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Anno II - N° 3 - Settembre 2002


Recensioni




John Evans (1998)
Psicoterapia analitica di gruppo per adolescenti
Borla, 2001, Euro 23,24



Ho trovato questo libro innovativo e stimolante. Innovativo, perché è il primo libro che viene pubblicato in Italia di psicoterapia di gruppo per adolescenti si sforza di descrivere in dettaglio, dall'interno dell'esperienza diretta, le componenti della terapia come esse appaiono. Questo stesso sforzo è stimolante e lodevole, perché potrebbe aprire una modalità nuova di comunicare tra psicoterapeuti di gruppo di adolescenti.
Il volume tratta di adolescenti deprivati, di età compresa tra i 12 e i 15 anni, una fascia, (come giustamente sottolinea Monniello nell'introduzione), già di per sé molto problematica per l'avvio alla psicoterapia, tanto più per la psicoterapia di gruppo.
L'onestà professionale e la competenza con cui vengono illustrati i momenti più importanti dell'esperienza; la preoccupazione di esaminare ad ogni passo gli aspetti positivi e le difficoltà; le considerazioni sui differenti approcci e il loro confronto, fanno sentire anche il lettore poco esperto della materia, aggiornato sulle problematiche relative alla preparazione e alla conduzione di un gruppo di adolescenti.
L'approccio che Evans privilegia, anche per la tipologia degli adolescenti da lui trattati, è di tipo attivo. Ho trovato utili sul piano pratico, a questo proposito, le considerazioni che egli fa nel confronto con la tecnica di conduzione di Bion: "Il valore dell'approccio senza leader di Bion - egli scrive - sta nel fatto che esso stimola numerose angosce di base [...] e pertanto mobilita difese ancora più basilari. Esse possono quindi essere osservate in dettaglio nel qui ed ora della seduta. Si pone tuttavia la questione di quanto sia utile porre al centro dell'interesse l'indagine su tali angosce; e se ciò sia opportuno, da un punto di vista terapeutico, nel gruppo di adolescenti".
Evans amplia questa argomentazione includendo il problema di quanto il singolo individuo sia coinvolto nel processo gruppale.
Da un punto di vista tecnico e non teorico, Evans crede che il fatto che il conduttore si concentri quasi esclusivamente sui fenomeni relativi al gruppo come un tutto sia un punto debole per la psicoterapia analitica di gruppo degli adolescenti. L'individuo che si trova all'interno del gruppo, infatti, oltre alla sua condizione di membro, che lo rende parte delle dinamiche e della cultura del gruppo, esiste anche in quanto singolo, con il proprio unico punto di vista, costituito dalle sue esigenze e dalle sue tensioni interne. A differenza degli adulti, che sono per lo più motivati al cambiamento, con gli adolescenti "non si tratta di dimostrare l'efficacia della terapia di gruppo, ma di rispondere ai loro bisogni.". Inoltre "E' raro che un ragazzo esprima un commento sul gruppo, mentre potrà dire qualcosa anche di molto profondo sui singoli individui." La questione se e come rispondere a bisogni e tensioni interne al singolo individuo in un gruppo di adolescenti non è, perciò, secondaria.
Tuttavia, l'autore ribadisce anche che "Concentrarsi più o meno profondamente sul singolo può causare difficoltà e non produrre esiti terapeutici per il gruppo come un tutto." Se, allora, Bion fornisce una comprensione di alcune problematiche relative ai gruppi, le loro soluzioni, si trovano, però "quando il conduttore di un gruppo di adolescenti si rende conto della necessità di essere attivo e di intervenire. Ciò può avvenire sotto forma di commento o di interpretazione dell'attività del gruppo. Altre volte, il conduttore deve orientare la discussione su un certo percorso, in modo da evitare che il gruppo si disperda in mille rivoli o cada in preda alla confusione. In determinate altre situazioni, invece, il conduttore deve definire i limiti. I gruppi senza leader, per quanto buone siano le loro intenzioni, sono poco efficaci per gli adolescenti disturbati, i quali sono interessati a se stessi e ai compagni, e non alla chiarificazione dei processi gruppali, cosa che costituisce invece il centro dell'approccio bioniano. Il continuo senso di frustrazione che i membri del grupppo sperimentano ogni volta che il leader rifiuta di aiutarli a risolvere le loro angosce personali (invece che renderli consapevoli della tensione interna al gruppo) mi ha sempre colpito per l'alto rischio di diventare controproducente; di qui, il mio diverso approccio attuale, maggiormente orientato sulla persona." (pp. 249-250).
Ma quali sono gli obiettivi della psicoterapia analitica attiva di gruppo per adolescenti? Evans distinge quelli del conduttore da quelli dell'adolescente che accetta di far parte del gruppo. Una distinzione che ho apprezzato molto, e segnala il carattere prettamente clinico dell'opera, che assegna anche al paziente adolescente un posto come soggetto critico nelle considerazioni sulla tecnica che lo coinvolge. Un capitolo certo complesso, ma euristico. Se è vero che ci sono varie forme di terapia di gruppo, con finalità diverse, la pertinenza della psicoterapia di gruppo, secondo Evans, è la struttura deficitaria dell'Io, con le sue lacune, e di conseguenza i suoi obiettivi saranno diversi a seconda della tipologia degli adolescenti in trattamento. "Quasi tutti i terapeuti di gruppo che lavorano con adolescenti prendono in trattamento ragazzi con gravi disturbi che hanno un grande bisogno di aiuto, ben sapendo che non sono indicati per il gruppo. L'atteggiamento più utile, suggerisce Evans, è quello di un cardiologo che tratta cardiopatici gravi, o di un oncologo, i quali sono consapevoli che nella cura dei loro pazienti è possibile ottenere solo un certo miglioramento. Se si pone in quest'ottica, "il terapeuta di gruppo non deve esitare ad occuparsi di adolescenti con una prognosi negativa, ma fa bene a tenerlo presente durante il loro trattamento, per non scoraggiarsi."
Il trattamento della prima e media adolescenza in gruppo pone la tecnica di conduzione, a metà tra quella della psicoterapia psicoanalitica di gruppo per bambini e quella per adulti. Evans dedica due capitoli specifici a questo argomento: l'importanza e la funzione del gioco nei gruppi di adolescenti e, di segno opposto, la definizione dei limiti del setting del gruppo di adolescenti.
Se nel gruppo di adulti "il conduttore ha vari ruoli: interpreta, propone concetti e parole", con gli adolescenti "egli ha un compito aggiuntivo: cioè di sentirsi libero in certe occasioni, di partecipare, attivamente o passivamente, al gioco, nelle battute o nelle attività di gruppo." Un aspetto importante della terapia è proprio come gli adolescenti giocano con il terapeuta. Esserne consapevoli aiuta quest'ultimo a non essere costantemente preoccupato di costruire la condizione di gruppo di lavoro. L'esito dipende dalla capacità del gruppo e del terapeuta di gestire la situazione in modo che venga mantenuta (o recuperata appena possibile) la consapevolezza del significato simbolico o psichico affinchè il gioco fornisca il migliore risultato possibile. Da questo punto di vista, l'obiettivo del terapeuta nel gruppo è quello di "facilitare il gioco, l'esperienza e la crescita". Tuttavia, a tale scopo, è necessario stabilire delle regole. La questione della definizione dei limiti è molto importante quando si lavora con gruppi di adolescenti, afferma Evans. "Foulkes si dichiarò contrario a che i pazienti si frequentassero al di fuori del gruppo, ritenendolo un indebolimento dei fenomeni di transfert sia verso il terapeuta sia verso gli altri membri. Una simile avvertenza risulterebbe però impraticabile in un contesto di ricovero e sarebbe accolta con incredulità dall'adolescente medio che possiede la dose di cameratismo tipica della sua fascia d'età. Inoltre, si può dire che lo sviluppo di sistemi di sostegno da parte dei coetanei, per sostituire la dipendenza dai genitori, costituisce una parte essenziale dello sviluppo dell'adolescente."
Il libro testimonia anche della difficoltà di realizzare spazi e condizioni terapeutiche a misura del tempo di cura necessario ai pazienti: "In realtà, accade che la possibilità di scegliere fra diverse forme di terapia, da svolgersi in luoghi non troppo distanti da casa, sono piuttosto limitate. Spesso non c'è molta scelta e il compromesso è all'ordine del giorno. Di fatto, ragazzi con problemi sessuali o con inibizioni sociali devono ricorrere a ciò che disponibile." Proprio quest'ultimo aspetto, a mio giudizio, segna i limiti del volume, lasciando molti interrogativi.
Riprendiamo ad esempio il giudizio su Bion, che è poi uno degli assi portanti del pensiero di Evans, espresso nel volume. Egli, ad un certo punto accenna al fatto che si sta riferendo ad adolescenti di cui la maggior parte trascorre un tempo limitato in un gruppo, e poi afferma: "Se fosse possibile fornire una terapia a lungo termine, nel corso degli anni la questione potrebbe essere diversa." Evans non ci informa sui motivi della scelta di un temporalità breve, né perché non proponga gruppi che abbiano una durata fisiologica, e quindi lunga. Di fatto, resta non chiarito se la durata breve dei gruppi, che Evans arriva a citare tra le regloe fondamentali "del suo gioco con gli adolescenti" sia una scelta di tecnica, dovuta al fatto che si tratta di adolescenti particolarmente disturbati, o perchè i ragazzi di 12-15 anni non reggerebbero prospettive lunghe, o perchè le condizioni del loro essere ricoverati sono frutto di un compromesso istituzionale. Fatto sta che, di conseguenza, non è chiara nemmeno la sua necessità di dare un notevole rilievo al ruolo attivo del conduttore (il libro in inglese si intitola "ActiveÊAnalytic Group Therapy for Adolescents", anche se il termine "Active" è stato accuratamente omesso nella traduzione italiana). In altre parole non è chiaro se l'Autore nella sua esperienza è costretto ad essere più attivo. Perché ha un tempo predeterminato a disposizione, o perché l'attività - come appare in alcuni descrizioni cliniche da lui fornite - fa parte del ruolo del conduttore di un gruppo di adolescenti proprio per le loro necessità specifiche. Tra i due ruoli, vi sarebbe comunque una differenza, che resta confusa e da un punto di vista tecnico, a mio avviso, colloca il testo nell'ambito della psicoterapia psicoanalitica breve di gruppo per adolescenti. Sono convinto, infatti, che la conduzione di un gruppo psicoanalitico che non sia basata sul rispetto della temporalità interna dei vissuti e delle loro evoluzioni ed elaborazioni nel rapporto dei singoli pazienti col conduttore, rischia di portare a cose diverse dal conoscere i bisogni degli adolescenti in gruppo. E ciò senza nulla togliere al contributo che la competenza psicoanalitica può offrire a qualunque delle nostre attività.

Giovanni Coderoni

E-mail: giovannicoderoni@libero.it





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