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Anno I - N° 3 - Settembre 2001

Lavori originali




La memoria procedurale nella psicoterapia degli adolescenti

Teodosio Giacolini, Teresa J. Carratelli



Introduzione
La storia della psicoanalisi come psicoterapia è iniziata con un modello archeologico . Il fine psicoterapeutico poteva essere raggiunto soltanto se le passate esperienze fossero state recuperate, ricordate. Il concetto di base era il trauma: i pazienti, soprattutto le giovani pazienti isteriche, miglioravano attraverso la “talking cure” quando esse potevano parlare delle loro esperienze incestuose o sessuali, perché nell’età Vittoriana era assai difficile trovare le parole, cioè il permesso, di condividerle con altre persone. La psicoanalisi diede le parole all’innominabile spazio sessuale della mente, l’inconscio fu nominato. In questo modo le relazioni intime tra le persone entrarono nelle stanza della medicina e della scienza. Sappiamo però che in un secondo tempo Freud riconobbe le fantasie sessuali, non più le reali esperienze, essere l'eziopatogenesi del disagio mentale, da questo punto in poi l’origine dei problemi psicopatologici sarebbe stato trovato all’interno del mondo fantasmatico della persona. In Freud continuò ad essere sempre presente, però, il riconoscimento che la mente umana è sostanziata fin dalla nascita dalle esperienze determinate dal proprio contesto ambientale “Éla psicologia individuale è al tempo stesso e fin dall’inizio una psicologia sociale” (Freud 1921). Questo duplice modello del funzionamento mentale all'interno dell’opera di Freud in cui è presente sia il punto di vista intrapsichico che quello interpersonale, ed in cui l'eziopatogenesi del disagio psichico può essere rintracciata sia in un azione traumatica dell’ambiente che nell’azione endogena di fantasie inconsce innate, rimane un problema epistemologico attualissimo che possiamo rintracciare di volta in volta nel rapporto tra natura e cultura, tra genetico e funzionale, tra biologico ed ambientale.
I poli di tale dilemma se nell’opera di Freud hanno dato luogo a salti di modello teorico che hanno disorientato gli studiosi e sono stati i punti di appoggio di teorie posteriori a volte in totale contrapposizione l'una con l'altra (basti ricordare il kleinianismo schierato a favore del primato della realtà intrapsichica o invece il winnicottismo volto a rivalutare l'importanza strutturante del rapporto con l'ambiente) vengono attualmente sempre più considerati come aspetti della complessità della vita psichica, la quale é possibile comprendere man mano che vengono elaborati modelli e teorie in grado di far dialogare reciprocamente questi molteplici punti di vista e contenere la poliedricità e la complessità dinamica della vita mentale come evento bio-psico-sociale.


Memoria procedurale e psicoanalisi
Un evento significativo in tale dialogo è stato rappresentato da una scoperta avvenuta nel campo della scienza cognitiva e delle neuroscienze, ci riferiamo all'individuazione di quella che viene definita memoria procedurale, successivamente introdotta in campo psicoanalitico da R.B.Clyman (1991).
La storia degli studi sulla memoria é di estremo interesse, soprattutto per la psicoanalisi, perché essa si intreccia inestricabilmente con la concezione del funzionamento psichico in generale e dell'apprendimento in particolare. Il trauma, in definitiva, è una forma estrema di apprendimento. Fino a pochi anni or sono la memoria era considerata essere una funzione abbastanza omogenea, anche se è possibile individuare un filone filosofico-psicologico che già dal diciannovesimo secolo metteva in risalto come l'apprendimento di abitudini (il termine inglese habit rende meglio la complessità e poliedricità di tali 'abiti mentali') o abilità motorie dovesse implicare un sistema di memoria differente da quello coinvolto nel recupero di ricordi autobiografici (L.Schacter-E.Tulving,1994). L'imperante teoria dell'associazionismo (Hofstatter1957) rese però inutilizzabili tali constatazioni continuando la memoria ad essere concettualizzata come una funzione dalle caratteristiche omogenee, trasversale alle varie funzioni psichiche. Fu soltanto verso la fine degli anni cinquanta con il convergere degli studi sui pazienti amnesici in seguito ad interventi di neurochirurgia eseguiti per curare gravi forme di epilessia, che fu possibile individuare attraverso riscontri empirici veri e propri sistemi di memoria, caratterizzati da circuiti neurologici e da prestazioni psichiche ben definite (L.Schacter-E.Tulving,1994). Si iniziò così ad individuare una memoria a lungo termine da una a breve termine, quindi successivamente quella che venne definita memoria di lavoro. Poco dopo fu evidenziata una ulteriore suddivisione nella memoria a lungo termine, quella fra una memoria per eventi vissuti, la memoria episodica, e quella per gli eventi categorizzabili, la memoria semantica; ciò che caratterizza questi tipi di memoria è il loro collegamento con la funzione verbale, essi appaiono all'osservatore attraverso la mediazione della parola. Per questa ultima caratteristica i vari tipi di memoria sopra descritti fanno parte del sistema di memoria definito dichiarativo o esplicito. Da esso è stato differenziato, per strutture cerebrali e funzioni, il sistema della memoria procedurale, caratterizzato da prestazioni automatiche e in buona parte non coscienti. Si è iniziato a scoprire così un territorio mnesico ancora in buona parte da studiare, che riguarda una poliedricità di funzioni che vanno dalle abilità motorie, a quelle cognitive, alle abitudini o modalità apprese di comportamento, tutte caratterizzate dal fatto di manifestarsi attraverso un mezzo non verbale. Per contrasto con la memoria dichiarativa è stato così nominato un sistema di memoria non dichiarativa, o implicita, di cui gli aspetti procedurali sono una delle caratteristiche salienti nel comunicare una automaticità di risposta.
Abbiamo così due grandi sistemi di memoria (Squire 1994) : quella esplicita o dichiarativa (episodica e semantica), e quella implicita, che comprende la memoria procedurale. La memoria procedurale è attiva prima che sia possibile evolutivamente il funzionamento del pensiero simbolico. Infatti i gangli della base e l'amigdala sono le strutture neuronali che permettono alla memoria procedurale e dunque implicita di funzionare fin dalla nascita, mentre l’ippocampo, struttura che permette la memoria dichiarativa (simbolica), sviluppa pienamente dopo i 18 mesi (R.Pally 1998). E' proprio nella memoria procedurale che possiamo pensare si depositino i derivati esperenziali della ritualità familiare veicolata dalle interazioni quotidiane tra il figlio/a e quella che D.Reiss definisce la famiglia reale (Reiss 1989), attraverso cui il soggetto apprende ad adattarsi al proprio contesto ecologico. L'obiettivo del presente articolo, come vedremo oltre più diffusamente, vuole essere proprio quello di segnalare come l'individuazione della memoria procedurale permetta al terapeuta di meglio lavorare con l'adolescente, soprattutto la dove sia presente una grave psicopatologia, ad una ricontestualizzazione del sé familiare appreso, che si rivela in lui attraverso un insieme di comportamenti, modi di pensare e sentire emozionalmente. Questo lavoro è a sua volta necessario condurlo all'interno del lavoro in setting paralleli con i genitori dell'adolescente (Giacolini, Carratelli 2001) allo scopo di catalizzare i processi di differenziazione psichica lungo l'asse bidirezionale genitori-figlio.
La memoria procedurale all'interno della più vasta articolazione della memoria implicita, sembra essere, dunque, lo spazio neuropsichico in cui i modelli appresi comportamentali, cognitivi ed anche emozionali sono immagazzinati fin dalla nascita. Ogni esperienza elicita in noi emozioni che, come sappiamo, sono innate, ma il tipo di emozione attivata da quella specifica esperienza e la sua intensità sono apprese nella interazione con l’adulto di riferimento, anche se queste interazioni sono al di fuori della “focal attention and verbal consciousness” (D.Stern 1995,p. 905). Il “riferimento sociale” è un significativo esempio di ciò: una cosa o una situazione può stimolare nel bambino una emozione quale la paura o viceversa l’interesse se egli vede la medesima emozione sul viso dell’adulto di riferimento. In questo modo il bambino organizza fin dalla nascita un complesso sistema di quelli che possiamo definire modelli procedurali “shaped by the interactional patterns within the family” (r.b.Clyman,1991,p.363). Questi modelli procedurali sono il risultato sia di come l’adulto di riferimento incontra i bisogni del bambino, sia delle “moral rules” presenti nella famiglia, attraverso cui viene interpretato ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Il bambino apprende questi modelli procedurali attraverso l’essere esposto agli “individual family members’ procedures” (op,cit, 363) e attraverso l’assistere alle loro reciproche interazioni procedurali.
Successivamente al contributo isolato di Clyman Il Process of Change Study Group of Boston, formato da Stern, L. Sander, E. Tronick, et al. (D.Stern et el.1999-E.Z.Tronick 1998), ha studiato sistematicamente l'apporto dei recenti studi sulla memoria al campo della psicoterapia psicoanalitica. Essi denominano le memorie procedurali derivanti dalle interazioni familiari “implicit relational knowingÉ.registered in representations of interpersonal events in a non-symbolic form”(op,cit,905) e dunque presenti in forma inconscia. Queste "conoscenze realzionali implicite" formano modelli di procedure relazionali che nei loro originali contesti hanno una funzione adattativa, ma possono risultare altamente maladattivi in contesti successivi.

I vari tipi di attaccamento o working models possono essere un esempio di questi modelli relazionali procedurali. Ciò che è necessario sottolineare è che questo tipo di conoscenza relazionale implicita attivamente continua a lavorare attraverso le successive fasi di sviluppo e nella persona adulta, e non viene sostituita dal pensiero simbolico e cosciente ma è parallelo ad esso (Bucci 1997). Il dato di estremo interesse è che i contenuti della memoria procedurale sono difficilmente modificabili attraverso il pensiero e la riflessione. Affinché si determinino cambiamenti a livello dei funzionamenti procedurali impliciti sono necessarie esperienze che contengano modalità analoghe alle esperienze che determinarono quei depositati procedurali. E' stato dimostrato, infatti, come i sistemi della memoria implicita o non-dichiarativa siano più rigidi, fortemente collegati al contesto ed alle modalità sensoriali d'ingresso (Squire1994). Se i depositati della memoria procedurale con riferimento alle conoscenze relazionali implicite, furono determinati dalle interazioni complesse con le figure di riferimento, sono necessarie, perché si realizzi una qualsiasi trasformazione, interazioni in grado di ricontestualizzare i pattern procedurali appresi. Ciò indica prospettive estremamente importanti per la psicoterapia psicoanalitica, la quale, fondamentalmente centrata sulle problematiche del funzionamento simbolico e sul mezzo verbale come strumento elettivo di trasformazione, è ora sollecitata a considerare la persona del terapeuta nella sua totalità come fattore terapeutico fondamentale, dimensione già peraltro individuata empiricamente come quella maggiormente significativa tra i fattori che determinano l'efficacia del lavoro psicoterapeutico (Roth-Fonagy 1996).


Le interazioni nella psicoterapia psicoanalitica
Il Process Change Study Group of Boston ha proposto (D.Stern 1998), sulla base delle scoperte relative alla memoria procedurale, un modello di estremo interesse attraverso cui comprendere ed “agire” (vedi anche Correale 2001) i cambiamenti nella psicoterapia psicoanalitica.
La “conoscenza relazionale implicita” può essere terapeuticamente modificata attraverso i così detti “moments of meeting” che intercorrono tra lo psicoterapeuta ed il paziente. Gli Autori affermano chiaramente che il lavoro psicoterapeutico ad indirizzo psicoanalitico ha due scopi fondamentali. Il primo è “reordering of conscious verbal knowledge” attraverso la chiarificazione, l’interpretazione, l’elaborazione. Il secondo scopo è “ the mutual definition and understanding of the intersubjective environment that captures the implicit relational knowing and defines the Ôshared implicit relationship’.” (op.cit.910)
L’incontro tra paziente e psicoterapeuta viene così ad essere concettualizzato come l’interazione tra due “implicit relational knowing”, i quali creano una zona di relazione implicita condivisa, in cui ognuno apprende le modalità relazionali ed interattive dell’altro, e ciò determina un reciproco adattamento e aggiustamento, e dunque un cambiamento.
Nel presente lavoro vogliamo soltanto accennare a questo complesso problema che riguarda il modo in cui agisce lo strumento psicoterapeutico nel rapporto interpersonale paziente-terapeuta, per tornare a porre l'attenzione sui contributi che gli studi sulla memoria procedurale apportano alla comprensione dell'adolescenza come "sistema aperto" (Von Bertalanfy 1968) ed agli accorgimenti clinici che ne derivano la dove insorgano gravi psicopatologie.


La funzione dell'ambiente primario in adolescenza
Nella memoria procedurale si deposita, dunque, la conoscenza implicita delle interazioni tra il figlio/a ed i suoi adulti di riferimento, ma anche le conoscenze relazionali implicite appartenenti a questi ultimi relative alle loro relazioni con gli altri membri della famiglia, vedi in particolar modo quelle che riguardano la coppia coniugale. Questo tipo di conoscenza che avviene attraverso l'osservazione del comportamento (usiamo la parola comportamento nel suo significato ampio) degli adulti di riferimento attraverso cui si rivelano i loro "habits" all'interno di un contesto specifico, è stato definito da A.Bandura apprendimento vicario (1986), modalità di apprendimento estremamente interessante da studiare per la sua influenza nello strutturarsi della personalità., che va ad integrare i noti processi di identificazione, sostenuti dai processi dinamici inconsci.

Il modo in cui i due coniugi gestiscono il problema della loro relazione è per il figlio un modello che si depositerà nella sua mente procedurale strutturando le modalità di gestione delle relazioni intime. P.V.Trad (1992) individua nella possibiltà dei coniugi di accettare il feedback cognitivo-emozionale che l'altro partner invia in risposta ad una asserzione del proprio Sé, la caratteristica relazionale della coppia coniugale e dunque genitoriale di cui un figlio fa esperienza in modo specifico. Quando il figlio sperimenta che la madre ed il padre hanno una relazione di coppia basata su un buon livello di reciprocità egli, attraverso l'apprendimento vicario di tali interazioni, parteciperà in modo analogo alle relazioni sia intra che extra familiari.
Se invece i feedback che i coniugi si inviano reciprocmente contengono, per uno o entrambi i partner, il pericolo di una disconferma del proprio Sé, la reciprocità diviene progressivamente un area esperenziale impossibile da usufruire. Di conseguenza l’interazione tra i genitori è connotata da conflittualità a causa dei feedback reciproci vissuti da ognuno dei coniugi come un potenziale atto aggressivo verso il proprio Sé. Ciò induce nel figlio l'esperienza di un problema cognitivo-emozionale a cui la coppia dei genitori non trova soluzione (Trad1992), generando in lui sentimenti di impotenza ed incapacità, cioè depressione e ritiro dalle interazioni. Questa problematica relazionale della coppia genitoriale contribuisce a creare i presupposti della psicopatologia in età evolutiva (Trad 1992) e soprattutto in adolescenza, epoca dello sviluppo in cui gli aspetti regolatori del Sé hanno nella gestione delle dinamiche relazionali un banco di verifica elettivo. E' in questa epoca dello sviluppo che l'apprendimento e le modalità adattative a contesti parentali con bassa reciprocità, adattamento funzionale ai precedenti periodi dello sviluppo, si rivelano ora essere altamente disadattivi nei nuovi contesti e compiti relazionali che l'adolescente si trova ad affrontare.


La psicoterapia del contesto primario in adolescenza
Nell'area dell'inconscio non dinamico, la scoperta della memoria procedurale ci ha permesso di meglio comprendere come ognuno di noi sia il risultato di interazioni multiple, e di quanto la costruzione del nostro mondo interno sia dipendente dai depositi esperenziali con il contesto primario di riferimento. Questa comprensione è di basilare importanza nel lavoro psicoterapeutico in adolescenza, soprattutto nelle patologie gravi dove i pattern procedurali appresi dal figlio nella famiglia si rivelano altamente disadattivi, e rappresentano lo zoccolo duro che resiste ad ogni tentativo di cambiamento psichico nel lavoro psicoterapeutico. Ne consegue che il compito più logico, economico, ed immediatamente effettivo sia lavorare con la parte adulta della famiglia, la coppia genitoriale, per comprendere ed aiutare a modificare il loro modo di essere ed agire a cui il figlio è chiamato, ieri come oggi, ad adattarsi. Come sappiamo, il compito non è così semplice, i genitori trovano arduo riconoscere che nella famiglia l'insieme delle coazioni a ripetere che caratterizzano le loro rispettive personalità attraverso le abitudini, le regole morali, la reattività emozionale sono vere e proprie azioni sintomatiche patogene. Perché vi è questa difficoltà? Ci sono molte risposte ma una in particolare è clinicamente significativa per noi: le relazioni all’interno della coppia coniugale.

Come sopra abbiamo considerato insieme a Trad, riteniamo che la possibilità di usufruire di un mutuo feedback all’interno della coppia coniugale, sia l'aspetto peculiare attraverso cui si va costruendo un vero e proprio apparato emozionale diadico (Tronick 1998). E' attraverso tale modalità che si stabiliscono legami caratterizzati dalla reciprocità (Trad 1992), attraverso cui può avvenire il dialogo tra i mondi interni dei coniugi e successivamente tra essi e quello dei figli. Attraverso la costituzione dell'apparato emozionale diadico coniugale può, così, attivarsi la funzione del terzo, rappresentata di volta in volta dal padre o dalla madre, attraverso cui segnalare al polo adulto della coppia figlio-genitore la necessità di un allineamento più adeguato ai segnali evolutivi del figlio. Le difficoltà di allinearsi ai segnali evolutivi del figlio affondano sempre le radici nell'allarme che essi generano nel mondo interno del genitore in connessione con la propria storia evolutiva, la quale rimanda a quei depositi silenziosi, aspetti del trauma silente che si trasmette transgenerazionalmente. La funzione del partner è proprio quella di contenere e dialogare con tali depositi ancestrali del coniuge dinamizzati dai segnali evolutivi del figlio, favorendone la metabolizzazione all'interno della coppia coniugale che in tal modo viene a costituirsi come coppia genitoriale. Quando questo non avviene o avviene in modo distorto, esso può condurre a ciò che chiamiamo “psicopatologia dello sviluppo” (Luthar e coll. 1997). Il figlio o la figlia rimangono in questo caso in una relazione cristallizzata con uno o entrambi i genitori, non adeguata per lo sviluppo del Sé in quel particolare momento di crescita. In questo modo le “conoscenze relazionali implicite” dei vari componenti la famiglia rimangono inalterate nel tempo, e “l’apprendere dall’esperienza” (Bion, 1972) non può avvenire. Questa "cristallizzazione" relazionale se ha un effetto patogeno in un qualsiasi momento evolutivo, acquista una particolare valenza in adolescenza, per la totale ricontestualizzazione delle relazioni determinata da questa seconda fase di separazione-individuazione nei suoi aspetti bio-psico-sociali. E' infatti con l'adolescenza che l'anteriorità del trauma e la ri-significazione (a-posteriorità) determinano le più gravi forme di psicopatologia dell'età evolutiva, dalle rotture psicotiche, alle problematiche alimentari, alle condotte sociopatiche. Invariabilmente ognuno dei casi appartenenti a l'una o l'altra categoria nosografica che transitano per un servizio che accoglie adolescenti gravi, come il Reparto degenza (1) in cui lavoriamo, mostra massicce "cristallizzazioni" relazionali, le cui radici affondano in una specifica collusione (Dicks 1967) della coppia coniugale. La collusione di coppia, pietra angolare della teorizzazione sulla dinamica della coppia coniugale (Dicks 1967), rappresenta il punto di riferimento clinico fondamentale, a livello sia diagnostico che terapeutico, per comprendere e lavorare sui nodi emozionali familiari. E' nella collusione di coppia che possiamo rintracciare le aspettative relazionali negative (Weiss 1993) che uno od entrambi i partner hanno nei confronti dell'altro coniuge quali derivati della propria storia relazionale con gli antichi oggetti di attaccamento. Quei derivati, se ebbero la funzione inconscia di guidare ognuno dei partner alla ricerca dell'antico oggetto di attaccamento ed al suo ritrovamento nell'attuale partner, impediscono gradualmente la possibilità di usufruire di quest'ultimo quale "oggetto nuovo". Lo scopo del lavoro psicoterapeutico con la coppia di genitori di adolescenti con grave psicopatologia è, dunque, evidenziare i feedback, e dunque le competenze che ciascuno partner della coppia coniugale propone all’altro ma che non può da quest’ultimo essere usufruito a causa della ferita narcisistica o della disconferma del Sé che il partner percepisce nel riceverlo, come elemento primario della comunicazione. Lavorare a coltivare l'area della reciprocità con la coppia coniugale, permette a quest'ultima di poter usufruire dei segnali evolutivi del figlio, i quali fino a quel momento avevano determinato modalità rigide di risposta, essendo collegate all’attivazione di risposte di allarme non condivise all'interno della coppia genitoriale. Quanto sopra esposto ha validità clinica anche e soprattutto là dove la coppia coniugale si sia dissolta attraverso una separazione o divorzio, atti che tendono a sancire l'impossibilità di trovare soluzione ai nodi collusivi, che vengono così ad avere una loro reificazione nei gravi sintomi psicopatologici del figlio.
Lavorare clinicamente con la coppia genitoriale è divenuto per noi l'indicazione elettiva da abbinare al lavoro psicoterapeutico con il figlio nelle gravi forme di psicopatologia dell'adolescenza. Lavorare con la coppia dei genitori significa lavorare con il contesto in cui il figlio è nato e continua a vivere giorno dopo giorno, e che continua ad alimentare le molteplici memorie procedurali i cui contenuti, se un tempo adattivi e funzionali al microcontesto primario, mostrano ora in adolescenza tutto il loro potenziale disadattivo, contribuendo a loro volta a far rimanere patogenicamente inalterati i feedback dei genitori. In un precedente lavoro (Giacolini,Carratelli 2001) abbiamo riferito estesamente sull'applicazione di un modello di psicoterapia parallela con l'adolescente e la coppia dei genitori condotta dal medesimo terapeuta in setting separati, che si sta rivelando funzionale alla cura delle gravi psicopatologie proprio per la possibilità che questo assetto clinico permette di visualizzare i molteplici feedback patogeni nelle relazioni familiari e di promuoverne il cambiamento attraverso la ricontestualizzazione determinata dall'operare clinico della persona del terapeuta.


Bibliografia

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Correale,A.(2001) Borderline, Borla, Roma

Dicks,H.V.(1967) Tensioni coniugali, Roma, Borla 1992

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Weiss, J. (1993) Come funziona la psicoterapia, Boringhieri, Torino, 1999.


Riassunto
Nel presente lavoro vengono presi in esame gli apporti clinici derivati dalle recenti ricerche sulla memoria procedurale. In particolare è messo in risalto il lavoro con le patologie gravi in adolescenza, dove i depositi procedurali appresi nelle interazioni familiari costituiscono gli elementi patogeni che perpetuano ed amplificano il malessere soggettivo del giovane paziente. Dinamizzare le interazioni familiari ed i conseguenti depositi procedurali richiede al terapeuta orientamento psicoanalitico un assetto bifocale, attraverso cui svolgere il proprio lavoro clinico sul versante del giovane paziente e dall'altro su quello della coppia genitoriale.


Note:
(1)
Reparto degenza della II Cattedra di Neuropsichiatria Infantile, diretto dalla Prof. T.J.Carratelli, presso il Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche dell'Età Evolutiva, Univesità di Roma "La Sapienza".
T. Giacolini
E-mail: giacolini@katamail.com

T. J. Carratelli
E-mail: teresacarratelli@uniroma1.it





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