nulla di loro, Dario non sa raccontare di loro, non li può osservare dal di fuori, non sa raccontarli.
C'è però qualcuno, un altro, che osserva tale condizione fusionale (si tratta della terapeuta stessa, di una figura paterna, del supervisore?). Dario si sente osservato da alcuni uomini. Emerge il tema della donna violentata mentalmente.
Credo che queste fantasie di aggressione siano della stessa pasta, appartengano allo stesso genere a cui appartengono gli episodi di traviamento con i compagni di scuola. C'è la possibilità di essere sospinti fuori dall'orbita materna solo ad opera di una figura paterna che minimamente si diversifichi da quella materna, così da restare immodificata la dimensione duale, diadica. Il terzo, la terzità in quanto tale è traviante, troppo minacciosa. Credo che a questo alluda il sogno del bacio di Carlo: "Vedo Carlo che mi guarda fisso e poi mi bacia sulla bocca ed io mi prendo il bacio guardandolo negli occhi".
E' su questo delicato crinale controtransferale che si muove con molta cautela la Dr.ssa Cocciante, facendo, per così dire, capolino con l'intento di essere riconosciuta anche come nuovo oggetto. E' il respiro controtransferale che ascoltiamo nel resoconto clinico.
Dario offre un altro sogno molto interessante dove "una ragazza mi si avvicina e mi mette una mano lì...". Ma questo genere d'iniziazione non è utilizzabile per lui, avverte la terapeuta che lo sa, lo sapeva ma ugualmente non ha smesso di lavorare per favorire la differenziazione.
Così nel sogno successivo si profila la raffigurazione, lo scenario di un matrimonio, di una relazione nuova ma è necessario attendere ancora, i soldi per le fedi, l'idealizzazione, servono ancora alla restaurazione narcisistica (la ragazza che sta male).
In questa fase il rapporto terapeutico è certamente solido e lo dimostra il fatto che Dario rivive il breakdown nella terapia: "Se lei mi accarezzava io avevo una erezione, ma era totalmente insospettata da sentirmi in imbarazzo e, all'improvviso, non sapevo più cosa fare".
E così avanti fino all'incontro con Pietro che però non deve essere carnale ma tenero, preedipico altrimenti non gli resta che fuggire di nuovo.
Si arriva poi all'intervento nel quale la Dr.ssa Cocciante esce allo scoperto, sulla scia di quanto le ha esplicitamente detto Dario, "non voglio un rapporto carnale con Pietro", ed arriva a dichiarare al paziente che egli ha bisogno soprattutto di un rapporto tenero e non tanto sessuale con una figura maschile.
Molte cose potrebbero ancora essere dette, ma mi fermo qui e arrivo alle conclusioni.

Conclusioni

Ho parlato all'inizio della rivelazione a Dario, da parte della terapeuta, del progetto di adozione. Tale rivelazione è, a mio avviso, il risultato di una costruzione realizzata dalla relazione di transfert e controtransfert.
A posteriori, come solo può essere in psicoanalisi, mi sembra che la Dr.ssa Cocciante, abbia risposto inconsciamente e si sia interrogata nuovamente, in quel momento della sua vita, sulla sua identificazione profonda alla propria madre. Da questa posizione elaborativa prettamente analitica (caratterizzata dal continuo lavoro per integrare l'esperienza vissuta), ha potuto meglio riconosce, raccogliere e rilanciare le esigenze diadiche di Dario nei riguardi del proprio padre, arrivando così a favorire la ripresa del percorso maturativi del paziente, proprio là dove era stato più insufficiente. Mi sembra cioè che piuttosto che continuare ad essere sospinta nel transfert verso una figura materna mortificata nel suo desiderio o paterna debolmente normativa, facilmente confondibile con una figura materna fagocitante, la terapeuta si sia fatta progressivamente prendere da una attività psichica autoanalitica prima intima e silenziosa quindi pubblica tanto da essere verbalizzata in occasione della self-disclosure controtrasferale.Viene così esemplificato dal vivo al paziente il lavoro psichico che realizza il passaggio dalla rappresentazione di cosa alla rappresentazione di parola.
Si tratta di una esplicitazione coraggiosa da parte della terapeuta. Ella rivela un importante evento personale, il suo progetto di adozione di un bambino, fatta in concomitanza con la necessità, per lei, di assentarsi per un periodo protratto di tempo. E' la possibilità per Dario di vedere che la terapeuta è, o potrebbe essere, un oggetto nuovo, diverso dall'analista percepito transferalmente. Viene realizzata, dall'esterno, una azione di differenziazione.
Suggerisco che ciò che risulta foriero di trasformazione, nel senso che realizza la differenziazione psicosessuale, sia il fatto che la Dr.ssa Cocciante riveli, in fondo, di stare per avere un bambino. E' possibile dire che all'avere un bambino ha corrisposto il riconoscimento da parte di Dario di avere un pene. La rappresentazione di un processo di creazione metterebbe cioè la terapeuta che vive un momento di piena femminilità in una posizione maschile di avere, possedere. Ad una dichiarazione di adozione fa seguito un'altra dichiarazione, l'uscita allo scoperto di Dario a proposito della sua omosessualità, perché per lui "è così".
Concludo con questa riflessione: il lavoro terapeutico con gli adolescenti, come il resoconto clinico illustra molto bene, invita all'autoanalisi, la rende necessaria nel terapeuta, la rinnova continuamente: è stato il controtransfert della terapeuta ad essere il motore del transfert di Dario, e quindi del processo di cura.


Bibliografia

Birraux A. (1988), Présentation du "masculin ". Adolescence, 6, 1, 5-16.
Blos P. (1985), Fils de son père. Adolescence,3, 1, 21-42.
Blos P. (1988), L'insoumission au père ou l'effort adolescent pour être masculin. Adolescence,19,1, 9-28.
Moberly E.R. (1983), Psychogenesis : the early development of gender identity. Rougledge and Kegan Paul, Lodon.
Levenson E.A. (2001), Self-revelation e self-disclosure. Ricerca psicoanalitica, XII, 3, 299-312.
Monniello G. (1991), L'incontro clinico con l'adolescente transessuale. Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, 58, 2, 149-159.
Monniello G. (1997), due casi di transessualismo femminile. Adolescenza, 8, 2, 171-185.
Vergine A. (2001), Lo sviluppo della funzione etica nella mente: dall'onnipotenza alla dipendenza e al lutto. Psicoterapia psicoanalitica, VIII, 2, 11-21.


Gianluigi Monniello
E-mail: gianluigi.monniello@tin.it




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