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Anno II - N° 1 - Gennaio 2002


Recensioni




E. James Anthony: “&Treatment of a narcissistical didordered adolescent: some theoretical and therapeutic consideration”
Adolescent Psychiatry”, 1998, 23:, 107-142.



Il lavoro si apre con una breve premessa teorica in cui l’autore, richiamandosi alle teorizzazioni sul narcisismo di Freud, sottolinea come l’incremento delle esigenze narcisistiche in adolescenza influisca nella regolazione della stima della stima di sé e quali possibili rischi evolutivi possano svilupparsi anche a causa dell’interferenza delle aspettative narcisistiche dei genitori. L’autore annuncia che lo scopo del lavoro è di arrivare all’individuazione di un “modello” per lo studio del narcisismo attraverso la esposizione di un caso “prototipico” di un’adolescente di sedici anni con di disturbo narcisistico di personalità (secondo i criteri del DMS IV) ricoverata al Chestunt Lodge .Il materiale clinico relativo a questa paziente è stato oggetto di una supervisione di gruppo con altri psicoterapeuti della stessa clinica con lo scopo di poter accedere ad una migliore comprensione delle difficoltà terapeutiche con pazienti di questi tipo trattati in regime di ricovero. Il gruppo di supervisione fa riferimento prevalentemente alle teorizzazioni di Kohut e Kernberg .
Segue una lunga esposizione delle varie fasi del lavoro psicoterapeutico, durato all’incirca due anni, a cui si affianca il resoconto delle osservazioni del gruppo di supervisione . I commenti del gruppo mettono soprattutto in risalto la seduttività della paziente che innescava nella coppia terapeutica un intenso movimento transferale e controtransferale narcisistico . Le difficoltà tecniche che vengono discusse riguardano soprattutto la possibilità di accettare o rifiutare i cambiamenti di setting richiesti della paziente (vedere alcuni film insieme al terapeuta, passeggiare con lui) e come utilizzare l’interpretazione durante le sedute analitiche.
Le conclusioni teoriche sembrano piuttosto modeste rispetto a quanto annunciato nella premessa, più vivaci sono invece le considerazioni legate alle specifiche vicende terapeutiche della giovane paziente e al loro interfacciarsi con la discussione di gruppo .
Nel commento di Howard D. Lerner viene fatta una sintesi piuttosto chiara dei punti salienti del lavoro. Si mette in risalto come la paziente fosse stata catturata dalle fantasie onnipotenti dei genitori e come ciò le avesse impedito di sviluppare un contatto adeguato con la realtà. I genitori erano terrificati dalla loro stessa rabbia e paradossalmente creavano un clima sadomasochistico, non essendo in grado di comprendere i bisogni della figlia, la spingevano in un suo mondo fatto di soluzioni onnipotenti. Un altro fallimento della funzione genitoriale attiene all’incapacità di fornire delle regole di comportamento compromettendo lo sviluppo del “no” come organizzatore psichico. Il senso di esclusione edipico , la percezione della differenza tra i sessi e le generazioni avevano intensificato nella paziente il senso di fallimento, lasciandola in una condizione di rabbia terrificante e di solitudine . Nella latenza si erano poi accentuate fantasie di controllo e di manipolazione degli altri, la paziente infatti nonostante i suoi comportamenti ostili e non convenzionali era in grado di farsi apprezzare dai suoi insegnanti , ma la percezione della sua capacità magica di manipolare gli altri alimentava il suo narcisismo.
Secondo l’autore, nell’adolescente con disturbo narcisistico di personalità si verificherebbe una ridondanza di fantasie onnipotenti che alimenterebbero uno sviluppo deviante mirante alla rottura delle restrizioni della realtà .
Due interessanti considerazioni finali riguardano:
- le difficoltà nell’uso dell’interpretazione che è sentita da questi pazienti come una sottrazione intrusiva e pericolosa proprio perché mette a rischio le loro difese onnipotenti.
- la mancanza di vergogna che, nella paziente presentata nel lavoro, era particolarmente evidente. Questa condizione sarebbe il segnale di un impoverimento psichico perché è come se non venissero avvertite le costrizioni della realtà esterna, si tratterebbe di una difesa contro il senso di impotenza , un'altra espressione di onnipotenza patologica . Provare vergogna presuppone invece la percezione della differenza tra sé e l’altro e la capacità di vedersi con gli occhi degli altri.


Lucia Monterosa
Email : monterosalucia@libero.it





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